Bonus chef, la nuova misura della Manovra 2021

Il 15 ottobre 2020 è una data da segnare sul calendario in quanto rappresenta la fine della sospensione dell’attività di riscossione riguardante le cartelle di pagamento, gli avvisi di addebito e quelli di accertamento dei quali si occupa l’Agenzia delle Entrate.
Vediamo nel dettaglio cosa cambierà a partire dal 15 ottobre 2020, quali saranno gli atti non più sospesi e quali i beni che potranno essere oggetto di pignoramento da parte del Fisco.
Cartelle di pagamento, avvisi di accertamento esecutivi e in materia doganale, ingiunzioni degli enti territoriali, ma anche nuovi avvisi di accertamento esecutivi per i tributi locali: si tratta degli atti per i quali, a partire dal 15 ottobre 2020, non sarà più in vigore la sospensione introdotta l’8 marzo 2020.
Da tale data si concluderà il divieto di notifica delle cartelle di pagamento e riprenderanno sia gli accertamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, sia le ingiunzioni fiscali che vengono emesse dagli enti locali, quali Regioni e Comuni, ovvero quelle relative al mancato pagamento di tributi quali l’IMU, la Tari o il bollo auto.
Ripartiranno anche le procedure di pignoramento e ne saranno avviate di nuove nei confronti dei beni di soggetti inadempienti nei pagamenti richiesti.
Dal 15 ottobre 2020 non saranno dunque più sospesi:
Il Fisco potrà pignorare i redditi fino a un massimo del 20% del loro valore, per esempio, quelli dei conti correnti, per i quali non potrà essere superato il limite del triplo dell’importo dell’assegno sociale 2020, quindi la cifra di 1.379,49 euro.
Per quanto riguarda, invece, i redditi derivanti da un’attività imprenditoriale o autonoma, potranno essere del tutto pignorati.
Quali sono le tutele previste per i debitori? Nella pratica, il Fisco non potrà pignorare:
Lo stipendio potrà essere pignorato:
Non potranno essere pignorati neanche gli assegni e le pensioni di invalidità, oltre che gli indennizzi relativi a malattie, maternità e povertà.
Leggi anche: “Quali sono i beni impignorabili“.
Rientra nelle tutele per i soggetti debitori anche il cosiddetto minimo vitale: per esempio, nel caso di un pensionato con debiti, la legge prevede che una parte della sua pensione non potrà mai essere aggredita dai creditori in quanto è necessaria al suo sostentamento.
Tale principio è contenuto nell’articolo 545 del Codice di procedura civile in base al quale le somme dovute a titolo di pensione non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente a quello dell’assegno sociale mensile, aumentato della metà.
Il valore dell’assegno sociale per il 2020 è pari a 459,83 euro: ne consegue che quello del valore minimo vitale sarà pari all’importo dell’assegno sociale, aumentato della metà, ovvero a 459,83 + 229,91 = 689,74.
La ripresa dell’invio delle cartelle di pagamento e di tutti gli altri atti spettanti ai contribuenti che hanno accumulato dei debiti non avverrà in modo massiccio: si tratterà, infatti, di una riscossione progressiva, nella quale da un lato verranno smaltiti gli arretrati e dall’altro si riprenderà con l’attività ordinaria.
Ogni anno i crediti da riscuotere da parte dell’Agenzia delle Entrate ammontano a circa 29 milioni di singoli crediti, che corrispondono a un totale di 80 miliardi di euro, per un numero di contribuenti pari a 8 milioni.
Nel 2020 i pagamenti sono stati sospesi per un periodo di 7 mesi: ciò significa che la quota da recuperare da parte dello Stato ammonta a circa 50 miliardi.
Ricordiamo che il periodo di stop è stato introdotto dal Governo per sostenere i contribuenti durante il periodo di emergenza sanitaria e che è stata stabilito: