Buoni pasto: come funzionano e a chi spettano
Come funziona l'erogazione dei buoni pasto in Italia, quali sono i soggetti ai quali spettano, quali supermercati li accettano e cosa fare in caso di scadenza.
- I buoni pasto costituiscono uno dei benefit aziendali.
- Permettono, ai lavoratori dipendenti che li ricevono, di ottenere bevande e prodotti alimentari corrispondenti al valore del buono negli esercizi convenzionati.
- Tali esercizi sono, in genere, supermercati, ristoranti e pub, ma non solo.
I buoni pasto – chiamati anche ticket restaurant – sono dei documenti (in formato cartaceo o elettronico) con cui chi li riceve ha accesso a un servizio sostitutivo di mensa.
Non rientrano nel trattamento retributivo in quanto rappresentano un’agevolazione di carattere assistenziale. Possono essere erogati dal datore di lavoro ai lavoratori dipendenti, oppure ai lavoratori con un rapporto di collaborazione (non necessariamente di tipo subordinato) negli orari di lavoro in cui sia prevista una pausa pranzo.
In questa guida saranno illustrati le diverse tipologie di buoni pasto esistenti, chi sono i soggetti che possono beneficiarne, cosa fare nel caso di buoni pasto scaduti e come funziona la tassazione.
Buoni pasto cartacei ed elettronici
Esistono due tipologie di buoni pasto:
- i buoni pasto cartacei, che hanno in genere un valore di circa 5 euro o poco più e che possono essere utilizzati sia per fare la spesa sia per mangiare presso un ristorante convenzionato. Sono costituiti da un blocchetto di buoni e si consegnano al momento del pagamento, come se fossero delle banconote;
- i buoni pasto elettronici, che funzionano esattamente come quelli cartacei, ma sono dematerializzati. L’importo viene infatti caricato ogni mese su una tessera magnetica da utilizzare al supermercato o al ristorante come se fosse una sorta di bancomat, per il quale non è necessario l’utilizzo di un PIN.
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Come sono fatti i buoni pasto cartacei
Sui ticket cartacei viene riportato:
- il codice fiscale o la ragione sociale del datore di lavoro e della società che lo ha emesso;
- il valore del buono, chiamato “valore facciale”;
- il termine di utilizzo;
- lo spazio in cui inserire la firma del lavoratore e la data di utilizzo, oltre che il timbro del luogo in cui è stato utilizzato;
- la dicitura “il buono pasto non è cedibile, né cumulabile oltre il limite di 8 buoni, né commercializzabile o convertibile in denaro; può essere utilizzato solo se datato e sottoscritto dal titolare”.
Nel caso dei ticket elettronici, i dati sopra riportati sono registrati direttamente sul supporto utilizzato per pagare. Alcune aziende scelgono poi di caricare i buoni pasto direttamente in busta paga, come importo aggiuntivo alla retribuzione del dipendente.
Non tutti i supermercati e i locali accettano i buoni pasto e ognuno può stabilire di accettarli soltanto per una determinata categoria di prodotti: in alcuni supermercati vengono infatti esclusi tutti i beni che non sono di tipo alimentare. Per conoscere se un supermercato accetta i buoni pasto, è sufficiente chiedere in cassa o leggere quanto riportato all’ingresso.
Leggi anche: “Di cosa si occupa l’avvocato del lavoro“.
Chi ha diritto ai buoni pasto
In Italia non esiste una normativa in base alla quale il datore di lavoro è obbligato a erogare i buoni pasto ai propri dipendenti. Per avere la certezza di averne diritto si consiglia sempre di controllare:
- il proprio CNNL di riferimento;
- il proprio contratto di assunzione, nel quale potrebbero essere stati inseriti come benefit aziendale.
Nel caso in cui fossero previsti, devono essere concessi:
- sia ai dipendenti a tempo indeterminato sia a quelli a tempo determinato;
- sia ai lavoratori full time sia ai part time, anche nei casi in cui il loro lavoro non preveda una pausa pranzo;
- a eventuali tirocinanti e stagisti;
- a discrezione dell’azienda, anche i lavoratori con contratto a progetto possono avere la possibilità di ricevere i ticket restaurant;
- i ticket non vengono di solito erogati ai lavoratori autonomi, neanche nei casi in cui non svolgano attività da remoto, ma si rechino ogni giorno presso la sede dell’azienda.
