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Il nuovo reato di femminicidio in Italia nel Codice penale: cosa prevede il disegno di legge approvato in Senato

Ergastolo e celerità. Sono queste le parole chiave della nuova legge sul femminicidio, approvata dal Consiglio dei Ministri e ora al vaglio del Senato.

legge sul femminicidio in italia
  • Il nuovo reato di femminicidio punisce chiunque cagioni la morte di una donna, in quanto tale, quando il fatto è commesso come atto di discriminazione o di odio.
  • Il numero di reati di femminicidio è pressoché costante in Italia ed Europa.
  • Sulla repressione del femminicidio, i Paesi europei si muovono in ordine sparso, prevedendo, in alcuni casi, un reato specifico, in altri, una mera circostanza aggravante.

Il 23 luglio 2025, l’attuale Governo è giunto a un punto di svolta atteso da anni in tema di reati c.d. di genere, che riguardano, nello specifico, le donne.

In linea con gli obblighi assunti dall’Italia in sede di ratifica della convenzione di Istanbul e in ossequio agli impegni previsti in ambito unionale con la Direttiva (UE) n. 1385/2024, il Senato della Repubblica ha approvato lo schema di disegno di legge, recante l'”Introduzione del delitto di femminicidio e altri interventi normativi per il contrasto alla violenza nei confronti delle donne e per la tutela delle vittime”.

Si tratta di un provvedimento che, oltre a prevedere la punibilità del delitto contro la donna in quanto tale, modifica sensibilmente il Codice Rosso, introducendo anche una serie di misure volta all’attuazione immediata della difesa e della tutela delle vittime.

A questo punto ci siamo arrivati dopo un lungo cammino, che spesso ha incontrato importanti battute di arresto, mentre nel nostro Paese e non solo, continuavano a consumarsi quasi tutti i giorni violenze e atti omicidiari, perpetrati nei confronti delle donne. Vediamo quali prospettive si aprono da questo momento.

Il femminicidio in numeri

Che il numero dei femminicidi sia allarmante è un dato di fatto e ciò non necessariamente perché vengano commessi più reati che riguardano le donne rispetto al passato (dato difficile da verificare), ma probabilmente perché, negli ultimi anni, complice la maggiore attenzione e consapevolezza, sono fortunatamente emersi fatti di violenza, denunciati dalle vittime.

Ciò nondimeno, si ha sempre più la percezione di un netto aumento di tale fenomeno, indipendentemente da un confronto con il passato. In Italia, vi sono diversi studi di raccolta di dati sui femminicidi. Fra questi, si annovera il Servizio Analisi Criminale, istituito presso la Direzione Centrale della Polizia Criminale, il quale predispone un’analisi mensile di tutti gli episodi delittuosi, riconducibili alla violenza di genere.

Nei report periodici sono registrati i reati di omicidio volontario e, nell’ambito di tale categoria, è indicato il numero delle vittime di reati genere femminile, consumati, in particolare, in ambito familiare. Tali dati, relativi a una determinata mensilità, sono poi confrontati con quelli dati raccolti in riferimento alla stessa mensilità dell’anno precedente, al fine di ricostruire un trend, necessario per comprendere eventuali falle del sistema – e correggerle.

L’ultimo documento pubblicato riguarda il mese di febbraio ed evidenzia una minima diminuzione degli omicidi in generale (da 27 a 20) e un conseguente calo anche del numero delle vittime di genere femminile, che da 9 scendono a 3. Nell’ambito della violenza nei confronti delle donne, lo scorso mese è stata registra una diminuzione. Ma c’è un dato certo che rimane pressoché costante: la maggior parte dei reati di femminicidio è commessa in un contesto familiare o affettivo.

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I dati di femminicidio in Europa

La situazione di allarme sociale non è solo italiana. Anche in Europa la violenza di genere è un fenomeno preoccupante. Effettuare un confronto con gli altri Stati membri è tuttavia complicato, perché i sistemi di raccolta dei dati variano tra i Paesi dell’Unione europea e si basano su varie e diverse fonti.

