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La convivenza prematrimoniale rileva ai fini della quantificazione dell’assegno di divorzio?

La convivenza prima del matrimonio può essere rilevante ai fini del calcolo dell'assegno divorzile? Analizziamo la situazione attuale, i nuovi orientamenti giurisprudenziali e i possibili cambiamenti futuri.

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Con l’ordinanza n. 30671 del 18.10.2022, la Suprema Corte si è interrogata se il periodo di convivenza prematrimoniale rivesta o meno valore legale ai fini della quantificazione dell’assegno divorzile.

La legge divorzile non contempla l’eventuale convivenza prematrimoniale tra i criteri legali per la determinazione dell’assegno di divorzio.

Difatti l’art. 5 della legge sul divorzio (legge 1.12.1970 n. 898) prevede che l’assegno debba essere quantificato dal Tribunale “in rapporto alla durata del matrimonio”, tenendo conto delle condizioni e dei redditi dei coniugi e del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune.

Nondimeno si ritiene, da più parti, che un eventuale periodo di convivenza prematrimoniale, specie se protrattosi per molti anni e caratterizzato dalla reciproca assistenza, debba essere tenuto in debita considerazione ai fini della liquidazione della misura dell’assegno.

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Quantificazione assegno divorzile: la convivenza ha valore?

Nel caso di specie, la Corte d’appello distrettuale aveva determinato l’assegno facendo riferimento esclusivamente ai criteri indicati nella suddetta norma, ponendo l’accento sulle disponibilità economiche del soggetto onerato e sulla durata legale del matrimonio, ma escludendo ogni valutazione in merito al periodo di convivenza more uxorio vissuto dalla coppia prima di legalizzare l’unione.

La ricorrente criticava, tuttavia, questa impostazione, deducendo che il giudice del merito si era attenuto al mero dato letterale della prescrizione normativa, e cioè alla sola durata del matrimonio, senza dare alcun rilievo al periodo antecedente alla formale coniugio.

Nel caso al vaglio della Corte tale periodo di convivenza si era protratto per sette anni ed era stato caratterizzato da una stabilità affettiva, oltre che dall’assunzione spontanea di reciproci obblighi di assistenza.

La Suprema Corte, investita della questione, ha rilevato che la convivenza prematrimoniale è un fenomeno di costume che è sempre più radicato nei comportamenti della nostra società, cui si affianca un accresciuto riconoscimento dei legami di fatto intesi come formazioni familiari e sociali di tendenziale pari dignità rispetto a quelle matrimoniali.

Da questo punto di vista il riconoscimento di una certa sostanziale identità, dal punto di vista della dignità sociale, tra i due fenomeni di aggregazione affettiva rende meno coerente il mantenimento di una distinzione fra la durata legale del matrimonio e quella della convivenza.

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Convivenza prematrimoniale e assegno divorzile: ultimi sviluppi e orientamenti

La stessa evoluzione giurisprudenziale si è fatta interprete di questo cambio di costume prevedendo, entro certi limiti, il diritto alla conservazione dell’assegno divorzile anche nel caso di instaurazione di una nuova convivenza (Cass. Sezioni Unite 5.11.2021 n. 32198).

Non del tutto dissimile è la possibilità di tener conto anche del periodo di convivenza prematrimoniale, cui sia seguito il vero e proprio matrimonio, successivamente naufragato, ai fini della determinazione dell’assegno divorzile.

Con la suddetta pronuncia la Corte ha pertanto ritenuto la questione di massima importanza chiedendo l’assegnazione alle Sezioni Unite per la relativa soluzione.

È dunque possibile che si approdi a un orientamento che consenta di scrutinare anche il periodo di convivenza anteriore al matrimonio formalizzato ai fini della quantificazione dell’assegno divorzile.

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Iacopo Squillante
Avvocato Tributarista
Avvocato Cassazionista e patrocinante avanti le Giurisdizioni Superiori. Custode Giudiziario e professionista delegato alle vendite presso il Tribunale di Roma.
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