Prescrizione e decadenza di un credito tributario

Il D.P.R. n.917 del 1986, dispone – all’art. 105 – la deducibilità dei relativi accantonamenti dal reddito dell’impresa erogante.
Per il percettore, l’art. 17, comma 1, lett. c), del TUIR consente, infatti, di assoggettare le indennità percepite per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 50, comma 1, lett. c-bis), del TUIR a tassazione separata, a condizione che il diritto all’indennità risulti da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto.
L’imposta viene ad essere determinata, in base alle previsioni dell’art. 21, comma 1, del TUIR, applicando all’ammontare percepito dal contribuente – in luogo delle aliquote progressive per scaglioni applicate al reddito complessivo, comprensivo dell’indennità percepita – l’aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente stesso nel biennio anteriore all’anno in cui è sorto il diritto alla loro percezione. Con l’applicazione della tassazione separata, poi, il prelievo fiscale sull’indennità di fine mandato si realizza in due momenti: all’atto dell’erogazione dell’indennità, attraverso l’applicazione di una ritenuta d’acconto del 20 per cento (ai sensi dell’art. 24, comma 1, ultimo periodo, del d.P.R. n. 600 del 1973) e, successivamente, con la liquidazione dell’imposta definitiva effettuata dall’Agenzia delle entrate, la quale applica l’aliquota corrispondente al reddito medio del biennio precedente.
Condizione essenziale per poter assoggettare il trattamento di fine mandato a tassazione separata è che il diritto all’indennità risulti da atto scritto di data certa, anteriore all’inizio del rapporto. Il requisito della data certa è sempre soddisfatto nel caso in cui la società preveda, per statuto, il diritto, da parte degli amministratori, alla percezione dell’indennità di fine mandato;
In assenza della predetta previsione statutaria, l’assemblea può comunque deliberare in qualsiasi momento il diritto alla percezione dell’indennità di fine mandato, purché la delibera sia antecedente all’accettazione della carica da parte dell’amministratore, facendo redigere il verbale di assemblea da un notaio; facendo autenticare da un notaio le firme apposte dai soci sul verbale di delibera; inviando all’amministratore copia della delibera per raccomandata con ricevuta di ritorno oppure registrando la delibera presso l’Agenzia delle entrate.
In mancanza della data certa, l’intera indennità di fine mandato deve essere assoggettata a tassazione ordinaria;
Affinché la data certa sia anteriore all’inizio del rapporto, occorre poi che l’amministratore sia di nuova nomina o che venga determinata un’interruzione del rapporto, così che la nomina o la conferma possano rappresentare l’inizio di un nuovo rapporto. Qualora l’amministratore non sia di nuova nomina, quindi, lo stesso dovrà dimettersi e attendere la delibera con la quale gli verrà conferito nuovamente l’incarico e che dovrà riportare espressamente la previsione dell’indennità di fine mandato. Questa operazione, comunque, potrebbe subire rilievi da parte dell’Amministrazione finanziaria, soprattutto ove il trattamento di fine mandato riconosciuto all’amministratore non sia parametrato ai compensi corrisposti.
Per l’indennità per la cessazione dei rapporti da collaborazione coordinata e continuativa (quale è, appunto, il trattamento di fine mandato), è possibile dedurre l’accantonamento nei limiti della quota maturata per competenza, a prescindere dal momento in cui l’indennità verrà pagata.
(Se in uno dei due anni anteriori non vi è stato reddito imponibile, si applica, ai sensi del comma 3 dell’art. 21, l’aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto dell’altro anno; se invece non vi è stato reddito imponibile in alcuno dei due anni, si applica l’aliquota stabilita per il primo scaglione di reddito (aliquota attualmente pari al 23 per cento).
La deducibilità dell’indennità prevede tre condizioni:
A garanzia del pagamento dell’indennità di fine mandato agli amministratori, le società possono stipulare apposite polizze assicurative che, oltre a garantire l’accantonamento graduale della provvista necessaria, consentono di ottenere un rendimento finanziario.
Tali polizze assicurative possono prevedere, quale soggetto beneficiario, o direttamente l’amministratore o la stessa società contraente che si impegna eventualmente a retrocedere all’amministratore.
Per l’impresa, i premi assicurativi dovranno essere riportati nello stato patrimoniale, mentre nel conto economico dovranno essere registrati tra i costi deducibili, gli accantonamenti relativi al debito in maturazione costituito dal trattamento di fine mandato da corrispondere all’amministratore.