Per ovviare a tale difficoltà, in ambito unionale è stato istituito l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE). Si tratta di un’agenzia con il compito di predisporre studi e analisi, sulla base di dati e informazioni, volti a raccogliere e analizzare il contesto sociale al fine di “fotografare” la situazione in merito alla parità di genere in una prospettiva intersettoriale.

Tale istituto, sulla base di specifici indici, ha rilevato come, a partire dal 2014, a eccezione di un modesto calo registrato nel 2017, il numero degli omicidi da parte di un partner intimo è sostanzialmente rimasto stabile.

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Quando il femminicidio è diventato reato in Italia?

Un primo passo verso la repressione del reato di omicidio di una donna e, in generale, degli atti di violenza, si è registrato soltanto pochi anni fa, con l’introduzione della legge comunemente nota come Codice Rosso (Legge 19 luglio 2019, n. 69). L’importanza di tale intervento legislativo è essenzialmente riconducibile al fatto che ha colmato un ingiustificato vuoto normativo, mediante l’introduzione di nuove fattispecie delittuose.

Tali delitti – quali il reato di diffusione illecita di immagini sessualmente esplicite, il reato di costrizione o induzione al matrimonio e il reato di deformazione – fino a qualche anno fa, in mancanza di una previsione ad hoc, difficilmente trovavano la giusta repressione, in ragione della specificità delle condotte previste.

Il Codice Rosso è intervenuto sensibilmente anche su un aspetto di non poco conto, probabilmente il più significativo, ovvero la previsione di tempistiche più rapide per mettere in atto le tutele necessarie al caso per le vittime di reati di genere. Dalla acquisizione della notizia di reato da parte delle Forze dell’ordine alla informativa a favore del PM, trascorrono al massimo 3 giorni per chiedere una misura urgente di protezione per la vittima. 

Le misure a tutela delle vittime, seppur non complete, oggi ci sono e consentono una importante protezione, se attivate correttamente e per tempo. Ed è per questo motivo che, in casi simili, può essere fondamentale rivolgersi a un avvocato competente in materia penale. Conoscere, davvero, i propri diritti è il primo passo per vederli applicati.

reato di femminicidio

Il ddl sul femminicidio: l’art. 577-bis del Codice penale

Sebbene il termine femminicidio, anche in contesti istituzionali, sia utilizzato da anni per indicare l’omicidio di una donna in quanto tale, fino allo scorso marzo mancava nel nostro ordinamento una previsione normativa del reato. 

Dopo decenni in cui si assiste a una contrapposizione fra le forze politiche, l’Italia, per rispettare gli impegni assunti in ambito unionale, è in fase di introduzione del reato di femminicidio, che nell’attuale schema del disegno di legge, dovrebbe essere previsto all’art. 577-bis c.p

Tale norma, nel riprendere quasi pedissequamente la definizione contenuta nella Convenzione di Istanbul, punisce chiunque cagiona la morte di una donna, quando il fatto è commesso come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna o per reprimere l’esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l’espressione della sua personalità.

Il delitto è punito con la pena dell’ergastolo e, in caso di concorso di una singola circostanza attenuante, con una pena non inferiore ai 24 anni di reclusione.

Si tratta di una fattispecie delittuosa autonoma rispetto al reato di omicidio, da cui si distingue per connotazione psicologica della condotta di odio verso la donna in quanto tale.

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Il nuovo reato di femminicidio è incostituzionale?

Sono in molti a essersi posti importanti dubbi di legittimità costituzionale a proposito del nuovo reato. L’introduzione di un reato che punisce l’omicidio di una donna in quanto tale, seppur percepito dai più come necessario in considerazione dell’elevato numero di vittime, sotto un profilo strettamente giuridico presta il fianco a perplessità di non poco conto circa il rispetto dei principi costituzionali – primo fra tutti (ma non il solo) il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione.

