Congedo parentale e part-time. comma 7 art. 8 D.Lgs. 81/2015
Si riporta il comma 7 dell'art. 8 del D.Lgs. 81/2015 che recita testualmente: "Il lavoratore puo' chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale od entro i limiti del congedo ancora spettante ai sensi del Capo V del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, purche' con una riduzione d'orario non superiore al 50 per cento. Il datore di lavoro e' tenuto a dar corso alla trasformazione entro quindici giorni dalla richiesta." Il quesito che si pone risiede nell'interpretazione delle parole "per una sola volta, in luogo del congedo parentale" e nella conferma della possibilità di rinunciare al diritto di cui all'art. 32 del D.Lgs. 151/2021 (congedo parentale) al fine di ottenere la trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale. Orbene, la perplessità non risiede nella possibilità in sè di tale trasformazione ma nella durata dell'efficacia del diritto stesso. In particolare, da una lettura del testo non sembra evincersi in modo inequivocabile che il diritto si riferisca ad una trasformazione del contratto di lavoro tout court, senza alcun vincolo di temporaneità (vincolo presente invece nel congedo parentale, limitato a una durata di pochi mesi di lavoro da chiedere entro una determinata età del figlio per cui se ne fa richiesta). Ad aumentare la confusione è inoltre la seconda parte della disgiuntiva "od entro i limiti del congedo ancora spettante ai sensi del Capo V del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151" poiché prevederebbe la possibilità di utilizzo misto dei due istituiti (trasformazione contrattuale e congedo parentale) con le parole "ancora spettante". Infatti, non è chiaro se il diritto alla trasformazione in part-time debba esistere "in luogo del" congedo parentale ovvero in abbinamento (e con quali modalità) al congedo stesso. Detto ciò, si possono formulare le seguenti due tesi. La prima, secondo la quale la trasformazione del contratto da tempo pieno a parziale non abbia alcun limite di durata/validità e la nascita di un figlio si configuri come un opportunità, garantita dalla legge in esame, per ottenere tale trasformazione contrattuale (rinunciando ai diritti e trattamenti economici del congedo parentale). In questo caso la locuzione "in luogo del" si intenderebbe come completa rinuncia e sostituzione del diritto relativo al congedo parentale, senza ereditarne alcuna caratteristica. La seconda, secondo la quale esisterebbe un limite di durata temporale della trasformazione del contratto da tempo pieno a parziale, ereditato da quello richiedibile nel congedo parentale. In tal caso si avrebbe una interpretazione estensiva della locuzione "in luogo del" nel senso che la "sostituzione" non si opera per l'intero istituto del congedo parentale ma per il congedo in sè con il part-time, mantenendo la parte della disciplina relativa ai "limiti del congedo". In questo secondo caso nascono dei dubbi sull'utilità della norma stessa poiché già l'art. 32 al comma 1-bis (introdotto dalla L. n. 228/2012) prevede la possibilità di fruizione del congedo su base oraria che, sostanzialmente, si concretizza in un part-time di durata limita nel tempo, tra l'altro richiedibile in più istanza e non "per una sola volta". Se si confuta questa seconda ipotesi in considerazione dell'inutilità dell'introduzione di un nuovo (ridondante) diritto già abbondantemente garantito da norme preesistenti, rimane il dubbio sulla cumulabilità (e relativa modalità) dei due diritti, nel caso si sia già usufruito parzialmente del congedo parentale. In considerazione di quanto sopra esposto, si chiedono delucidazioni interpretative del comma in oggetto.