Per quanto riguarda il valore dei buoni pasto, l’importo minimo è di 2 euro, mentre quello massimo è di 8 euro. Nel Decreto del MISE 122/2017, articolo 4, lettera d, viene stabilito che i buoni pasto “non sono cedibili, né cumulabili oltre il limite di otto buoni, né commercializzabili o convertibili in denaro e sono utilizzabili solo dal titolare”.
Buoni pasto e tassazione
Fino al 2019 i buoni pasto erano soggetti a detassazione:
- fino a un importo di 5,29 euro nel caso dei buoni cartacei;
- fino a un massimo di 7 euro nel caso di buoni elettronici.
A partire dal 2020, la situazione è stata invertita e oggi è prevista una detassazione:
- fino a 4 euro per i buoni cartacei;
- fino a 8 euro per i buoni elettronici.
La Legge di Bilancio 2020 ha cercato di fare in modo che i ticket restaurant vengano utilizzati dai titolari effettivi – cosa che spesso non succede nel caso dei buoni cartacei – e di favorire l’utilizzo da parte delle aziende dei ticket elettronici.
Buoni pasto e vantaggi fiscali
Qual è il vantaggio dei buoni pasto? I buoni pasto non costituiscono reddito per il dipendente, ma sono esenti da tassazione solo per le soglie di esenzione indicate in precedenza, ovvero fino a 4 euro per i ticket cartacei e 8 euro per quelli elettronici.
Per gli importi eccedenti le cifre indicate sono pertanto previsti:
- i contributi INPS;
- la tassazione IRPEF.
Per quanto riguarda l’azienda che li acquista per distribuirli ai dipendenti, sono previsti alcuni vantaggi: avrà infatti diritto all’IVA al 4%. I benefici sono differenti:
- nel caso di liberi professionisti o ditte individuali è prevista una detrazione IVA al 10% e una detrazione del 75% del costo sostenuto per comprare i buoni pasto;
- nel caso di società è invece prevista l’IRES al 100% e la detrazione al 100% del costo sostenuto per i buoni pasto.
Cosa succede durante la maternità obbligatoria
La fase di maternità obbligatoria e quella di maternità anticipata vengono considerate alla stregua di ore di lavoro effettive, così come le ore di allattamento.
Per questo motivo le lavoratrici subordinate, del settore pubblico o privato, che sono solite ricevere un buono pasto, ne avranno diritto (sentenza 6 dicembre 2011 del Tribunale di Milano) anche:
- durante il congedo di maternità obbligatorio:
- durante il congedo di maternità anticipato.
- non sono previsti, invece, buoni pasto in occasione del congedo parentale.
Per quanto riguarda, invece, le ore di allattamento, la neo mamma ne avrà diritto solo se lavora almeno 6 ore al giorno.
Buoni pasto: cosa fare in caso di scadenza
I buoni pasto sono caratterizzati da una scadenza che di solito corrisponde all’ultimo giorno dell’anno solare.
Il termine di utilizzo viene sempre indicato sul blocchetto nel caso dei buoni cartacei e online nel caso in cui si disponesse di buoni elettronici, sul sito dell’azienda che ha erogati i ticket, e può essere verificato tramite l’utilizzo di username e password.
Il rimborso dei ticket restaurant scaduti non è sempre possibile e dipende in sostanza dagli accordi tra l’azienda e la società che si è occupata dell’emissione dei buoni pasto.
Basterà rivolgersi all’ufficio del personale della propria azienda per conoscere quali sono le procedure per la restituzione e il rimborso, nel caso in cui i ticket scaduti non fossero definitivamente inutilizzabili.
Buoni pasto – Domande frequenti
I buoni pasto spettano a diverse tipologie di lavoratori: scopri quali sono i contratti per i quali si possono ricevere.
I buoni pasto elettronici sono delle tessere dotate di banda magnetica, simili a un bancomat, sulle quali ogni mese il datore di lavoro carica l’importo dei buoni pasto che il dipendente potrà utilizzare.
Per conoscere se un supermercato o un ristorante accetta i buoni pasto elettronici è sufficiente chiedere in fase di pagamento o cercare in rete l’elenco di quelli convenzionati.
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