Danneggiamento seguito da incendio: come viene punito?
Il nostro codice penale, all’art. 424, prevede una particolare fattispecie criminosa: il danneggiamento al quale, però, deve seguire un incendio o almeno il pericolo che un incendio si possa verificare. Se non vi sarà quantomeno il pericolo di incendio, il soggetto agente sarà punito soltanto per il reato di danneggiamento previsto dall’art. 635 c.p. Esaminiamo le diverse figure criminose.
- Il danneggiamento seguito da incendio è disciplinato dall’art. 424 del codice penale.
- La condotta punita è quella di chi con la volontà di danneggiare un bene, appicca un fuoco.
- Per il perfezionamento dell’evento non può farsi riferimento al concetto generico di fuoco, giacché l’incendio si verifica soltanto se il fuoco divampa irrefrenabilmente, in vaste proporzioni, con potenza distruttrice, così da porre in pericolo l’incolumità di un numero indeterminato di persone.
L’art. 424 c.p. regola il reato di danneggiamento seguito da incendio, caratterizzato dall’elemento soggettivo del dolo specifico, ovvero nel consistente voluto impiego del fuoco al solo scopo di danneggiare, senza la previsione che ne deriverà un incendio, tanto è che la pena prevista dal Legislatore è ridotta da un terzo alla metà rispetto a quella prevista per il reato di incendio. Non è suscettibile di essere ipotizzato in forma tentata, perché, il tentativo è incompatibile con i reati di pericolo. Analizziamolo.
Danneggiamento seguito da incendio: di cosa si tratta
Il danneggiamento seguito da incendio è previsto dall’art. 424 del Codice Penale, all’interno del Titolo VI tra i delitti contro l’incolumità pubblica.
L’articolo, infatti, prevede che:
Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste nell’articolo 423 bis al solo scopo di danneggiare la cosa altrui, appicca il fuoco a una cosa propria o altrui è punito, se dal fatto sorge il pericolo di un incendio, con la reclusione da sei mesi a due anni.
Se segue l’incendio, si applicano le disposizioni dell’articolo 423, ma la pena è ridotta da un terzo alla metà.
Se al fuoco appiccato a boschi, selve e foreste, ovvero vivai forestali destinati al rimboschimento, segue incendio, si applicano le pene previste dall’articolo 423 bis.
In pratica, viene punita la condotta di chi, con la volontà di danneggiare un bene, appicca un fuoco. Da quell’azione deve, però, derivare un incendio o il pericolo che si propaghi un incendio.
Il primo comma disciplina l’ipotesi in cui sia sorto solo il pericolo dell’incendio, e infatti la pena prevista è la reclusione da sei mesi a due anni, mentre se effettivamente si verifica l’incendio, il secondo comma prevede che si applichino le disposizioni dell’articolo 423, che prevede e sanziona l’incendio con la reclusione da tre a sette anni, ma la pena sarà ridotta da un terzo alla metà.
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Qual è la differenza con il reato di danneggiamento (art. 635 c.p.)
Il delitto di danneggiamento è un reato volto a tutelare il patrimonio, in relazione sia alle cose mobili che immobili; ed è questa la prima importantissima differenza con il reato di danneggiamento seguito da incendio, che è invece un reato contro l’incolumità pubblica.
Il reato previsto dall’art. 424 c.p., di danneggiamento seguito da incendio, richiede l’elemento costitutivo del pericolo di incendio, motivo per cui non è ravvisabile il reato se il fuoco appiccato ha caratteristiche tali per cui non potrà sorgere detto pericolo, ma sia solo un fuoco che potremmo definire innocuo perché non mette in pericolo incolumità pubblica.
In questa ultima eventualità, è configurabile il reato di danneggiamento, un reato contro il patrimonio, mentre se sorge anche il solo pericolo di incendio, e quindi il fuoco divampa irrefrenabilmente, in vaste proporzioni, con potenza distruttrice, così da porre in pericolo l’incolumità di un numero indeterminato di persone (Cass. Sez. 1, 14263/2017), il delitto contro il patrimonio diventa più propriamente un delitto contro la pubblica incolumità e trovano applicazione, rispettivamente, gli articoli 423 e 424 (Cass. Sez. 2, 47415/2014).
Cos’è l’incendio boschivo
È esclusa la punibilità ai sensi dell’art. 424 c.p. per chi “cagiona un incendio su boschi, selve, foreste o zone di interfaccia urbano-rurale ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento, propri o altrui…”, perché il Legislatore ha previsto una fattispecie criminosa autonoma prescritta dall’art. 423 bis c.p. che è “l’Incendio boschivo“. È una ipotesi speciale del reato di incendio ex art. 423 c.p., dal quale si differenzia per l’oggetto materiale della condotta; non è una circostanza aggravante, ma una ipotesi autonoma di reato al fine di fronteggiare in modo più rigoroso i danni prodotti dai piromani.
Tale reato prevede che:
Chiunque cagiona un incendio è punito con la reclusione da tre a sette anni. La disposizione precedente si applica anche nel caso di incendio della cosa propria, se dal fatto deriva pericolo per l’incolumità pubblica.
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Cosa cambia rispetto al reato di “Incendio” (art 423 c.p.)
Ciò che viene tutelato dalla norma è, ancora una volta, non il patrimonio come nel caso di danneggiamento, ma la messa in pericolo di un numero indeterminato di persone, per la potenzialità delle condotte aggressive a proiettare i propri effetti, oltre alla incolumità degli individui minacciati o colpiti.
Il discrimine tra il reato di danneggiamento seguito da incendio e quello di incendio è costituito dall’elemento psicologico del reato. Nell’ipotesi prevista dall’art. 423 c.p. esso consiste nel dolo generico, cioè nella volontà di cagionare un incendio, inteso come combustione di non lievi proporzioni, che tende ad espandersi e non può facilmente essere contenuta e spenta.
Invece, il reato di cui all’art. 424 c.p. è caratterizzato dal dolo specifico, consistente nel voluto impiego del fuoco al solo scopo di danneggiare, senza la previsione che ne deriverà un incendio con le caratteristiche prima indicate o il pericolo di siffatto evento, tanto è che la pena prevista dal Legislatore è ridotta da un terzo alla metà.
Pertanto, nell’ipotesi in cui l’agente, pur proponendosi di danneggiare la cosa altrui, ha realizzato, per i mezzi usati e per la vastità e le dimensioni del risultato raggiunto, un incendio di proporzioni tali da mettere in pericolo la pubblica incolumità, deve rispondere del delitto di incendio doloso (Sez. 1, 14/03/1995, n. 4506, Baldo; Sez. 5,n. 1697 del 25/09/2013, Rv. 258942) e non già del meno grave reato di danneggiamento seguito da incendio (Cassazione penale sez. I, 17/05/2019, n. 29294).
Il delitto di cui all’art. 424, primo comma, non è suscettibile di essere ipotizzato in forma tentata, perché, è incompatibile con i reati di pericolo.
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Procedibilità e competenza
Per il reato di danneggiamento seguito da incendio è competente il Tribunale in composizione monocratica. Non è prevista l’applicazione di un misura cautelare relativamente alla condotta prevista dal primo comm,a mentre è prevista se si verifica l’incendio. Il reato è procedibile d’ufficio, quindi senza la necessita di sporgere querela.
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