Coronavirus: permessi di lavoro, assenza giustificata?
Come funziona l'assenza dal lavoro in occasione dell’emergenza Coronavirus: quando sono leciti i permessi e quando non lo sono.
L’emergenza Coronavirus ha portato all’introduzione di alcune misure speciali nelle regioni che sono state colpite maggiormente dal contagio, al fine di limitarne la diffusione. L’area gialla, che comprende Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna, Liguria, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, ha introdotto lo smart working straordinario per i lavoratori che possono svolgere le proprie mansioni anche a distanza, senza il bisogno di recarsi nella sede principale.
Cosa succede in caso di assenza ingiustificata dal lavoro, dovuta al mero timore del contagio da Coronavirus? L’infodemia che si è diffusa successivamente alla diffusione del virus ha generato paura anche nelle zona bianca, ovvero in quelle regioni nelle quali i soggetti positivi al virus sono davvero pochi.
Ecco quali sono le disposizione lavorative in vigore alle quali bisogna fare riferimento in base ai chiarimenti che sono stati forniti dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro, in una nota del 24 febbraio 2020.
Coronavirus e permessi di lavoro
I lavoratori che decidono di assentarsi dal lavoro, prendendo un permesso, solo perché hanno paura di essere contagiati dal Coronavirus, saranno considerati assenti ingiustificati e, di conseguenza, potrebbero rischiare un provvedimento disciplinare.
La sospensione dell’attività aziendale a scopo precauzionale:
- deve essere stabilita da una decisione dell’azienda o imposta dalle Autorità nazionale per motivi legati alla sanità pubblica;
- comporta l’assenza giustificata del lavoratore e la possibilità per l’azienda di avere accesso alla cassa integrazione.
Con il decreto legge n. 6 del 2020, introdotto il 23 febbraio dal Governo e contenente le misure urgenti relative all’emergenza Coronavirus, sono state delineate alcune situazioni nelle quali le attività lavorative possono subire delle modifiche a causa di interventi da parte delle autorità pubbliche.
Tra le casistiche analizzate dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro ci sono, come appena anticipato:
- quella nella quale le attività lavorative vengono sospese come misura per contrastare la diffusione del virus: in questi casi l’assenza del lavoratore è giustificata e quest’ultimo avrà pertanto diritto a ricevere la retribuzione anche senza lo svolgimento della sua attività lavorativa. L’azienda dovrebbe avere accesso alla Cig, ovvero la Cassa integrazione guadagni erogata dall’INPS;
- quella nella quale si è assenti ingiustificati, ovvero non si va al lavoro per paura di un possibile contagio. Tra i provvedimenti disciplinari che potrebbero essere applicati in tale circostanza rientra anche un possibile licenziamento per il lavoratore.
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Coronavirus e quarantena obbligatoria
Ci sono altri casi che si sono verificati in quest’ultima settimana e che sono stati analizzati dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro. Il primo è quello che riguarda la quarantena obbligatoria e la relativa assenza dal lavoro.
In questa evenienza:
- la quarantena obbligatoria viene applicata ai dipendenti che hanno manifestato sintomi riconducibili al Coronavirus ed è stabilita dai presidi sanitari;
- il CCNL tratta questi casi come un’assenza per malattia: il lavoratore è sottoposto a trattamento latu sensu sanitario e avrà diritto alle tutele previste per la salute e al mantenimento del posto di lavoro.
La seconda ipotesi presa in esame è la cosiddetta “quarantena volontaria”: i soggetti si assentano e scelgono di isolarsi in autonomia in quanto sono stati nelle zone a rischio, in particolare in uno dei comuni della cosiddetta zona rossa:
- se il lavoratore sceglie di isolarsi è giustificato, anche in assenza di sintomi di contagio, in quanto questo comportamento rientra nei casi contemplati dal Governo per cercare di limitare l’espansione del virus;
- si tratta, dunque, di un comportamento dettato da oggettiva prudenza, disciplinato dal provvedimento amministrativo e praticato nel rispetto della normativa d’urgenza.
In questi casi il lavoratore dovrà comunicare la decisione presa al Dipartimento di prevenzione dell’Asl territoriale, che si occuperà di dare comunicazione dell’applicazione di una misura di “permanenza domiciliare fiduciaria”, con sorveglianza attiva, all’autorità sanitaria.
