Come si calcolano i contributi previdenziali
Come funziona il calcolo dei contributi previdenziali, quali sono gli obblighi per il datore di lavoro e a quali sanzioni si può andare incontro nel caso di mancato rispetto delle norme in vigore.
Il calcolo dei contributi previdenziali varia a seconda che debba essere pagato dal datore di lavoro per i propri dipendenti, oppure da un lavoratore autonomo, che rientri per esempio nel regime forfettario.
Come si calcolano i contributi previdenziali che spettano al datore di lavoro? Analizziamo la questione illustrando il concetto di base imponibile e tutti gli altri fattori che devono essere considerati al fine di rispettare i propri obblighi contributivi.
Cosa sono gli obblighi contributivi
Nel momento in cui un datore di lavoro assume un dipendente, oltre alla retribuzione prevista dal contratto collettivo di lavoro applicato, avrà l’obbligo di pagare all’INPS e all’INAIL i contributi previdenziali e assistenziali.
Questi obblighi sono previsti dall’articolo 2114 del Codice civile il quale stabilisce i casi e le forme di previdenza e di assistenza obbligatorie e le contribuzioni e prestazioni relative.
Ai sensi dell’articolo 2115 c.c., l’onere contributivo, in realtà, è sia a carico del datore di lavoro, sia a carico del dipendente, nelle percentuali che vengono previste dalla legge.
Spetta, però, al datore di lavoro il compito di occuparsi dei versamenti dei contributi, entro il 16° giorno del mese successivo a quello in cui il lavoratore è stato pagato.
Nella pratica, il datore di lavoro trattiene la quota di contributi previdenziali spettante al lavoratore dal suo stipendio, ovvero dalla retribuzione lorda indicata in busta paga e procede poi al versamento dei contributi previdenziali tramite modello F24.
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Come si calcolano i contributi previdenziali
Per calcolare i contributi previdenziali, bisogna partire dalla base di calcolo, ovvero dalla cosiddetta base imponibile. Ciò è necessario perché dalla retribuzione annua che viene percepita dal dipendente si pagheranno non solo i contributi previdenziali, ma anche le tasse sul reddito (cioè l’IRPEF).
Alla base imponibile, viene applicata l’aliquota contributiva, ovvero la percentuale che permette di conoscere a quanto ammontano i contributi da versare.
L’aliquota dipende da un gran numero di parametri, quali per esempio:
- la prestazione di lavoro svolta, che potrà essere di tipo subordinato, autonomo, parasubordinato;
- l’attività svolta dall’azienda;
- il numero di dipendenti della società;
- la natura giuridica dell’azienda, che potrà essere una società di persone, una società di capitali, un ente no profit, e così via;
- la qualifica legale del lavoratore;
- il fondo di previdenza al quale il lavoratore è iscritto.
Quali aliquote considerare
In genere si deve considerare:
- l’aliquota che spetta al datore di lavoro, che è pari al 30% circa;
- l’aliquota a carico del lavoratore, che corrisponde a circa il 9% della retribuzione annua imponibile.
Le aliquote contributive relative alle diverse tipologie di lavoratore sono indicate sul sito dell’INPS. Come si potrà notare, sono disponibili gli importi relativi alle seguenti categorie:
- dipendenti pubblici;
- amministratori di enti locali;
- lavoratori dello spettacolo;
- lavoratori sportivi professionisti;
- collaboratori e figure assimilate;
- artigiani;
- lavoratori agricoli autonomi;
- commercianti;
- pescatori autonomi;
- venditori porta a porta;
- lavoratori autonomi occasionali;
- associati in partecipazione;
- medici in formazione specialistica.
Mancato versamento dei contributi previdenziali
Cosa succede nel caso in cui il datore di lavoro non provveda al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali obbligatori? Nella pratica, sarebbero previste delle sanzioni di tipo civile, amministrativo e penale.
Le sanzioni civili variano in relazione al fatto che sia stata commessa (e c’è una gran bella differenza):
- un’omissione contributiva;
- un’evasione contributiva.
L’omissione non è altro che un ritardo nei versamenti contributivi previsti dalla legge: in tale ipotesi, si applicherà una percentuale sulla somma dovuta che corrisponde al tasso ufficiale maggiorato di 5,5 punti per ogni giorno di ritardo.
La sanzione civile non potrà superare il 40% dei contributi da pagare: nel caso in cui dovesse superare tale tetto, saranno applicati degli interessi di tipo moratorio.
In merito all’evasione contributiva, invece, si applica una sanzione civile pari al 30% di quanto dovuto, per ogni giorno di ritardo. In questo caso, il tetto massimo della sanzione è pari al 60% di quanto dovuto.
Il datore di lavoro ha la possibilità di richiedere di essere sanzionato per omissione, e non per evasione, ma dovrà:
- denunciare di sua sponte la situazione debitoria entro 12 mesi di tempo dal termine previsto per il pagamento dei contributi;
- pagare quanto dovuto entro 30 giorni di tempo dalla denuncia, prima che un ente impositore contesti la sua situazione.
Omesso versamento quota contributi del dipendente
Nell’ipotesi in cui il datore di lavoro non versi all’INPS la parte che trattiene dallo stipendio del lavoratore, si potranno applicare altre due tipologie di sanzioni:
- una sanzione penale, che prevede la reclusione fino a 3 anni e una multa fino a 1.032 euro, per omesso versamento delle ritenute per cifre superiori ai 10.000 euro annui;
- una sanzione amministrativa, che prevede una sanzione pecuniaria di importo compreso tra i 10.000 e i 50.000 euro, per l’omesso versamento di importi fino a 10.000 euro all’anno.
Calcolo contributi previdenziali – Domande frequenti
Nel calcolo dei contributi previdenziali, vengono presi in considerazione una serie di fattori: ecco di cosa si tratta.
I contributi previdenziali obbligatori sono quelli dovuti dal datore di lavoro che assume un dipendente: clicca per sapere come funzionano.
Il costo del singolo dipendente dipende da tutta una serie di elementi che permettono di calcolare i contributi previdenziali dovuti: ecco quali sono.
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