Perché in Italia si va in pensione “più tardi” rispetto al resto dell’Europa?
Quali sono i motivi per i quali in Italia si va in pensione più tardi rispetto ad altri Paesi europei? Analisi dei dati OCSE e dei possibili scenari pensionistici futuri.
Le attuali condizioni di pensionamento in Italia non sono particolarmente vantaggiose per i giovani, non solo perché l’età pensionabile è ben più elevata rispetto ad altri Paesi europei, ma anche analizzando i dati dal punto di vista reddituale.
Nel nostro Paese è oggi in vigore il sistema contributivo puro, che ha sostituito il sistema retributivo, nel quale l’assegno pensionistico veniva calcolato prendendo in considerazione le retribuzioni a fine carriera, generalmente più elevate rispetto a quelle iniziali.
Quali sono le cause di pensioni così basse che, alla lunga, anche se il costo della vita dovesse restare quello attuale, non faranno altro che acuire i problemi sociali? Quando potrà andare in pensione in Italia un giovane che ha iniziato a lavorare nel 2020, all’età di 22 anni? Analizziamo alcuni dati OCSE e facciamo delle riflessioni su una questione estremamente spinosa e di non facile risoluzione.
Quando potranno andare in pensione i giovani in Italia?
La tabella di seguito ha analizzato l’età nella quale potrà andare in pensione un giovane italiano che ha iniziato a lavorare nel 2020, all’età di 22 anni, mettendola a confronto con quella di altri Paesi europei.
Paese | Età pensionabile |
Danimarca | 74 anni |
Italia | 71 anni |
Portogallo | 69 anni |
Belgio | 67 anni |
Germania | 67 anni |
Grecia | 66 anni |
Francia | 66 anni |
Spagna | 65 anni |
Il dato si staglia in un contesto in cui le aspettative di vita aumentano e di conseguenza, anche il numero di pensionati ai quali pagare le pensioni. A un numero maggiore di pensionati, però, non corrisponde un incremento dei lavoratori.
Ci saranno, dunque, sempre meno contributi INPS, fattore aggravato ancor di più dal fatto che molti giovani hanno carriere discontinue, quindi non riescono a versare i contributi in modo continuativo.
L’Italia si colloca attualmente all’ottavo posto al mondo per aspettativa di vita media, la quale corrisponde a 84,2 anni – 86,1 per le donne e 82,1 per gli uomini. Non solo: è anche il Paese più anziano d’Europa. L’età media nazionale è, infatti, di 48 anni, contro i 44 anni europei.
Nei fatti, fino al 2045, la spesa per sostenere le pensioni sarà sempre più alta. Solo dopo tale anno sarà possibile ridurre pian piano tale spesa, con la scomparsa dei baby boomer, quindi del sistema solo retributivo, e la presenza del solo sistema pensionistico contributivo puro.
Prendendo in considerazione il periodo che va dal 2015 al 2065, le pensioni saranno comunque sempre più basse rispetto all’ultimo stipendio percepito. Favorire l’occupazione giovanile oggi – in particolar modo quella femminile – rappresenta un’urgenza alla quale prestare ascolto il prima possibile se non si vuole andare incontro a una crisi sociale certa e senza eguali.
Nel frattempo sono state incentivate diverse misure per incentivare gli over 65 a continuare a lavorare, cercando così, di ridurre il numero di pensionati attivi.
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Andare in pensione più tardi fa bene?
Se i dati non sono particolarmente incoraggianti e non lasciano sperare in un futuro più roseo, uno studio pubblicato su Cdc preventing chronic disease (nel 2015) sostiene che andare in pensione più tardi possa fare bene alla salute.
La ricerca è stata condotta su un campione di 83.000 persone, non prendendo in considerazione i lavori usuranti, per i quali la pensione anticipata ha indubbi benefici.
I soggetti campionati hanno manifestato un certo apprezzamento per il pensionamento tardivo, considerandolo utile per prevenire e combattere sia l’invecchiamento cognitivo sia l’isolamento sociale.
Lo stesso è stato affermato anche dalla Società italiana di gerontologia e geriatria, per la quale il pensionamento ha effetti negativi sulla salute. Nei primi 2 anni di pensione è stato infatti evidenziato un aumento di episodi cardiovascolari o depressivi con compreso tra il 2 e il 2,5%.
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