La tutela del diritto, o dei diritti, di fronte a condotte attive o omissive all'origine di ostacoli a una vita “senza barriere” – e, in definitiva, a un’esistenza libera e dignitosa – è in ogni caso costantemente ricondotta all’ambito dell’atipicità dei fatti illeciti ex articolo 2043 cc. La persona lesa può agire, secondo le regole generali, per il risarcimento del danno e, ai fini dell'accoglimento della azione risarcitoria, è tenuta a dimostrare i requisiti oggettivi e soggettivi dell'illecito aquiliano e, quindi, sia l'esistenza di un pregiudizio effettivo qualificabile come ingiusto, sia la riconducibilità del danno, sotto il profilo eziologico, a una condotta intenzionale o quanto meno colposa dell'agente, in quest'ultimo caso nelle diverse declinazioni della colpa, anche soltanto lieve, generica e specifica. L’interessato, inoltre, può senz'altro agire affinché, accertata l'illiceità della condotta dell'agente, questo sia condannato a far cessare il fatto anche solo potenzialmente lesivo, ad esempio perché non ancora all'origine di un concreto pregiudizio, e in tal caso ai fini l'inibitoria è sufficiente che si dimostri la semplice attendibile possibilità che dalla condotta illecita gli derivi pregiudizio, il quale può essere, quindi, meramente potenziale ovvero di ordine soltanto morale. Sarebbe comunque opportuno, valutare attentamente la Sua vicenda, con eventuale documentazione alla mano, al fine di analizzare concretamente il da farsi. Mi rendo disponibile ad assisterla nell'eventualità Lei non abbia un proprio legale d fiducia, previo accordo scritto sui compensi. Per un parere più approfondito, può farmi una c.d. richiesta di consulenza premium, pagando il compenso indicato.