Quanto costa una lettera di diffida dell’avvocato?

Gli accordi di non divulgazione, o “non-disclosure agreement”, mancano ancora oggi di un utilizzo del tutto consapevole in Italia, nei rapporti tra aziende, nonostante un largo impiego nelle realtà di matrice anglosassone e l’approvazione, già nel 2005, del codice della proprietà industriale, più volte aggiornato.
Si rinviene, tuttavia, un’ampia giurisprudenza, con riferimento ai casi di storno di clientela, violazione di regole in tema di lealtà commerciale e segretezza delle informazioni.
È utile valorizzare l’ambito di applicazione di queste tipologie di accordi di protezione del know-how, soprattutto laddove non vi sia la possibilità di utilizzare la privativa industriale, ossia un diritto di esclusiva, quale strumento di tutela dei diritti della proprietà intellettuale (che copre marchi, brevetti, design, modelli e diritti d’autore in generale).
Anzitutto, è bene precisare che sussistono conoscenze brevettabili (come invenzioni a carattere tecnico, che siano suscettibili di applicazione industriale) e altre non brevettabili (ad esempio le scoperte, i contenuti informativi, i metodi di natura intellettuale), che, per essere tutelate, richiedono inevitabilmente accordi di segretezza.
Non sempre, peraltro, è possibile proteggere interamente alcuni contenuti, seppur in presenza di brevetti, come nel caso di informazioni relative all’organizzazione dell’impresa, al marketing e alla strategia finanziaria.
Di contro, non tutte le informazioni che circolano all’interno di un’azienda sono meritevoli di essere protette: bisogna individuare precisamente i dati rilevanti, suscettibili di valore economico, ossia portatori di un’utilità pratica, che, se diffusa, potrebbe costituire un vantaggio apprezzabile per le imprese concorrenti.
Non è necessario che quelle informazioni siano irraggiungibili, è sufficiente che, un più rapido reperimento, possa concretizzare un apprezzabile beneficio.
Potenziali firmatari degli accordi sono i fornitori, clienti, partner commerciali, nonché le reti di vendita, senza escludere i dipendenti, che possano entrare in contatto con le informazioni da proteggere.
L’importanza di conoscere e prevedere, negli accordi, ogni dettaglio utile all’individuazione delle informazioni, si riverbera sulle possibilità di successo, in una eventuale controversia, in modo che l’accordo si attagli alla propria realtà produttiva e commerciale.
In un potenziale giudizio, infatti, (sia esso volto a impedire che atti violativi degli accordi si ripetano, o a stabilire l’entità del danno) si dovrà valutare, oltre alla sussistenza di misure adeguate alla protezione delle informazioni (c.d. Policy interna), il tenore di tali informazioni, che non potranno essere descritte in modo generico.
Se, da un lato, la scelta di protezione del know-how presenta minori costi e assenza di limite temporale, rispetto al brevetto, dall’altro lato richiede maggior impegno nella prova della violazione, più complessa in sede di giudizio, per le ragioni sopra indicate.
Ecco perché risulta fondamentale predisporre adeguati accordi di segretezza, a fini preventivi e di effettività della tutela, magari anche inserendo, quale soluzione della controversia, la clausola arbitrale, indubbiamente una prassi più costosa, ma più rapida.
In ogni caso, sarà necessario inserire una specifica clausola, che preveda quali siano la legge applicabile all’accordo e il Foro di competenza per eventuali controversie.