Usurpazione di funzioni pubbliche vs rifiuto e omissione di atti d’ufficio

Il Dpcm del 9 marzo 2020 ha introdotto l’obbligo di rimanere in casa fino al 3 aprile 2020, fatta eccezione per i motivi di reale necessità, che sono rappresentati dallo svolgimento della propria attività lavorativa – si pensi a chi lavora in ospedale, in un supermercato o in una fabbrica agroalimentare – ma anche dalle esigenze di tipo medico e dall’uscita per l’acquisto di genere alimentari e prodotti per la cura della persona.
Chi non rispetterà, nel periodo indicato, gli obblighi previsti andrà incontro a una serie di sanzioni pecuniarie e potrà rischiare anche la reclusione poiché sta commettendo tutta una serie di reati. Nelle prossime righe analizzeremo nel dettaglio le varie casistiche che si possono verificare nel caso di mancato rispetto delle regole imposte e come vengono puniti i reati che ne derivano.
La violazione dell’obbligo di restare in casa a causa dell’emergenza coronavirus viene punito in base a quanto contenuto nell’articolo 650 del Codice Penale, che disciplina l’inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità. Le pene previste sono:
Con il decreto introdotto il 24 marzo 2020 le pene sono state inasprite con una sanzione che va da 400 euro fino a 3.000 euro.
Tra gli esempi più comuni di contravventori ci sono:
A proposito dell’attività sportiva e di uscire con il proprio cane per permettere all’animale di espletare i suoi bisogni, l’argomento è stato uno dei più dibattuti dall’emanazione del decreto. La possibilità iniziale di fare sport ha infatti portato, con l’arrivo dei primi giorni di sole e con l’innalzarsi delle temperature, ad assembramenti di numeri fin troppo elevati di persone nei parchi cittadini.
Ragion per cui, il Governo e le amministrazioni locali sono dovuti
intervenire con un nuovo giro di vite:
Oltre a quanto esposto finora, ovvero al reato di inosservanza dei provvedimenti delle autorità, ci sono altri reati che si possono commettere violando gli obblighi in vigore fino al 3 aprile, ovvero:
La situazione attuale è molto delicata per i lavoratori che, occupandosi di attività che non possono essere interrotte, perché sono legate al settore medico, a quello alimentare e alla fornitura dei servizi essenziali per il cittadino, devono continuare a recarsi sul posto di lavoro.
Cosa succede se un dipendente contrae il coronavirus sul posto di lavoro? Il datore di lavoro può essere considerato penalmente responsabile dell’accaduto? Sì, in quanto in tale ipotesi, il datore di lavoro potrebbe essere punito ai sensi degli articoli 589 e 590 del Codice Penale, che regolano:
In particolare, nell’articolo 589 del Codice Penale si legge che:
Il datore di lavoro è tenuto, dunque, a far rispettare in modo rigoroso tutte le misure di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, nel rispetto dei principi e degli obblighi derivanti dall’articolo 32 della Costituzione, dall’articolo 2087 del Codice Civile e dal Testo Unico sulla tutela della salute e della Sicurezza sui luoghi di Lavoro (D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81). Si consiglia pertanto di aggiornare il Documento di Valutazione dei Rischi con la profilazione del rischio di contagio da COVID-19 e di incrementare la presenza e il rispetto delle norme igieniche in vigore.
Un’altra situazione poco piacevole che si è verificata nel corso delle ultime settimane è la vendita di mascherine o di disinfettanti a prezzi molto elevati. Una condotta di questo genere integra il reato di “manovre speculative su merci”, disciplinato dall’articolo 501 bis del Codice Penale, che ha la funzione di evitare le manovre speculative che portano alla maggiorazione incontrollata dei prezzi.
Chi si imbatte in situazione di questo tipo può denunciare l’azienda o il venditore alla Guardia di Finanza. Viene punito dall’articolo 501 bis anche chi in una situazione di rincaro o di mancanza di un prodotto, “ne sottrae all’utilizzazione o al consumo rilevanti quantità”.
La pena
prevista dall’articolo consiste:
Nell’articolo si legge anche che “L’autorità giudiziaria competente e, in caso di flagranza, anche gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, procedono al sequestro delle merci, osservando le norme sull’istruzione formale”.
Qualora, invece, i commercianti vendessero mascherine protettive prive del marchio CE, sarebbero puniti per il reato di frode in commercio, ai sensi dell’articolo 515 del Codice Penale in base al quale:
“Chiunque, nell’esercizio di un’attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all’acquirente una cosa mobile per un’altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella pattuita, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a 2.065 euro. Se si tratta di oggetto preziosi, la pena è della reclusione fino a 3 anni o della multa non inferiore 103 euro”.
Si può incorrere nell’articolo 438 del Codice Penale, che regola il reato di epidemia per il quale si rischia la pena fino all’ergastolo. Nel caso in cui si dovesse provocare la morte di qualcuno per contagio, si commetterebbe il reato di omicidio…
Scatta il reato di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico, previsto dall’articolo 483 del Codice Penale e punito con la reclusione fino a 2 anni, ma anche la violazione dell’articolo 650 del Codice Penale, che regola l’inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità…
Sì, chi ha la febbre superiore ai 37,5 gradi, tosse, dispnea e altri sintomi associati al coronavirus non deve uscire di casa, ma rivolgersi, al telefono, al proprio medico di base e alla ASL, chiamando il numero nazionale 1500 o il 112. Se non lo fa, potrebbe essere punito per il reato di lesioni o tentate lesioni volontarie, con reclusione che va dai 6 mesi ai 12 anni. Se dovesse provocare la morte di qualcuno, potrebbe essere accusato di omicidio doloso e rischiare la reclusione fino a 21 anni.
I soggetti asintomatici o con sintomi lievi di coronavirus che non necessitano di ricovero ospedaliero, sono tenuti a rispettare una quarantena controllata per un periodo di 14 giorni, al termine del quale dovranno eseguire nuovamente dei test per verificare di essere divenuti negativi al virus.