Ciò in considerazione del fatto che già esiste nel nostro ordinamento una norma giuridica che punisce il reato di omicidio e l’eventuale aggravante se commesso per motivi abbietti o futili, come la discriminazione o l’odio di genere

È evidente, secondo un nutrito indirizzo interpretativo, che introdurre un reato di omicidio autonomo e che riguardi il solo genere femminile, rischia di mettere in discussione la coerenza del sistema penale, creando un precedente tale da giustificare la distinzione fra le vittime, in base al sesso.

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Cosa cambia ora che il femminicidio è un reato

Sono numerose le critiche arrivate, in particolare dall’opposizione, sul fatto che non basta un nuovo reato penale per cambiare le cose e portare a una riduzione improvvisa del numero di femminicidi. Servono programmi di educazione e rieducazione all’affettività e al rispetto della donna.

Il nuovo provvedimento, comunque, ha incluso altre novità, tra le quali possiamo citare:

  • un aumento delle pene per alcuni reati commessi con modalità riconducibili al femminicidio, quali maltrattamenti in famiglia, stalking, violenza sessuale;
  • la previsione di una rete di supporto, anche legale, per le vittime;
  • l’accesso di centri antiviolenza per minori (fino a 14 anni), anche senza il consenso dei genitori;
  • la modifica della legge sugli orfani di femminicidio, con l’inclusione delle relazioni affettive tra autore e vittima non conviventi;
  • campagne di sensibilizzazione nelle scuole.

In aggiunta, ogni anno, il Ministro della Giustizia sarà tenuto a presentare una relazione sul femminicidio, nella quale dovranno essere riportati dati specifici sul tema, in modo tale da misurare quanto la norma abbia avuto un impatto effettivo sulla realtà.

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Dove esiste il reato di femminicidio in Europa

L’Italia non è certamente il primo Paese ad aver introdotto il reato di femminicidio, ma non è neanche l’ultimo. In ogni caso, in tutti gli Stati membri è ormai avviato da tempo il dibattito circa la necessità e la possibilità di introdurre un reato ad hoc contro il genere femminile. 

I primi Paesi ad avere previsto il reato di femminicidio, autonomo rispetto al più generale reato di omicidio, sono stati Malta, Cipro e il Belgio, i quali, già da qualche anno, hanno criminalizzato il femminicidio in quanto tale.

Merita un accenno a parte quanto fatto, a oggi, in Belgio, ove da qualche anno è entrata in vigore una legge che individua diverse tipologie di omicidio di una donna distinte in base al rapporto della vittima con il soggetto attivi autore del reato. Si verifica infatti un:

  1. femminicidio intimo, se commesso nei confronti della propria moglie o compagna;
  2. femminicidio non intimo, cioè l’omicidio perpetrato da una persona senza legame stretto con la vittima;
  3. oppure, in base alla modalità con le quali è realizzata la violenza, si parla di femminicidio diretto se l’atto riguarda organi genitali femminili, o di genere se, invece, è perpetrato nei confronti di un o una transgender.

Altri Stati, come Grecia, Serbia, Francia, Austria, Germania e Francia, a oggi non hanno ancora previsto il reato di femminicidio. In alcuni Paesi europei è stata adottata una soluzione di mezzo: la violenza di genere è contemplata non come fattispecie autonoma di reato ma come circostanza aggravante. Ciò significa che l’omicidio di una donna in quanto tale comporta l’applicazione di una pena più severa.

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Avv. Debora Mirarchi
Esperta in diritto tributario
Laureata all’Università di Bologna, sono iscritta all’Ordine degli Avvocati di Milano dal 2012. Negli anni, ho collaborato con studi operanti nel settore tributario, acquisendo una significativa esperienza nella consulenza nazionale e internazionale, con focus in materia di fiscalità. Unitamente all’esercizio della professione, ho coltivato la passione per la scrittura, collaborando, in qualità di autrice, con le principali riviste specialistiche di settore.
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