Per dimostrare che un costo è inerente all’attività della tua impresa in modo da POTERLO DEDURRE SENZA problemi se fatturi come ditta individuale devi avere più codici Ateco possibili; invece se fatturi come società devi fare in modo di avere un oggetto sociale più ampio possibile, quindi nella descrizione dell’oggetto sociale della tua attività aggiungi attività secondarie;
Inserire in bilancio le perdite sui crediti: crediti che non possono più essere incassati dal relativo debitore generano una perdita per l’azienda nell’esercizio in cui vengono rilevate; se sono inferiori ad € 2500 e oltre i sei mesi dalla scadenza, non è necessaria l’azione legale per portarli in deduzione.
L’acconto Iva può essere calcolato scegliendo, in base alla convenienza, tra tre diversi metodi di calcolo. In particolare, è possibile adottare uno dei seguenti metodi:
Applicando il metodo storico, l’acconto Iva è pari all’88% del versamento effettuato, o che avrebbe dovuto essere effettuato, per il mese o trimestre dell’anno precedente.
Il versamento preso a base del calcolo deve essere al lordo dell’acconto dovuto per l’anno precedente.
Semplificando, la base di calcolo, su cui applicare l’88%, è pari al debito d’imposta risultante:
Con il metodo previsionale l’acconto viene calcolato sulla base di una stima delle operazioni che si ritiene di effettuare fino al 31 dicembre.
Con questo metodo, l’acconto è pari all’88% dell’Iva che si prevede di dover versare:
Per rendere omogenei il dato storico con quello previsionale, occorre considerare il dato previsionale al netto dell’eventuale eccedenza detraibile riportata dal mese o dal trimestre precedente.
Il calcolo con il metodo analitico si basa sulle operazioni effettuate fino al 20 dicembre. In particolare, l’acconto è pari al 100% dell’importo risultante da un’apposita liquidazione che tiene conto dell’Iva relativa alle seguenti operazioni:
COMPRENDERE LA DIFFERENZA TRA MARGINE DI CONTRIBUZIONE ED EBITDA
Il conto economico testimonia la ricchezza che ha prodotto la tua azienda e, di conseguenza, l’imponibile fiscale sul quale andranno calcolate le imposte.
Quindi è importantissimo!
Lo stato patrimoniale si compone di sezioni contrapposte: a sinistra vi sono gli attivi e a destra le passività.
Lo stato patrimoniale quantifica in euro il patrimonio della tua azienda in un determinato giorno dell’anno. In genere al 31 dicembre quando si chiude il bilancio di esercizio.
Gli Attivi dello stato patrimoniale costituiscono l’ammontare complessivo degli investimenti in essere (attivo circolante più attivo immobilizzato) che sono destinati a ritornare moneta in tempi brevi -meno di un anno- o perché destinate a un impiego produttivo o perché destinate a essere venduti o riscossi e si distinguono in:
Premesso che l’azienda copre i suoi investimenti ricorrendo a diverse forme di finanziamento, le passività indicano proprio da chi e in che misura è stato fornito il capitale necessario per finanziare le attività. Rappresentano quindi la provenienza del capitale investito e corrispondono ai debiti contratti dall’azienda con soggetti terzi.
Sono distinte in:
passività a breve termine: esigibili entro l’anno, ad esempio debiti verso banche o fornitori, quote a breve termine di crediti a medio e lungo termine, imposte a breve termine, cambiali passive,
passività a lungo medio termine: esigibilità oltre l’anno, ad esempio prestiti obbligazionari, mutui passivi, fondi per imposte a lungo termine, trattamenti di fine rapporto;
è pari alla differenza tra le attività e le passività patrimoniali; cioè la misura di quanto resta delle attività dopo che sono stati rimborsati tutti i creditori.
È costituito da:
in denaro o in natura eseguiti dai proprietari o dai soci al momento della costituzione dell’azienda o in epoche successive (capitale sociale di riserva da sovrapprezzo delle azioni);
Accantonamenti:
a riserva degli utili conseguiti e non distribuiti ai soci sotto forma di dividendi, gli utili di bilancio conseguiti e reinvestiti nell’impresa concorrono alla determinazione dei finanziamenti aziendali (autofinanziamento in senso stretto).
il capitale netto aumenta in presenza di utili non distribuiti mentre diminuisce in conseguenza di perdite a parità di tutte le altre condizioni
Nel Conto economico non va riportata l’Iva ma vanno inseriti solo ricavi e costi al netto dell’Iva perché i soldi dell’Iva sono dello Stato e l’imprenditore è solo un intermediario che l’incassa per poi darli al legittimo destinatario.