Che cosa sono le quote rosa e cosa succede in caso di mancato rispetto
Come funzionano le quote rosa, dalla definizione alla storia fino alle possibili sanzioni previste per il mancato rispetto dei criteri in vigore e alle criticità da provare a risolvere.
- Il mondo del lavoro è un ambiente in cui la disparità di genere si fa sentire parecchio.
- Per questo motivo, in alcuni contesti, sono state previste le cosiddette quote rosa.
- Nella pratica, dovrà essere presente una percentuale minima di donne all’interno di specifiche tipologie di società.
Le quote rosa sono disciplinate in Italia dal 2011 dalla cosiddetta legge Golfo Mosca. Sono state introdotte con l’idea di garantire la parità di genere sul lavoro, settore in cui la parità di genere è ancora oggi un obiettivo da raggiungere, e non una solida certezza.
Le quote rosa sono in vigore per i Consigli di amministrazione e i collegi sindacali delle società a controllo pubblico e di quelle quotate in borsa.
Nella pratica, la norma prevede una percentuale femminile obbligatoria da rispettare affinché siano presenti sia uomini sia donne sul lavoro, in modo tale che venga garantita una rappresentanza paritaria.
Le quote rosa sono, dunque, delle quote di genere. Nascono dal bisogno di regolamentare un settore in cui le discriminazioni sono forti e che, a parità di competenze ed esperienza, porta molto spesso le aziende a favorire i candidati uomini.
Uno dei motivi più comuni, anche se non sempre manifesti, è quello di una possibile gravidanza futura, che porterebbe la lavoratrice ad assentarsi per tutto il periodo della maternità obbligatoria.
Cosa dice la legge sulle quote rosa?
La legge n. 120/2011, nota anche come legge Golfo Mosca, stabilisce una percentuale obbligatoria di donne in azienda al fine di stabilire un’equa rappresentanza di uomini e donne in ambito lavorativo.
Si parla di quote “rosa” perché è proprio il genere femminile a essere penalizzato in ambito lavorativo. In particolare, le donne risultano essere una minoranza nei ruoli di vertice, apicali, quelli di maggiore importanza.
La percentuale fissata dalla legge Golfo Mosca è pari al 30% dei membri eletti nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali delle aziende quotate in borsa e di quelle a controllo pubblico.
Inizialmente, era stato previsto che le donne presenti nel C.D.A. dovessero essere almeno un quinto (20% del totale) . Dal 2015, invece, il totale è stato portato a un terzo, quindi al 33,3%. La decisione di approssimare per difetto o per eccesso spetta alla singola società.
Un’altra modifica è stata poi introdotta con un emendamento alla legge di Bilancio 2020, che ha aumentato la quota al 40%.
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Mancato rispetto quota rosa
A verificare il rispetto dell’obbligo di quote rosa è la Commissione nazionale per le società e la borsa, ovvero la Consob, nel caso delle SpA. Per le società pubbliche, a occuparsene è invece la Civit, Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche. Nell’ipotesi di mancato rispetto, ci sarebbero ovviamente delle conseguenze.
Nello specifico, la Consob procede prima di tutto a una diffida: la società diffidata avrà 4 mesi di tempo per rimediare alle sue mancanze. Se dovesse continuare a essere inadempiente, allora si procederà con una sanzione e una diffida ulteriore, di 3 mesi. La conseguenza ultima sarà rappresentata dal decadimento dei membri eletti.
Le sanzioni pecuniarie applicabili vanno da:
- un minimo di 100.000 euro a un massimo di 1 milione di euro, per i Consigli di Amministrazione;
- un minimo di 20.000 euro a un massimo di 200.000 euro per i collegi sindacali.
In totale, dunque, tra la prima e la seconda diffida, ci sarebbero 7 mesi di tempo per adeguarsi.
