Settimana corta: in cosa consiste e perché è meglio
Ci sono alcune aziende in cui la settimana corta è già realtà: vediamo quali sono, in cosa consiste e quali benefici se ne possono trarre.
- Sono diversi i Paesi europei che hanno già sperimentato la settimana corta.
- I benefici riscontrati sono notevoli, non solo per i lavoratori, ma anche per l’ambiente.
- In Italia sono state avviate le prime sperimentazioni in materia, come per esempio quella di Intesa Sanpaolo.
La settimana corta non è altro che una settimana lavorativa di soli 4 giorni. Una proposta che, per i lavoratori stacanovisti che non riescono più a riconoscere il confine tra vita privata e lavoro, è pura follia. Eppure, in alcuni Paesi, è già realtà.
Le ore lavorative rimangono le stesse, ma i giorni si riducono fino a un massimo di 4. A che pro? I lavoratori potrebbero finalmente riuscire a ripristinare l’equilibrio tra il lavoro e le attività della vita quotidiana, riuscendo così a dare più spazio alla famiglia, agli amici e a sé stessi.
In Italia si discute molto di settimana corta, in un periodo molto particolare: quello in cui molte aziende stanno richiamando i propri dipendenti a lavorare nuovamente in ufficio, concedendo soltanto alcuni giorni di smart working al mese.
Quali potrebbero essere i benefici reali per le nostre vite e per le aziende? È vero che chi lavora in ufficio produce di più, o si tratta di una falso mito che i datori di lavoro continuano a propinarci? Quali sono i luoghi in cui la settimana corta è già stata applicata? Partiamo dagli albori, ovvero dalla nascita della settimana lavorativa di 5 giorni.
Settimana lavorativa: le origini
La settimana lavorativa “classica”, quindi quella da 5 giorni, nasce negli Stati Uniti, ad opera di Henry Ford, che la introdusse nella sua azienda modificando lo standard della settimana lavorativa di 6 giorni. La produttività aumenta grazie alla catena di montaggio: in meno ore si possono svolgere le stesse attività.
In seguito, il Congresso approvò la settimana lavorativa da 40 ore, decretando che chi lavorava per più di 40 ore a settimana avrebbe ricevuto gli straordinari. Era il 1940.
Le paghe crescono, così come i consumi e le tasse. La proposta di introdurre la settimana corta diventa sempre più apprezzata, a condizione, però, che gli stipendi rimangano gli stessi.
Arrivano le sperimentazioni in diversi Stati: nel Regno Unito 61 aziende la testano, lasciando identici gli stipendi dei lavoratori. Questi ultimi confermano una migliore qualità della vita, ma soltanto un terzo delle aziende coinvolte nei test sceglie di mantenere attiva la settimana corta.
Arrivano così i primi dubbi e perplessità. Per esempio, sono in tanti a chiedersi se sarebbe meglio cancellare dalla settimana il venerdì o il lunedì. Venerdì resta, attualmente, l’ipotesi vincente. Alcuni, però, propongono di spezzare la settimana, con un bel mercoledì libero.
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La settimana corta in Italia
Introdurre la settimana corta non è sicuramente un passaggio immediato e neanche è una soluzione che si potrebbe applicare alla stessa velocità in tutte le aziende. Una piccola realtà che propone servizi continuativi potrebbe trovarla un impedimento, mentre le aziende di maggiori dimensioni avrebbero bisogno di tempo per riuscire a coprire tutti gli spazi lavorativi. Per non lasciare slot vuoti, come si suol dire.
In Italia ci sarebbero non poche difficoltà. La prima, non indifferente, riguarda il rapporto indissolubile tra il numero di ore lavorate e la retribuzione percepita. Per logica, riducendo le ore si dovrebbero abbassare anche i compensi.
Il Governo ha comunque dato alle aziende carta bianca per introdurre la settimana corta, così sono nati i primi esperimenti:
- Intesa Sanpaolo ha lanciato la settimana di 4 giorni, aumentando il numero di ore giornaliere da 8 a 9. Sono inoltre stati dati ai lavoratori 120 giorni di smart working all’anno;
- UniAbita, azienda con sede a Cinisello Balsamo, in provincia di Milano, ha raggiunto un accordo con i sindacati: i lavoratori faranno turni più lunghi, ma lavoreranno 4 giorni invece di 5, percependo lo stesso stipendio.
Mirca Carletti, direttrice di UniAbita, ha dichiarato a proposito:
diventa tutto più semplice quando, come nel nostro caso, la maggioranza dei dipendenti è donna e il management è quasi del tutto femminile. C’è una sensibilità spiccata sui tema dei diritti della donna-lavoratrice e che ha toccato tutte le nostre dipendenti e i nostri dipendenti.
Perché la settimana corta?
Molte aziende che hanno già avuto modo di provare la settimana corta, hanno poi deciso di mantenerla in modo permanente perché non solo i dipendenti sembrano essere più felici, ma la produttività sarebbe effettivamente aumentata.
Il benessere dei lavoratori si ripercuote anche sulla riduzione del cosiddetto stress da lavoro correlato. Si riducono le malattie – fisiche e psicologiche – e, dunque, anche i giorni di assenza.
Un’indagine condotta da Eurofound ha rilevato che il 27,8% delle aziende europee ha dato ai propri dipendenti la possibilità di poter usufruire della settimana corta. La stessa è già ampiamente diffusa anche in:
- Giappone;
- Nuova Zelanda;
- Emirati Arabi Uniti.
Oltre ai vantaggi per la vita professionale ed extralavorativa dei lavoratori dipendenti, la settimana corta avrebbe anche un impatto positivo dal punto di vista ambientale, in quanto ridurrebbe il consumo di energia, oltre che, per esempio, l’utilizzo della macchina per andare al lavoro.
Eventuali svantaggi potrebbero invece essere legati a un’impennata del carico lavorativo nei 4 giorni in cui si lavora, con effetti stressanti e debilitanti anziché benefici.
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Settimana corta in Europa
Gli Stati europei non hanno una regolamentazione comune in merito all’orario lavorativo, quindi anche l’orario medio varia da nazione a nazione. La media europea è, attualmente, di 36,2 ore lavorative settimanali, ovvero 24 minuti in meno rispetto alla media del 2019.
Stando ai dati Eurostat del 2022, si lavora:
- 32,4 ore a settimana nei Paesi Bassi;
- 39,7 ore a settimana in Grecia e in Romania.
Questa media prende in considerazione i lavoratori con età tra i 20 e i 64 anni, sia part time sia full time. Dopo i Paesi Bassi, si lavora di meno in Austria (33,7 ore), Norvegia (34,1 ore), Danimarca e Germania (entrambe 34,6 ore).
La media italiana è di 36,2 ore a settimana. In Spagna, Francia e Regno Unito, invece, l’orario settimanale è rispettivamente di 36,5 ore, 36,2 ore (come l’Italia) e 36,4 ore (dati del 2019).
Ci sono poi anche degli Stati in cui si lavora più di 40 ore a settimana, ovvero la Turchia (42,9 ore nel 2020), il Montenegro (42,8 ore, sempre nel 2020) e la Serbia (42,3 ore).
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Settimana corta – Domande frequenti
No, la settimana corta in Italia non è stata introdotta da nessuna legge, ma sono state avviate le prime sperimentazioni.
La settimana corta è una settimana lavorativa formata da 4 giorni.
Tra i Paesi europei in cui si lavora di più troviamo la Turchia, il Montenegro e la Serbia.
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