Concorso magistratura: il 50% dei candidati non consegna la terza prova
La terza prova scritta dell'esame di magistratura 2023 si è trasformata in una vera Caporetto: percentuale di abbandono alle stelle da parte dei candidati.
Il 17, 18 e 19 maggio 2023 si sono svolte a Roma le prove scritte del concorso per 400 posti di magistrato ordinario.
Come da prassi, l’esame prevede il superamento di 3 prove scritte e una successiva prova orale. Il primo giorno si sono presentati 7.374 candidati: la traccia era relativa ai contratti di deposito.
Le buste presentate alla fine della prova sono state 7.099, quindi si sono ritirati soltanto 235 aspiranti magistrati. Ben diverso è stato l’epilogo della terza prova, che ha visto il ritiro della metà dei partecipanti.
Terza prova scritta concorso magistratura 2023: il grande ritiro
Alla terza prova del concorso di magistratura 2023, che si è svolta lo scorso 19 maggio, si sono presentati 6.661 concorrenti. Di questi, 3.513 hanno scelto di ritirarsi e di non consegnare l’elaborato.
Il motivo è abbastanza comprensibile: i candidati possono tentare di superare il concorso di magistratura solo tre volte. Se vengono dichiarati non idonei in tre concorsi, non avranno più nessuna chance di intraprendere questo percorso.
A conti fatti, dunque, sono stati soltanto 3.147 i candidati che hanno deciso di consegnare la prova.
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Concorso magistratura 2023: rischio scritti “truccati”
Questo concorso non sarà ricordato solo per la “strage di candidati” alla terza prova, ma anche per i due indagati dalla Procura di Roma che hanno tentato di truccarlo – dei quali uno è un professore universitario con il ruolo di commissario all’ultimo concorso di magistratura, l’altro un candidato.
Francesco Lo Voi, procuratore di Roma, ha rivelato a proposito:
Stavano truccando il concorso in magistratura ordinaria rendendo riconoscibile il tema in una delle tre discipline, informando uno dei commissari del concorso del segno identificativo dello scritto.
Tale segno identificativo è stato però trasmesso per errore sul telefono di un altro commissario. La denuncia repentina ha permesso di identificare i protagonisti della vicenda e di avviare un procedimento penale. Per il professore truffaldino, il fatto rientra perfettamente nel reato di abuso di ufficio.
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