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Art. 41 bis: cos’è e cosa prevede il carcere duro

Sai cosa è il carcere duro? La norma dell'ordinamento penitenziario che regola il regime in questione è l'art. 41 bis. Quando si applica? Chi sono i destinatari di tale regime? Chi provvede ad adottarlo? Cerchiamo di dare risposta a queste domande.

41 bis carcere duro
  • L’art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario prevede un regime carcerario noto come Carcere duro.
  • Può essere applicato in caso di emergenza e rivolte carcerarie o se il detenuto denota una particolare pericolosità.
  • Tra i detenuti al regime 41 bis più famosi vi sono Alfredo Cospito e Matteo Messina Denaro.

Avrai molto probabilmente già sentito parlare di 41 bis, ma sai di cosa si tratta? È un regime carcerario che consente l’adozione di misure severe per alcuni detenuti particolarmente pericolosi.

In particolare, prevede l’adozione di una serie di misure restrittive, in tema di visite e corrispondenza. Tuttavia, sono molte le ripercussioni del 41 bis.

Nei prossimi paragrafi ti spiegheremo quali misure possono essere applicate, a quali condizioni e soprattutto qual è il soggetto pubblico che può scegliere di adottare la predetta misura.

Cos’è il 41 bis: significato

L’art. 41 bis individua una norma dell’ordinamento penitenziario che regola il regime carcerario di alcuni detenuti particolarmente pericolosi.

La norma è stata oggetto di evoluzione nel corso del tempo. Introdotta nel 1975, è stata poi modificata dalla c.d. legge Cozzini, cioè la l. n. 663 del 1986. In origine prevedeva un unico comma, nel quale si disciplinava la possibilità di sospendere il regime carcerario ordinario ove vi fosse l’esigenza di far fronte ad eventi eccezionali, come rivolte carcerarie.

Successivamente, il legislatore ha introdotto un comma secondo:

​​Quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, anche a richiesta del Ministro dell’interno, il Ministro di grazia e giustizia ha altresì la facoltà di sospendere, in tutto o in parte, nei confronti dei detenuti per taluno dei delitti di cui al comma 1 dell’articolo 41- bis, l’applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla presente legge che possano porsi in concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza.

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L’intento del legislatore storico era quello di utilizzare un regime che consentisse di:

  • avere efficacia deterrente rispetto agli autori di reati di associazione mafiosa o comunque di agevolazione mafiosa;
  • interrompere definitivamente il legame con l’associazione, evitando che soggetti di spicco della criminalità continuassero ad esercitare la propria influenza sull’organizzazione, impedendo il passaggio di ordini e comunicazioni.

La disposizione è nata come temporanea, ma ad oggi risulta a carattere definitivo, essendo uno degli strumenti fondamentali di lotta alle mafie.

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Quali sono i delitti puniti con il 41 bis?

Non tutti i delitti comportano l’applicazione del carcere duro, ma solo alcuni, di cui abbiamo in parte parlato. Ricordiamo che sono soggetti a questo regime:

  • delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza;
  • delitto di associazione per delinquere di tipo mafioso;
  • delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’associazione mafiosa, ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni mafiose;
  • delitto di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù;
  • prostituzione minorile, consistente nell’indurre alla prostituzione una persona di età inferiore agli anni diciotto, ovvero nel favorirne o sfruttarne la prostituzione;
  • delitto di chi, utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni pornografiche o produce materiale pornografico ovvero induce minori di anni diciotto a partecipare a esibizioni pornografiche e chi fa commercio del materiale pornografico predetto;
  • delitto di tratta di persone;
  • delitto di acquisto e alienazione di schiavi;
  • delitto di violenza sessuale di gruppo;
  • delitto di sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione;
  • delitto di associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri;
  • delitto di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope.

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Cosa prevede il 41 bis

L’art. 41 bis prevede la possibilità per il Ministero della Giustizia di sospendere l’ordinario regime di carcerazione. L’art 41 bis trova applicazione sui reati:

  • di associazione mafiosa o reati aggravati da agevolazione o metodo mafioso;
  • terrorismo;
  • eversione.

Il regime si applica al singolo detenuto, a differenza del comma 1 che è applicato all’intero istituto carcerario in caso di rivolta, sebbene tale istituto abbia trovato scarsa attuazione a differenza del regime del comma secondo.