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Quote rosa: esempio composizione giunta comunale
Facciamo un esempio relativo alla composizione della giunta comunale per i Comuni che hanno meno di 3.000 abitanti. Anche in un caso simile, si dovrà fare riferimento alle disposizioni contenute nei citati articoli 6, comma 3 e 46, comma 2, del decreto legislativo n.267/00 e nella legge n.215/12.
Ricordiamo, intanto, che il comma 137 della legge n.56/14 stabilisce che:
nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40%, con arrotondamento aritmetico.
Per quanto riguarda i Comuni con meno di 3.000 abitanti, invece, l’art.6, comma 3, del decreto legislativo n.267/00 prevede che debbano essere in singoli statuti comunali e provinciali ad assicurare le condizioni di pari opportunità tra uomo e donna, con i quali si possa assicurare l’equa presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali locali.
A questo proposito, è previsto che il sindaco ed il presidente della provincia debbano nominare i componenti della giunta nel rispetto del principio di pari opportunità tra donne e uomini, garantendo la presenza di entrambi i sessi.
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Quote rosa: vantaggi e svantaggi
Le quote rosa hanno avuto un esito positivo rispetto alla motivazione per la quale sono state introdotte? Analizzando i dati dell’osservatorio Cerved-Fondazione Bellisario, in collaborazione con l’INPS, pubblicati nel febbraio del 2020, emerge che gli obiettivi di facciata sono stati raggiunti.
La presenza delle donne in azienda è aumentata:
- nel 2019, il 36,3% del personale delle società quotate in borsa era donna;
- nei consigli di amministrazione delle società a controllo pubblico, la percentuale si attestava al 28,4%.
Prendendo in considerazione le singole società, però, la presenza al femminile non è riuscita a crescere oltre la quota fissata dalla legge – sono davvero pochi gli esempi virtuosi. Nei fatti:
- solo il 14% delle donne delle società quotate occupa un ruolo di amministratrice delegata, cioè il 6,3% del totale;
- il ruolo di presidente viene invece raggiunto dal 24% delle donne, che corrisponde al 10% del totale delle società.
In aggiunta, le quote rose non hanno preso piede come pratica ed esempio da emulare in tutte le società non soggette agli obblighi di legge.
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Quote rosa e prospettive future
Tra i nodi da dipanare troviamo, dunque, l’esclusione di un gran numero di società dalla normativa e il fatto che, quando una donna occupa una posizione di vertice, a differenza degli uomini, la si trova spesso in più società quotate.
Da un lato per la pur sempre presente bassa inclusività della componente femminile nelle posizioni di spicco, dall’altro per la scarsa rilevanza delle mansioni che poi, di fatto, le vengono attribuite.
Il cambiamento sociale e culturale nel mondo del lavoro, dunque, è ancora lontano dall’essere un traguardo raggiunto, al quale guardare con ammirazione, soprattutto se lo si confronta con altri Stati, nei quali il numero di donne ai vertici segna percentuali più alte.
Tra i suggerimenti per rendere la legge sulle quote rosa più reale e impattante ci potrebbe sicuramente essere:
- delle politiche di inclusione che possano misurare in maniera più concreta i cambiamenti effettivi, per esempio con la previsione di premi per le aziende più inclusive;
- interventi e modifiche al welfare;
- iniziative di promozione della lotta agli stereotipi e per la riduzione del gender gap (divario di genere) all’interno delle singole realtà aziendali.
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Quote rosa – Domande frequenti
Le quote rosa sono previste per i consigli di amministrazione e i collegi sindacali delle società quotate in borsa e di quelle a controllo pubblico.
Le quote rosa sono state introdotte con il Disegno di legge Golfo Mosca: il provvedimento fu approvato con 438 voti favorevoli alla Camera dei Deputati. Le firmatarie furono Lella Golfo (Pdl) e Alessia Mosca (PD).
Dalla sua applicazione effettiva e nonostante le diverse evoluzioni, purtroppo al momento la disciplina delle quote rosa non è riuscita a contrastare il divario di genere nel mondo del lavoro, soprattutto per le posizioni di potere.
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