Violazioni del copyright e intelligenza artificiale: una sfida ancora aperta
Il proprietà della violazione del copyright derivante dall'utilizzo di un prodotto basato sull'AI è uno dei temi caldi dei nostri tempi: OpenAI sceglie di stare dalla parte dei propri clienti.
Durante la conferenza DevDay di OpenAI, la prima dedicata agli sviluppatori, sono state date alcune importanti comunicazioni. Da un lato, è emersa la situazione attuale di ChatGPT, prodotto di punta della società, che oggi vanta più di 100 milioni di utenti attivi.
Dall’altro, uno dei temi più interessanti tra quelli trattati – soprattutto per l’industria musicale – è legato al cosiddetto Copyright Shield. La società ha in pratica annunciato che difenderà i clienti che utilizzano ChatGPT nell’ipotesi in cui dovessero ritrovarsi a essere invischiati in vicende legali che hanno a che fare con la violazione del copyright.
Copyright Shield: come funzionerà
OpenAI è la mamma di ChatGPT, un prodotto basato sull’intelligenza artificiale, oggi utilizzato da milioni di utenti in tutto il mondo. Non stupisce, dunque, che la società abbia deciso di proteggere gli utenti – più nello specifico gli sviluppatori che hanno scelto di servirsi del suo prodotto più noto – nell’ipotesi di violazione di copyright.
In particolare, sarà sostenuto l’eventuale costo legale a carico di quei clienti che utilizzano le feature generalmente accessibili a chiunque, nei casi in cui dovessero essere querelati per violazione di proprietà intellettuale per un lavoro realizzato con un tool di OpenAI.
Alcune società che operano nel campo della musica rientrano tra i 2 milioni di sviluppatori che usano ChatGPT. Per esempio, Spotify utilizza la tecnologia di OpenAI per far funzionare la sua funzionalità DJ.
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Intelligenze artificiali vs Copyright
Le tecnologie che hanno alla base modelli di intelligenza artificiale generativa, in pratica, imparano dagli esempi e creano qualcosa di nuovo, che sia un pezzo di codice o un componimento musicale – comprensivo dell’eventuale testo che accompagna la musica.
Questa possibilità ha portato alla creazione di miliardi di e-book, canzoni, audio clip, registrazioni, opere d’arte e molto altro ancora, che sono stati messi a disposizione del pubblico del web.
Alcuni di questi esempi sono nel dominio pubblico, almeno nel caso di operatori come OpenAI. Altri, invece, prevedono il rispetto di una licenza, la quale richiede una semplice citazione, oppure una qualche forma di compenso.
La legalità dell’utilizzo di dati senza richiedere il permesso a chi ne detiene eventualmente la proprietà intellettuale è una questione che è stata ampiamente dibattuta nei tribunali. Quello che potrebbe mettere nei guai chi utilizza un prodotto come ChatGPT è di trovarsi di fronte, senza volerlo o rendersene conto, a un prodotto esattamente identico a uno già esistente.
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Violazione del copyright e AI: possibili soluzioni
Un recente sondaggio di Fortune ha messo alla luce che su 500 aziende, un terzo ammette che la proprietà intellettuale è una delle maggiori preoccupazioni che ha quando deve decidere se utilizzare l’AI oppure no.
Dai risultati di un altro sondaggio, è venuto fuori che 9 sviluppatori su 10 considerano un gran bel problema il copyright e la sua eventuale violazione. Ne tengono pertanto sempre conto quando devono lavorare con l’AI generativa.
Alcune società, come OpenAI, hanno così pensato di difendere i propri clienti da eventuali irregolarità e violazioni, mentre altre hanno semplicemente pubblicato delle policy in cui si esonerano da eventuali responsabilità.
Tra le società a prevedere un indennizzo c’erano già IBM, Amazon, Microsoft, Getty Images, Shutterstock e Adobe. Come loro, anche OpenAI ha scelto di stare dalla parte dei propri utilizzatori.
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