È adottato rispetto a soggetti detenuti altamente pericolosi, al fine di interrompere il rapporto di gestione e controllo sull’associazione. In tal modo si intende estirpare il fenomeno andando a neutralizzare i soggetti apicali. L’applicazione del 41 bis implica la previsione di una serie di misure, che analizzeremo di seguito.

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carcere duro 41 bis

Quali sono le misure del 41 bis?

L’art. 41 bis consente di adottare una serie di misure volte ad interrompere le comunicazioni tra detenuto ed associazione. 

In primo luogo, questi detenuti sono collocati in aree separate dell’istituto carcerarie e inoltre:

  • sono destinati a celle singole, quindi i detenuti al 41 bis non condividono la cella con altri detenuti;
  • la cella contiene solo una scrivania e una sedia chiodata a terra;
  • sono sorvegliati 24h su 24 h dalla polizia penitenziaria.

Alcune disposizioni fondamentali sono invece previste in tema di visite. Queste sono ridotte a due al mese, di circa un’ora, presso luoghi attrezzati. In tal modo, si intende prevenire il passaggio di oggetti ed evitare il contatto fisico.

Il detenuto è separato dall’interlocutore da un vetro divisorio. Il giudice può autorizzare visite in assenza di vetro se alla presenza di minori di 12 anni. Il colloquio può essere condotto solo con i familiari e conviventi, oltre che con l’avvocato. In quest’ultimo caso, non vi sono limitazioni dal punto di vista del numero. Il detenuto al 41 bis ha diritto ad una telefonata mensile.  

Anche per quanto riguarda la corrispondenza, questa è soggetta a visto di entrata ed uscita, può anche essere limitata, salvo che sia indirizzata ad un’autorità nazionale, come un Parlamentare o altri soggetti chiamati ad amministrare la giustizia. 

Sono poi adottate ulteriori misure:

  • può ricevere somme di denaro o altri beni dall’esterno solo in casi eccezionali;
  • può accedere all’aperto per non più di 2 ore giornaliere; sono a tal fine formati gruppi di detenuti in numero non superiore a 4;
  • la partecipazione alle udienze è inoltre esclusivamente “da remoto” in videoconferenza.

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carcere duro art 41 bis quanto dura

41 bis: quanti anni sono?

Il regime del 41 bis può essere applicato per una durata massima di 4 anni. Tale durata può essere rinnovata di 2 anni per volta ove il soggetto sia ancora in grado di influenzare le scelte e la direzione dell’associazione. Dunque, deve risultare un’evidente capacità di mantenere collegamenti con l’associazione criminale, terroristica o eversiva, che non è venuta meno.

È possibile pure che sia revocato:

  • per scadenza del termine senza che sia disposta la proroga;
  • su ordine del tribunale di sorveglianza in caso di reclamo al quale dovesse seguire una decisione di illegittimità del provvedimento.

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Chi applica il 41 bis?

La valutazione del Ministro di grazia e giustizia è discrezionale ma limitata, nel contenuto, dalla sospensione totale o parziale delle regole di trattamento dei reclusi. Anche per quanto riguarda lo scopo perseguito, è individuato dalle disposizioni.

I casi in cui è possibile applicare il 41 bis sono:

  • rivolta o situazione di emergenza: quando sussistono situazioni di emergenza il Ministro di grazia e giustizia adotta con provvedimento motivato un regime speciale, individuando il tempo massimo delle misure;
  • ordine pubblico e sicurezza: in questo caso, per i reati che abbiamo poc’anzi citato, trova applicazione il regime eccezionale del 41 bis per i singoli detenuti.

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Ergastolo ostativo e 41 bis in Italia: quali differenze?

Spesso si parla del 41 bis con riferimento anche all’ergastolo ostativo. Tuttavia, questi sono due istituti sono diversi. L’art. 4 bis dell’ordinamento previdenziale prevede un limite all’accesso ai benefici penitenziari per gli autori di certi reati. Questi si sovrappongono a quelli contemplati dall’art. 41 bis: non a caso, anche questo istituto nasce con l’intento di contrastare il fenomeno mafioso.

In particolare, sono oggetto di limitazione alcuni benefici come libertà condizionale o altre misure, come il lavoro esterno o permessi.

