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False partite IVA: cosa sono e come riconoscerle

Negli ultimi anni ha preso sempre più piede il fenomeno delle cosiddette false partite IVA: ecco di cosa si tratta e come si denuncia.

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  • La partita IVA con monocommittente non è vietata in Italia. 
  • Tuttavia, ci sono alcuni casi in cui il lavoro autonomo si trasforma, di fatto, in lavoro subordinato
  • È così che nascono le false partite IVA, per le quali sono previste delle sanzioni di tipo pecuniario. 

Di false partite IVA si sente parlare da diverso tempo. Pensateci: almeno una volta nella vita vi sarà capitato di parlare con qualcuno e sentirvi dire Ho la partita IVA, ma vado in ufficio tutti i giorni, 8 ore al giorno

In questi casi si può effettivamente parlare di presunzione di lavoro subordinato: si perde, infatti, una delle caratteristiche fondamentali di chi è in partita IVA, ovvero l’assenza dell’obbligo di recarsi sul posto di lavoro tutti i giorni. 

Come si dimostra, in simili ipotesi, un effettivo rapporto di lavoro subordinato, ovvero una partita IVA falsa? Esiste un obbligo di assunzione in determinate circostanze? Si può denunciare? Chi rischia di dover pagare una sanzione, il lavoratore o il datore di lavoro? 

Considerato che situazioni del genere possono verificarsi nei contesti più disparati – dallo studio privato di ingegneri o architetti alla Pubblica amministrazione – analizziamo insieme la normativa in vigore e quali sono le conseguenze previste per la partita IVA fittizia

Falsa partita IVA e Jobs Act

La falsa partita IVA è riscontrabile quando un lavoratore autonomo è impiegato alla stregua di un lavoratore dipendente, quindi se lavora in modo stabile con una sola azienda, ma nei fatti non è stato assunto con un contratto da dipendente. 

Questo significa tante cose, come per esempio che:

  • l’azienda non pagherà i contributi al lavoratore, essendo comunque un collaboratore in partita IVA;
  • il lavoratore non avrà diritto né alla ferie, né alla malattia professionale che invece spettano ai lavoratori dipendenti. 

La questione è stata trattata in primo luogo dalla legge Fornero – Legge n. 92/2012 – e in seguito dal Jobs Act. È stata così introdotta una presunzione legale per la quale, in presenza di alcuni indici, il lavoro autonomo può essere considerato a tutti gli effetti lavoro subordinato a tempo indeterminato. 

Il Jobs Act ha revisionato quando previsto dalla legge Fornero inserendo il concetto di “etero-organizzazione”: ci sono alcune circostanze nelle quali la partita IVA potrebbe essere considerata fittizia. 

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Differenza tra lavoro autonomo e lavoro subordinato

Prima di continuare, ci teniamo a ricordare quali sono le differenze più palesi tra il lavoro autonomo e quello subordinato. La legge inquadra il lavoro autonomo come contratto d’opera (art. 2222 e successivi cc) o come contratto d’opera intellettuale (art. 2230 e successivi cc).

Il lavoratore ha totale autonomia per quel che riguarda i modi, tempi e modalità di esecuzione della prestazione d’opera. Non è tenuto a rispettare un orario lavorativo né essere sottoposto a controllo da parte del committente. 

Un lavoratore autonomo deve rispettare eventualmente delle scadenze previste per la consegna dei lavori che gli sono stati affidati. Come farlo è una sua decisione. Potrebbe anche decidere di lavorare di notte, se gli fa più comodo. Nessuno potrebbe impedirglielo. 

Dall’altro lato della barricata c’è lui, il lavoratore subordinato, il quale sottoposto a un potere direttivo, organizzativo e di controllo da parte del suo datore di lavoro. Ha una serie di obblighi contrattuali che lo vincolano, come quello di presentarsi sul posto di lavoro, rispettandone l’orario. 

La subordinazione implica un lavoro ripetitivo, con una paga fissa, la necessità di dover chiedere un permesso per assentarsi e di dover giustificare tutte le assenze – pena la possibilità di poter perdere il lavoro

Ai sensi dell’art. 2094 cc il lavoratore subordinato è

chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore.

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Falsa partita IVA e presunzione lavoro subordinato 

La presunzione legale accennata nelle righe precedenti non è valida in alcuni casi, come per esempio per:

  1. le attività intellettuali che prevedono l’iscrizione a un Albo;
  2. quelle che hanno un reddito minimo fissato dalla legge;
  3. le prestazioni per le quali sono necessarie elevate competenze teoriche o capacità tecnico-pratiche.