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Coronavirus e smart working
L’ordinanza ha previsto la possibilità di poter applicare lo smart working anche senza un accordo scritto. La pratica che permette al lavoratore subordinato di lavorare da casa è stata introdotta con la legge 81/2017:
- il decreto di legge pubblicato il 23 febbraio 2020 per contenere l’emergenza Coronavirus ha reso possibile l’applicazione automatica dello smart working nelle zone a rischio epidemiologico, senza la necessità che sussista un accordo scritto fra il dipendente e datore di lavoro;
- l’assenza dal lavoratore dal posto di lavoro è giustifica in quanto necessaria e indipendente dalla volontà dello stesso.
Il vademecum per i lavoratori ai tempi del Coronavirus
La velocità di attivazione e di diffusione di determinate procedure può essere fondamentale in circostanze particolari come quella legata al Coronavirus: per questo motivo i datori di lavoro devono essere i primi soggetti a essere informati circa le misure di prevenzione da attuare e da trasmettere ai propri dipendenti, per esempio attraverso una guida cartacea o delle mail dedicate.
Il datore di lavoro deve essere in primo luogo in grado di analizzare la situazione di rischio possibile per i suoi dipendenti, quindi:
- deve verificare la presenza di possibili casi sospetti;
- deve fare in modo che all’interno della sua azienda vengano messe in atto tutte le misure precauzionali necessarie;
- deve eventualmente procedere con la sospensione dell’attività lavorativa e con la chiusura momentanea dell’azienda, ricordando che potrà ricorrere alla cassa integrazione per continuare a garantire ai dipendenti la retribuzione anche in assenza di svolgimento delle consuete mansioni.
Il datore di lavoro deve pertanto assicurarsi di adottare le misure necessarie al mantenimento dell’integrità fisica e morale dei suoi dipendenti, che devono essere tutelati dall’esposizione a “rischio biologico”. Risulta pertanto indispensabile:
- fornire disinfettanti e gel antibatterici ai propri dipendenti;
- in base alla tipologia di lavoro svolto e al singolo caso, si potrebbero valutare anche guanti e mascherine da distribuire ai dipendenti:
- i dipendenti devono essere invitati a lavarsi le mani con maggiore accuratezza e frequenza, a prestare un’attenzione in più alla pulizia delle superfici e a evitare i contatti troppo stretti con le persone che dovessero manifestare sintomi di tipo influenzale, quali tosse, raffreddore, febbre;
- potrà decidere di attivare il lavoro a distanza se lo ritenesse necessario per la salute dei propri lavoratori, in particolar modo in presenza di dipendenti che si trovino in condizioni particolari, come le donne in stato di gravidanza.
Si tratta di misure preventive che possono davvero fare la differenza. Qualora fossero individuati casi sospetti:
- devono essere contattati i servizi sanitari;
- bisogna fornire alla persona che potrebbe aver contratto il virus una mascherina e cercare di evitare il contatto con il resto dei dipendenti;
- per esempio, è meglio fare in modo che il dipendente sospetto getti i fazzoletti di carta in un sacchetto impermeabile che dovrà essere smaltito dal personale di soccorso.
Il datore di lavoro dovrebbe sospendere immediatamente l’attività lavorativa:
- nel caso in cui venga confermato che uno dei suoi lavoratori ha contratto il Coronavirus;
- in presenza di lavoratori che, nel corso degli ultimi 14 giorni, siano stati in Cina, abbiano avuto contatti con qualcuno che vi è stato o che proviene dalle aree italiane maggiormente colpite dall’epidemia;
- il datore di lavoro dovrà altresì sospendere tutte le trasferte di lavoro programmate nelle aree esposte a un rischio maggiore.
Nei casi in cui le attività lavorative venissero sospese in relazione al Coronavirus, il datore di lavoro avrebbe accesso alla Cassa Integrazione Ordinaria, che viene erogata dall’INPS nelle “situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali”.
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Coronavirus – Domande frequenti
L’assenza dal lavoro a causa del Coronavirus è giustificata soltanto nei casi previsti dai provvedimenti amministrativi, quindi quelli nei quali si abita nella zona rossa o si è stati in contatto con persone che vi abitano negli ultimi 14 giorni. In tutte le altre circostanze, sarà considerata assenza ingiustificata, punibile con provvedimenti disciplinari che possono comprendere persino il licenziamento.
In base a quanto stabilito dal Decreto Legge del 23 febbraio 2020, le aziende possono decidere di sospendere le attività lavorative nelle zone esposte a maggior rischio di contagio. In questi casi potranno avere accesso alla Cassa integrazione che permetterà loro di garantire la retribuzione ai dipendenti anche se nella pratica le attività lavorative sono state sospese.
La circostanza eccezionale del Coronavirus ha permesso alle aziende di poter mettere in pratica lo smart working anche in assenza di un accordo scritto tra le parti, in quanto misura cautelativa per difendere la salute dei lavoratori.
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