La disciplina, come risulta dalla Riforma Cartabia, consente di accedere ai benefici agli autori di predetti delitti se:

  • collaborano offrendo informazioni utili ai fini delle indagini;
  • dimostrino in qualunque modo che sia venuto meno il collegamento con l’associazione mafiosa e che non vi sia pericolo di ripristino.

Il legislatore ha di recente modificato la disciplina. Ha infatti cambiato il perimetro dei reati ostativi eliminando i reati contro la PA che non rientrano più tra i reati ostativi. Sono inseriti nei reati nel primo gruppo i reati teleologicamente connessi, quindi reati avvinti da connessione teleologica a reati di criminalità organizzata, quindi i reati aggravati da connessione teleologica con il reato di criminalità.

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Altra modifica riguarda il regime della liberazione condizionale per il condannato non collaborante. Per il soggetto che collabora proficuamente, c’è un regime di particolare favore: ai sensi dell’art. 19 nonies del dl 8 del 1991, questo vi può accedere dopo aver espiato 10 anni – che sono pochi rispetto alla regola per l’ergastolo che prevede il limite minimo di 26 anni, anche se riducibili per effetto della liberazione anticipata.

Quello che non collabora può uscire solo se ha scontato:

  • due terzi della pena, se si tratta di una pena temporanea (non l’ergastolo)
  • se è soggetto ad ergastolo, il detenuto deve aver scontato 30 anni di pena, quindi c’è comunque differenza tra chi collabora e chi non collabora.

Dunque, in un certo senso l’art. 4 bis completa la disciplina del 4 bis, pur divergendo sotto molteplici aspetti.

Per approfondire l’argomento ti consigliamo di leggere: Quanto dura l’ergastolo in Italia?

art 41 bis detenuti famosi

41 bis: elenco detenuti famosi

Ad oggi, i detenuti al 41 bis sono presenti nei seguenti istituti:

  • L’Aquila;
  • Milano (Opera);
  • Sassari;
  • Spoleto;
  • Novara;
  • Parma.

Ad ottobre, i detenuti al 41 bis erano  728, reclusi in 12 penitenziari. In genere, sono tutti detenuti per reati di associazione mafiosa, la maggior parte sono esponenti di Camorra, Cosa nostra, o appartenenti alla‘ndrangheta, alla Sacra corona unita e alle altre mafie, ma ci sono anche tre terroristi.

Di recente si è molto sentito parlare, per esempio, del caso di Alfredo Cospito, che è stato spostato al 41 bis e che ha avviato una protesta proprio per ritornare in regime ordinario.

Altrettanto noto è poi il neo-detenuto Matteo Messina Denaro, uno degli esponenti principali di Cosa Nostra. Tra gli altri nomi noti della mafia siciliana vi è Filippo Graviano, condannato all’ergastolo per essere stato uno dei mandanti delle stragi del ’92 e del ’93 e per l’uccisione di don Pino Puglisi.

A L’Aquila è invece tuttora detenuta Nadia Desdemona Lioce, l’irriducibile delle Nuove Brigate rosse, condannata all’ergastolo per gli omicidi D’Antona e Biagi.

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Art. 41 bis – Domande frequenti

Chi viene condannato al 41 bis?

Il 41 bis si applica in caso di reati di associazione mafiosa e altri gravi delitti, quando il detenuto è particolarmente pericoloso.

In che cosa consiste il 41 bis?

È un regime carcerario, noto come 41 bis, che implica l’adozione di misure più repressive rispetto a quelle del regime ordinario.

Ergastolo ostativo e 41 bis sono la stessa cosa?

No, l’ergastolo ostativo contempla l’accesso ai benefici penitenziari, mentre il 41 bis è il cosiddetto carcere duro. 

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Avv. Clelia Tesone
Avvocato civilista
Laureatasi in Giurisprudenza con la votazione di 110 e Lode presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e con approfondita conoscenza delle materie del Diritto Civile e del Diritto Amministrativo. Ha brillantemente conseguito l’abilitazione alla professione di avvocato, a seguito dell’espletamento della pratica forense in diritto civile e il tirocinio ex art. 73 d.l. 69/2013 presso la Procura della Repubblica di Napoli Nord.
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