La presunzione legale prevede che l’azienda dovrà fornire un onere della prova, ovvero dimostrare che il lavoratore autonomo in partita IVA non lavori in modo continuativo e coordinato, come se fosse un dipendente. 

In mancanza di tale prova, un giudice o un organo ispettivo possono procedere con l’applicazione delle sanzioni previste dalla legge e con la riqualificazione del rapporto di lavoro.

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Partita IVA falsa: i criteri

Sulla base di quanto previsto per legge, si ha una falsa partita IVA quando:

  1. la collaborazione con lo stesso committente ha una durata pari a 8 mesi per due anni consecutivi. Come chiarito dallo stesso Ministero del lavoro, il periodo di analisi deve corrispondere a un minimo di 241 giorni;
  2. se il fatturato annuo del lavoratore autonomo deriva per l’80% dallo stesso committente, nel corso di 2 anni solari consecutivi;
  3. il lavoratore goda anche di una postazione fissa di lavoro presso la sede lavorativa del committente. 

La falsa partita IVA, dunque, vive lo schema lavorativo di un qualsiasi dipendente, caratterizzato dalla continuità, dal trovarsi all’interno di un’organizzazione e dal dover rispettare degli orari fissi, che generalmente richiedono anche la presenza fisica in ufficio. 

Partita IVA monocommittente: è vietata?

Per non fare confusione, vogliamo subito chiarire una questione: avere la partita IVA e lavorare per un solo committente non è vietato dalla legge. È possibile farlo, però, soltanto in determinati casi.

Per esempio, possono farlo:

  • i professionisti che hanno un albo professionale, come gli avvocati;
  • i rapporti di collaborazione stabiliti dai contratti collettivi nazionali;
  • i lavoratori di una ADS, associazione sportiva e dilettantistica riconosciuta dal CONI;
  • chi è membro di organi di amministrazione e controllo dell’ azienda;
  • i soggetti in possesso di prestazioni certificate in base ai requisiti di legge, come chi lavora per una Provincia o l’Università. 

Nelle altre casistiche, chi lavora per un solo committente potrebbe essere considerato una falsa partita IVA: per la presunzione di subordinazione, il datore di lavoro potrebbe essere obbligato ad assumere il lavoratore e a pagare delle sanzioni pecuniarie. 

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False partite IVA e riqualificazione lavorativa

In caso di controlli per falsa partita IVA, gli organi ispettivi potrebbero riqualificare l’attività lavorativa da autonoma a subordinata. Sarà necessario stilare un verbale unico di accertamento da inviare all’INPS e all’INAIL al fine di recuperare i contributi e applicare le sanzioni amministrative previste. 

In molti casi, comunque, spesso si procede unicamente con il riconoscimento di una sorta di risarcimento per il lavoratore autonomo, ma non nella sua conversione in lavoratore dipendente. 

Data la varietà della situazioni che si potrebbero verificare, qualora ti dovessi trovare in una situazione difficile in qualità di lavoratore con la partita IVA, trattato come un dipendente, potrebbe esserti utile fare una chiacchierata con un avvocato del lavoro

Partita IVA falsa – Domande frequenti

Quando il lavoro autonomo diventa subordinato?

Lavoro autonomo e subordinato presentano caratteristiche ben distinte: le abbiamo illustrate nella nostra guida sulle false partite IVA

La partita IVA con monocommittenza è sempre vietata?

No, ci sono alcuni casi in cui la legge lo permette: scoprili nella nostra guida sulle false partite IVA

In caso di falsa partita IVA mi possono sanzionare?

La legge prevede che se un lavoratore autonomo viene trattato come un dipendente, quindi è una falsa partita IVA, è il datore di lavoro che potrebbe subire controlli e sanzioni. 

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Maria Saia
Esperta di diritti delle donne
Ha respirato per più di 20 anni la stessa aria di Falcone e Borsellino e ne condivide, ancora oggi, il sogno utopico di un mondo senza mafie e ingiustizie. Non a caso, “È la giustizia, non la carità, che manca nel mondo” è una delle sue citazioni preferite. Su deQuo, scrive di bonus e agevolazioni statali e di diritti della persona - in particolare, di diritti delle donne.
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