Domanda di congedo 104 respinta: su chi avvalermi?

A seguito della morte di mia madre il 28 Agosto 2019, mio padre 98enne (con gravi disabilità invalidanti, praticamente “allettato”) è rimasto senza diretta assistenza e solo, nella casa popolare ATER. Ho pertanto dovuto richiedere all’Azienda presso la quale lavoro, in data 13 settembre 2019, la concessione di un congedo straordinario per il tramite dell’ANMIC (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili), al fine di assistere in toto mio padre. Di fatto ho dovuto spostare fisicamente e concretamente la mia persona ed ogni cosa che riguardasse la mia sfera personale, presso l’abitazione dello stesso, con l’intento di soddisfare, tra le varie prescrizioni burocratiche, anche la condizione di coabitabilità (effettiva) tra l’assistente e l’assistito. Preciso che la segretaria responsabile dell’ANMIC la quale ha preparato la domanda e mandata al patronato collaboratore per verificare tutta la documentazione e trasmetterla all’INPS, era perfettamente consapevole che non avevo la residenza presso mio padre e fu proprio lei a confermare che non era necessario trasferirla facendo riferimento a una nuova circolare INPS uscita alcuni mesi prima (49 del 05/04/19) che secondo la sua interpretazione era sufficiente una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà autocertificando la coabitazione e convivenza con il genitore invalido grave presso la sua residenza. L’istanza fu inviata all’INPS in data 13 settembre 2019, richiedeva un congedo per un periodo dal 23 Settembre 2019 al 13 Gennaio 2020 e, come da normativa in vigore, il mio datore di lavoro dal 23 Settembre mi ha collocato in congedo. In seguito poi, il 18 dicembre 2019 (anticipando la scadenza della prima richiesta), ho presentato la richiesta di estensione del periodo, dal 14 Gennaio al 30 Giugno 2020, alla quale è seguita, sempre prima che detti periodi giungessero a scadenza, (il 12 giugno 2020) un’ulteriore richiesta per ulteriore astensione dal lavoro, a partire dal 01 Luglio 2020 al 15 Gennaio 2021. Tutto regolarmente protocollato. Ma evidentemente, la questione non era così semplice da gestire poiché, di punto in bianco il 24 Giugno 2020, l’Agenzia INPS ha deciso di comunicarmi, dopo nove mesi di totale silenzio, “la reiezione della domanda di Congedo” presentata a settembre dell’anno precedente, con la motivazione del “non soddisfatto il requisito della convivenza” senza però mai aver effettuato un controllo in loco o comunicato alcunché al sottoscritto, magari al fine di favorire in qualche modo l’adeguamento della situazione. IN NOVE MESI, NESSUNA COMUNICAZIONE DA PARTE DELL’INPS NE’ ALLINTERESSATO, NE’ ALLA SEGRETERIA A.N.M.I.C. NE’ AL PATRONATO E NE’ TANTOMENO ALL’AZIENDA CHE MI HA REGOLARMENTE VERSATO GLI EMOLUMENTI STIPENDIALI PREVISTI. In pratica, dal 1 luglio 2020, in attesa di nuovi eventuali sviluppi da parte dell’ANMIC e Patronato, ho dovuto adoperarmi con celerità all’assunzione di una colf idonea per sostituirmi in caso dovessi interrompere improvvisamente il congedo, regolarmente assunta con contratto di 25 ore settimanale, per 850 euro mensili Così il 13 agosto 2020, in piena “pandemia per Coronavirus” e relativo lockdown Nazionale, dopo aver tentato per tutto il periodo di luglio ogni strada per chiarire e risolvere la situazione nel migliore dei modi e, soprattutto verso le migliori condizioni per il genitore gravemente disabile e abbisognoso di totale e continua assistenza, mi sono visto costretto, tra mille difficoltà che non occorre raccontare, ad un immediato rientro al lavoro. In pratica l’INPS (mentre erogava regolarmente lo stipendio al mio datore di lavoro) ha impiegato nove mesi per la verifica dei requisiti richiesti e per comunicarmene il riscontro negativo, asserendo che la convivenza deve essere quella anagrafica, ossia documentata, non ritenendo sufficiente la mera convivenza di fatto. Per tale motivo, (pur sapendo impossibile) mi veniva suggerito, tramite il presidente ANMIC e il suo avvocato che mi seguivano nella gestione della pratiche, di tentare la strada dell’iscrizione nello schedario della popolazione temporanea del comune in cui risiedevo. Dal punto di vista legale, il Comune però, non ha potuto concedere l’iscrizione dello schedario della popolazione temporanea, per cui, esausto, sempre per consiglio dell’avvocato, ho provveduto ad effettuare il cambio di residenza in data 07/09/2020, facendo fronte anche a tutte quelle conseguenze burocratiche, economiche e sociali di non poco conto. Il 7 ottobre 2020 mi è giunta dall’INPS una comunicazione a mezzo raccomandata, che mi informava dell’accoglimento dell’istanza a far data dal 7 settembre 2020, nonostante in realtà fossi in regolare presenza lavorativa presso l’Azienda. Quest’ultima fatta rettificare a far data dal 7 ottobre 2020 Il giorno 22 Marzo 2021 è deceduto mio padre e ho ripreso l’attività lavorativa. Il 23 Aprile 2021 il presidente ANMIC tramite una telefonata mi avvisa che il giorno 31 Marzo 2021 ha dato mandato al patronato di presentare un ricorso amministrativo all’INPS.. Oggi 29 Giugno 2021, il patronato mi ha trasmesso l’esito del ricorso amministrativo, rigettato. Inoltre dal mese di Giugno 2021, il mio datore di lavoro ha iniziato un piano di recupero dei soldi versati dall’INPS dei nove mesi, circa 20 mila euro, trattenendo dalla busta paga un quinto dello stipendio.
Utente 5153

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