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L’espressione presunzione di innocenza viene utilizzata per indicare un procedimento giuridico in cui l’imputato non potrà essere considerato colpevole fino a quando non si verificherà la condanna definitiva.
Il principio è presente nella Costituzione italiana, ma lo si trova anche nella Cedu, ovvero la Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Vediamo tutto quello che c’è da sapere in merito con riferimento alla differenza tra la presunzione di innocenza come regola di giudizio e come regola di trattamento.
Nell’articolo 27 comma 2 della Costituzione della Repubblica italiana si legge che “L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”. Per questo motivo, la presunzione di innocenza viene anche chiamata “principio di non colpevolezza”.
I primi a teorizzarla furono Pietro Verti e Cesare Beccaria, nel XVIII secolo. Qual è il momento in cui una sentenza diventa definitiva e, di conseguenza, la presunzione di innocenza perde di validità?
Una sentenza penale di condanna può considerarsi definitiva:
Nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in particolare all’articolo 6 comma 2, viene stabilito che “Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata”.
Ai sensi di quanto stabilito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, nella sentenza Telfner contro Austria, la presunzione di innocenza può ritenersi violata qualora l’onere della prova sia invertito e gravi sulla difesa e non sull’accusa.
Ad ogni modo, per la Cedu la presunzione di innocenza non è assoluta, in quanto gli Stati membri hanno la possibilità di perseguire un fatto oggettivo e non sono vietate le presunzioni di fatto e di diritto.
La presunzione di innocenza può operare come regola di giudizio: in questo primo caso l’imputato sarà innocente fino a prova contraria. Questo significa che sarà esonerato dal fornire qualsiasi tipo di onere probatorio.
Al contrario, sarà l’accusa a dover dimostrare la colpevolezza dell’imputato, fornendo delle prove che possano farlo condannare in modo certo. In mancanza di esse, l’imputato sarà prosciolto per il principio del dubio pro reo.
La presunzione di innocenza opera anche come regola di trattamento in quanto nel corso del giudizio non si potrà associare l’imputato al colpevole. A questo proposito, è bene precisare che nonostante fino all’emanazione della sentenza definitiva non si potrà considerarlo colpevole, al contempo sarà anche impossibile ritenerlo innocente. Questo limbo rende possibile l’eventuale applicazione di misure cautelari.
Il principio di presunzione di innocenza genera i seguenti effetti:
Riportiamo di seguito alcune sentenze della Corte di Cassazione sull’istituto della presunzione di innocenza.
“Per quel che concerne il significato da attribuire alla locuzione «oltre ogni ragionevole dubbio», presente nel testo novellato dell’art. 533 cod. proc. pen. quale parametro cui conformare la valutazione inerente all’affermazione di responsabilità dell’imputato, è opportuno evidenziare che, al di là dell’icastica espressione, mutuata dal diritto anglosassone, ne costituiscono fondamento il principio costituzionale della presunzione di innocenza e la cultura della prova e della sua valutazione, di cui è permeato il nostro sistema processuale.
Si è, in proposito, osservato che detta espressione ha una funzione meramente descrittiva più che sostanziale, giacché, in precedenza, il «ragionevole dubbio» sulla colpevolezza dell’imputato ne comportava pur sempre il proscioglimento a norma dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen., sicché non si è in presenza di un diverso e più rigoroso criterio di valutazione della prova rispetto a quello precedentemente adottato dal codice di rito, ma è stato ribadito il principio, già in precedenza immanente nel nostro ordinamento costituzionale ed ordinario, secondo cui la condanna è possibile soltanto quando vi sia la certezza processuale assoluta della responsabilità dell’imputato“.
“La previsione normativa della regola di giudizio dell'”al di là di ogni ragionevole dubbio”, che trova fondamento nel principio costituzionale della presunzione di innocenza, non ha introdotto un diverso e più restrittivo criterio di valutazione della prova, ma ha codificato il principio giurisprudenziale secondo cui la pronuncia di condanna deve fondarsi sulla certezza processuale della responsabilità dell’imputato“.
Il d.lgs. 188/2021 ha introdotto alcune novità sulla disciplina della presunzione di innocenza. In particolare l’articolo 2 ha sancito il divieto, per le autorità pubbliche, di indicare pubblicamente come colpevole la persona indagata o imputata, poiché tale dichiarazione sarebbe lesiva del suo diritto alla presunzione di innocenza.
L’art. 3 prevede invece che è vietato assegnare ai procedimenti pendenti denominazioni lesive della presunzione di innocenza nei comunicati e nelle conferenze stampa.
Viene inoltre introdotta una modifica al Codice di procedura penale, in relazione all’articolo 115 bis, titolato Garanzia della presunzione di innocenza, nel quale si legge che:
1. Salvo quanto previsto dal comma 2, nei provvedimenti diversi da quelli volti alla decisione in merito alla responsabilità penale dell’imputato, la persona sottoposta a indagini o l’imputato non possono essere indicati come colpevoli fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili. Tale disposizione non si applica agli atti del pubblico ministero volti a dimostrare la colpevolezza della persona sottoposta ad indagini o dell’imputato.
2. Nei provvedimenti diversi da quelli volti alla decisione in merito alla responsabilità penale dell’imputato, che presuppongono la valutazione di prove, elementi di prova o indizi di colpevolezza, l’autorità giudiziaria limita i riferimenti alla colpevolezza della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato alle sole indicazioni necessarie a soddisfare i presupposti, i requisiti e le altre condizioni richieste dalla legge per l’adozione del provvedimento.
3. In caso di violazione delle disposizioni di cui al comma 1, l’interessato può, a pena di decadenza, nei dieci giorni successivi alla conoscenza del provvedimento, richiederne la correzione, quando è necessario per salvaguardare la presunzione di innocenza nel processo.
4. Sull’istanza di correzione il giudice che procede provvede, con decreto motivato, entro quarantotto ore dal suo deposito. Nel corso delle indagini preliminari è competente il giudice per le indagini preliminari. Il decreto è notificato all’interessato e alle altre parti e comunicato al pubblico ministero, i quali, a pena di decadenza, nei dieci giorni successivi, possono proporre opposizione al presidente del tribunale o della corte, il quale decide con decreto senza formalità di procedura. Quando l’opposizione riguarda un provvedimento emesso dal presidente del tribunale o dalla corte di appello si applicano le disposizioni di cui all’articolo 36, comma
Un imputato non potrà essere considerato colpevole fino a quando non ci sarà la sentenza definitiva di condanna.
La presunzione di non colpevolezza è il principio secondo il quale un imputato è innocente fino a prova contraria.
Nell’articolo 27 della Costituzione italiana si legge che l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.