Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne: vi spieghiamo cosa potrebbe cambiare con l’approvazione della legge sul consenso
Una legge che porta l'Italia allo stesso livello di rivoluzione e progresso di altri Paesi europei. Cosa si intende per consenso libero e attuale e cosa succede con la nuova legge sullo stupro al vaglio al Senato.
Attesa per oggi, 25 novembre 2025, giornata internazionale contro l’eliminazione della violenza contro le donne, l’approvazione da parte del Senato del provvedimento che cambia l’art. 609-bis del Codice penale sulla violenza sessuale.
La legge che modifica il reato di violenza sessuale, inserendo del testo dell’articolo la nozione di “consenso libero e attuale” è stata approvata dalla Camera dei deputati e rappresenta una pagina di luce in direzione di un cambiamento radicale (quantomeno sulla carta), che avevamo già intravisto con l’approvazione della legge sul femminicidio.
In un contesto legislativo in cui, spesso, chi commette uno stupro non subisce ripercussioni legali per una serie di motivazioni, anche sociali, in cui la vittima viene trasformata dalla narrazione dominante nella “causa del suo male” (si parla di vittimizzazione secondaria), le regole sono destinate a cambiare.
Cosa significa, davvero, per chi subisce questo reato così devastante? Che il consenso, in linea con quanto fissato nella Convenzione di Istanbul, diventa l’elemento chiave per qualificare un atto sessuale non voluto come delittuoso. Perché, come si legge da anni un po’ ovunque, il sesso senza consenso è sempre stupro.
Cos’è la Convenzione di Istanbul
La nuova legge sul consenso dice che qualsiasi atto sessuale nel quale la vittima non abbia dato il suo consenso libero e attuale integra il reato di violenza sessuale. Una norma sul consenso appare fondamentale. Perché finora, in mancanza di un testo specifico sul tema, si basava tutto sugli orientamenti della giurisprudenza. Ma qualche giudice con opinioni un po’ retrò ogni tanto si trovava.
La legge ha accolto la previsione della Convenzione di Istanbul, trattato internazionale firmato, nel 2011, dal Consiglio d’Europa, in vigore in Italia dal 1° agosto 2013. La Convenzione ha introdotto una definizione di violenza di genere e domestica, impegnandosi nella prevenzione dei reati connessi a queste forme di violenza, nella protezione delle vittime e nel perseguimento dei colpevoli.
I Paesi che hanno firmato questo trattato si impegnano, ai sensi dell’art. 36, a punire penalmente gli autori di violenza sessuale, la quale viene identificata come “atto sessuale non consensuale“.
Il consenso, in altre parole, deve essere un sì dal quale possa derivare una chiara e libera manifestazione della volontà di una persona ad avere un rapporto sessuale, da valutare in relazione alla situazione e al contesto. Un bacio non è, sempre l’anticamera del sesso. Se chi c’è dall’altro lato dice “basta”, bisogna fermarsi. Insistere è già una forma di violenza.
Approfondisci leggendo Il nuovo reato di femminicidio in Italia nel Codice penale: cosa prevede il disegno di legge approvato in Senato
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Cosa si intende per consenso libero e attuale
Il codice penale, dunque, si arricchisce con un termine determinante. Le condizioni sulle quali si fonda la violenza sessuale non sono più soltanto la violenza, la minaccia o l’abuso di autorità. Il consenso diventa il cuore di tutto.
L’Italia razionalizza, con una legge, quello che la Cassazione ha potuto solo interpretare nel corso degli ultimi anni, cioè che il consenso, in un atto sessuale, è sempre frutto dell’autonomia e della libertà del singolo, che può cambiare e, dunque, essere revocato in ogni istante.
L’articolo 609-bis del codice penale dovrà essere riscritto, secondo quanto approvato dalla Camera. La reclusione da 6 a 12 anni non spetterà soltanto a chi compie o subisce atti sessuali con violenza, minaccia o abuso di autorità, ma anche a chi commette o fa commettere atti sessuali senza il “consenso libero e attuale”.
In altre parole, ci si può tirare indietro anche dopo aver accettato un approccio iniziale (es. ci si inizia a toccare) e questo vale, anche, all’interno di una relazione stabile, quindi tra persone conviventi.
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Come si prova il consenso in tribunale?
Il consenso, come previsto dalla stessa Convenzione di Istanbul, deve essere valutato dal contesto. Si presuppone questo: la vittima che denuncia una violenza sessuale non deve giustificarsi precisando, per esempio, che era ubriaca, è stata drogata o che si è immobilizzata, quindi non è riuscita a opporsi perché fisicamente pietrificata dalla paura e dall’orrore del momento.
Le indagini, però, non devono basarsi unicamente sulle dichiarazioni sulla vittima, ma analizzare il contesto. L’accusato, che si difende con il solito ritornello (“lei era consenziente”), deve riuscire a provare quali elementi gli abbiano fatto credere che fosse così.
L’auspicio, ovviamente, è che la valutazione del contesto complessivo non si traduca in vittimizzazione secondaria, ovvero che la tutela delle vittime accolga anche tutti quei casi in cui violenza è avvenuta senza che venissero riportati segni fisici e che non predomini il filone della narrazione dominante – la vittimizzazione secondaria, in cui si giudicano i comportamenti della vittima (es. com’era vestita) e non il fatto in sé.
Quello che (ancora) manca, oltre alla formazione della Magistrature e delle Forze dell’ordine sul tema e alla rigida e corretta applicazione della legge, è una rivoluzione culturale più profonda, una sensibilizzazione che sradichi la cultura della donna oggetto e favorisca quella della parità e del rispetto.
Perché, se da un lato si cerca di contrastare un fenomeno che lascia segni sul corpo, la violenza viaggia a velocità maggiore in rete, dove i reati contro le donne – dalle molestie online dal doxing fino al deepfake si moltiplicano e, il più delle volte, restano impuniti, nonostante l’ondata di distruzione che portano nell’esistenza delle vittime.
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