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Carcere minorile: quanto è utile?

Il carcere funziona anche per i minori? È assolta la funzione rieducativa della pena? Alla luce degli ultimi fatti di cronaca, ci siamo interrogati sull'effettiva funzione dal carcere minorile e se esso sia idoneo a soddisfare l'esigenza di tutela del minore.

Quanto è utile il carcere minorile per il minore?
  • I minorenni, se compiono reati, possono essere sottoposti alla pena del carcere, in appositi istituti.
  • La cronaca recente ha messo in luce i possibili rischi del carcere minorile: per questo si è riacceso il dibattito circa la valenza delle misure carcerarie per i minori.
  • Il dibattito, d’altra parte, coinvolge anche i maggiorenni: si dubita infatti che il carcere sia funzionale ad assicurare la rieducazione del reo ai valori dell’ordinamento.

La questione circa lefficacia del carcere per i minori è stata posta all’attenzione dell’opinione pubblica dopo i fatti accaduti all’Istituto Cesare Beccaria di Milano, che analizzeremo di seguito.

Il team è piuttosto controverso: il carcere è una pena che dovrebbe essere finalizzata alla rieducazione del reo, ma che, talvolta, si presta a realizzare l’effetto contrario, ossia a desocializzare il detenuto.

Il problema si è posto anche per i detenuti maggiorenni, tant’è che di recente il legislatore ha deciso di potenziare e ampliare l’ambito di applicazione delle pene alternative alla detenzione.

Nel seguente articolo, vi indicheremo quelle che sono le argomentazione addotte dagli esperti del settore sugli aspetti che pongono in dubbio la validità della funzione rieducativa svolta dal carcere minorile.

Carcere per i minorenni: il caso dell’Istituto Cesare Beccaria

Nelle ultime settimane si è molto discusso sulla valenza del carcere per i minorenni che si sono resi autori di reato. Per quale ragione? Un caso di cronaca nera, come spesso accade, ha acceso i riflettori sul dibattito mai sopito. Il caso di cui parliamo è quello del carcere minorile Cesare Beccaria di Milano, che nelle scorse settimane è stato al centro di un’inchiesta della Procura di Milano. Dalle indagini, è risultato un quadro preoccupante nella gestione dei ragazzi detenuti per crimini violenti.

Un gruppo di membri della polizia penitenziaria avrebbe riservato ai ragazzi vere e proprie torture, fisiche e psicologiche. Già il 22 novembre 2022 i medici dell’Istituto avevano segnalato la presenza di lividi sul corpo di un minorenne di 17 anni. La dottoressa aveva testimoniato che, dopo una visita, il ragazzo presentasse “un vistoso ematoma sulla spalla destra” ed “ecchimosi sul lato destro del collo”. Il giovane le aveva inoltre detto di essere stato “aggredito da più agenti di polizia penitenziaria qualche giorno prima”, precisamente il 18 novembre.

Il ragazzo aveva la mano destra livida, la quale era stata ripetutamente pestata. Per tale ragione, la donna ha dato il via all’inchiesta della procura con una segnalazione sia alla Procura per i minorenni sia alla Direzione Medica del Presidio San Paolo e al SerD area penale e penitenziaria.

Per approfondire alcuni aspetti del tema si rinvia al seguente articolo: Il sovraffollamento carcerario tra condizioni degradate e suicidi

Dichiara la madre di uno dei ragazzi:

Mio figlio ha preso solo qualche schiaffo e qualche pugno dagli agenti, ma non è mai stato preso davvero di mira come invece accadeva agli stranieri. Lui è fortunato, perché ha una famiglia con cui parlare – aggiunge -. Un ragazzo che ho conosciuto è stato chiuso in una stanza e massacrato di botte. A colpire era, spesso, lo stesso agente, noto a tutti in carcere proprio per la frequenza e il modo in cui alzava le mani. Le vittime erano soprattutto ragazzi che durante i colloqui non avevano nessuno con cui parlare, stranieri non accompagnati ad esempio. Gli agenti non vedevano madri attente o famigliari ai quali i detenuti potessero raccontare le violenze. 

Ti consigliamo anche di leggere: Sanzioni: significato, quali sono e differenze tra le diverse tipologie

Il carcere minorile garantisce la funzione rieducativa della pena?
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Il carcere per i ragazzi è utile?

Negli ultimi anni si dibatte molto sulla validità della misura carceraria, dibattito che si è esteso anche ai ragazzi degli istituti minorili, proprio in conseguenza dei fatti contestati dalla Procura di Milano. L’interrogativo che gli esperti del settore si pongono è se questa misura abbia effettiva valenza rieducativa.

Le funzioni della pena sono tre:

  1. funzione rieducativa: la pena deve essere finalizzata a reinserire il reo nel contesto sociale, a rieducarlo ai valori dell’ordinamento, che sono stati trasgrediti volontariamente o per colpa con la commissione del fatto illecito;
  2. funzione general preventiva: la pena è, altresì, volta a realizzare la funzione di deterrente, cioè scoraggiare i cittadini dal compiere un fatto illecito;
  3. funzione special preventiva: è la funzione che, per eccellenza, è associata alla pena, ossia quella di punire il soggetto agente per la condotta illecita tenuta.

Come ha evidenziato la Corte Costituzionale in più occasioni, benché la pena svolga ciascuna delle tre funzioni in modo contestuale, la funzione prevalente è quella rieducativa. L’ordinamento deve garantire la risocializzazione del reo, la possibilità di reinserirlo nella vita sociale e lavorativa.

Negli ultimi anni, la dottrina, la giurisprudenza e anche la politica hanno in più occasione manifestato l’evidente inadeguatezza della pena carceraria a garantire la funzione rieducativa.

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Pene alternative alla detenzione

A sostegno di questa conclusione si richiama la recente riforma del sistema penitenziario, realizzata con la Riforma Cartabia, che ha ampliato la portata delle cosiddette pene sostitutive.

Queste ultime sono pene alternative al carcere. In particolare, si tratta di:

  • semilibertà sostitutiva;
  • detenzione domiciliare sostitutiva;
  • lavoro di pubblica utilità sostitutivo;
  • pena pecuniaria sostitutiva.

La peculiarità di queste misure, almeno della semilibertà e dei domiciliari sostitutivi, è che possono essere applicate dal giudice direttamente in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a quattro anni, mentre il lavoro di pubblica utilità sostitutivo può essere applicato in caso di condanna alla reclusione e all’arresto non superiori ai tre anni.

Perché sono state introdotte queste pene? Le pene sostitutive sono state disciplinate e ampliate nel loro campo di applicazione per molteplici ragioni. La principale è che, ad oggi, la validità della pena carceraria è fortemente in dubbio. Soprattutto rispetto a chi riceve una pena breve, come appunto 3 o 4 anni, il carcere potrebbe produrre un effetto contrario.

Piuttosto che consentire la risocializzazione potrebbe, infatti, deviare in modo permanente il soggetto, il quale potrebbe aver solo occasionalmente ha posto in essere condotte illecite. Il contesto delle carceri potrebbe quindi esporre il soggetto a situazioni devianti, come quella descritta poc’anzi, o anche ad entrare in contatto con esponenti della vita criminale.

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Quali sono i limiti del carcere minorile

Carcere minorile: perché non funziona più?

La pena carceraria, quando si parla di minori, denota poi ulteriori punti deboli. La fase adolescenziale è un momento essenziale della formazione della personalità dell’individuo. Molti studi evidenziano pure che, già a partire dai 10/11 anni, il minore inizia a porre le basi della persona che sarà in futuro.

Proprio in questa fase della vita, l’incedere in condotte illecite potrebbe essere del tutto saltuario oppure, all’opposto, potrebbe essere sintomatico di una scelta di vita già, a volte in modo inconsapevole, compiuta.

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Quali sono i limiti del carcere minorile

Educare e formare gli adolescenti è complesso e richiede una significativa esperienza, che potrebbe, a ben ragione, non essere posseduta dalla polizia penitenziaria, perfino dagli educatori che lavorano a stretto contatto con i minori. Al di là degli ambienti patologici, come quello descritto dell’Istituto Cesare Beccaria, nelle migliori condizioni operative, la polizia penitenziaria potrebbe non avere la formazione necessaria a far fronte alle esigenze del minore. Ciò è evidente soprattutto sul piano psicologico.

In questa fase della vita, prevalgono problemi di salute mentale, come depressione e ansia, difficili da riconoscere e affrontare quando non si conoscono le procedure di approccio più adeguate. Da ultimo, ma non meno importate, bisogna considerare che il minore non è un detenuto pari al maggiorenne, quindi anche gli obiettivi della pena carceraria in parte mutano.

Nell’esecuzione della pena, si dovrà tener conto anche delle ulteriori necessità di socializzazione che, molto più che per i detenuti maggiorenni, sono essenziali per i minorenni. Attualmente, la principale forma di socializzazione del minore è realizzata mediante i social network, che non sono del tutto preclusi ai detenuti nel carcere minorile, ma il loro utilizzo presuppone l’assistenza del personale. Alle carenti competenze in campo psicologico, si aggiungono quindi anche quelle tecnologiche: in quest’ambito, il gap generazionale è significativo ed evidente.

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Carcere minorile – Domande frequenti

Qual è la funzione della pena?

La pena svolge tre funzioni: rieducativa, general preventiva e special preventiva. La principale funzione della pena è quella di rieducare il reo ai valori dell’ordinamento.

Il carcere svolge tale funzione rieducativa propria delle pene?

Si dubita che il carcere possa svolgere la funzione rieducativa, anche in considerazione del fatto che chi delinque occasionalmente è esposto al rischio di inserirsi stabilmente nel mondo della criminalità.

Perché il carcere minorile non sembra idoneo ad assicurare la funzione rieducativa della pena?

Il carcere minorile rischia di non adempiere alla funzione rieducativa della pena, giacché, spesso, rieducare un minore presuppone il possesso di specifiche competenze di cui il personale carcerario risulta esserne sprovvisto.

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Avv. Clelia Tesone
Avvocato civilista
Laureatasi in Giurisprudenza con la votazione di 110 e Lode presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e con approfondita conoscenza delle materie del Diritto Civile e del Diritto Amministrativo. Ha brillantemente conseguito l’abilitazione alla professione di avvocato, a seguito dell’espletamento della pratica forense in diritto civile e il tirocinio ex art. 73 d.l. 69/2013 presso la Procura della Repubblica di Napoli Nord.
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