Assegno di mantenimento per coniuge senza reddito: quando spetta e come si calcola
Analisi tecnica dei criteri di calcolo e dei requisiti normativi per assegnare l'assegno di mantenimento al coniuge senza reddito.
- L’assegno di mantenimento mira a preservare il tenore di vita matrimoniale per il coniuge economicamente più debole.
- Il riconoscimento del contributo non è automatico: il giudice valuta la capacità lavorativa residua, l’età e il contributo fornito alla famiglia.
- La presenza di una nuova convivenza stabile o il raggiungimento dell’autosufficienza economica sono cause di revoca del beneficio.
L’assegno di mantenimento per l’ex coniuge è un contributo economico previsto dalla legge, che deve essere distinto dall’assegno divorzile. Il mantenimento, infatti, decorre dalla separazione e ha una funzione assistenziale volta a garantire al beneficiario un tenore di vita tendenzialmente analogo a quello goduto in costanza di matrimonio.
L’assegno divorzile, invece, viene stabilito solo con la sentenza di divorzio e, secondo l’orientamento consolidato della Cassazione, non è più ancorato al tenore di vita pregresso, ma ha una funzione compensativa e risarcitoria volta a garantire l’autosufficienza economica.
Come funziona l’assegnazione dell’assegno di mantenimento al coniuge senza reddito, che non ha un lavoro o lo ha perso? Quali sono i casi in cui può essere revocato? In questa breve guida trovi qualche esempio pratico per orientarti, che può esserti utile se sei disoccupato/a e ti stai per separare.
Come si ottiene l’assegno di mantenimento se non hai un lavoro
Il giudice non concede il mantenimento sulla base di una semplice disparità economica, ma analizza specifici presupposti. In particolare, analizza:
- l’assenza di redditi propri: il richiedente deve dimostrare di non avere mezzi adeguati;
- la sproporzione economica: deve esistere un divario significativo tra i patrimoni dei due coniugi;
- l’impossibilità oggettiva di lavorare: si tiene conto dell’età avanzata, di eventuali problemi di salute o della lunga assenza dal mercato del lavoro per essersi dedicati alla cura della casa;
- la durata del matrimonio: un legame duraturo giustifica maggiormente il sostegno economico rispetto a un’unione breve.
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Quando l’assegno di mantenimento viene riconosciuto o negato
Nell’ambito delle decisioni relative all’assegno di mantenimento, l’esito della domanda dipende da una valutazione complessiva delle condizioni personali ed economiche delle parti. In particolare, quando il coniuge richiedente ha svolto per un lungo periodo il ruolo di casalingo, sacrificando le proprie prospettive professionali in favore della famiglia, la giurisprudenza tende a riconoscere il diritto all’assegno, valorizzando il contributo fornito alla vita familiare e il pregiudizio subito sul piano lavorativo.
Diversamente, nel caso di un coniuge giovane e dotato di adeguate qualifiche professionali, l’assegno di mantenimento può essere negato oppure concesso solo per un periodo limitato. In tali situazioni assume rilievo la capacità lavorativa residua del richiedente e il principio di auto-responsabilità, che impone a ciascun ex coniuge di attivarsi per raggiungere l’autosufficienza economica.
Un ulteriore elemento rilevante è la formazione di una nuova convivenza stabile da parte del beneficiario dell’assegno. La costituzione di un nuovo nucleo familiare, infatti, è generalmente considerata idonea a far venir meno il diritto al mantenimento, determinandone la revoca, in quanto presuppone una diversa organizzazione di vita e di sostegno economico.
Infine, qualora si verifichi un peggioramento significativo delle condizioni reddituali del coniuge obbligato, l’assegno può essere ridotto. In questi casi, il giudice procede a un adeguamento dell’importo, calibrandolo sulla reale e attuale capacità economica dell’obbligato, al fine di mantenere un equilibrio tra le esigenze del beneficiario e le possibilità di chi è tenuto al pagamento.
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Come si calcola l’assegno di mantenimento?
Il calcolo non è frutto di un’operazione matematica fissa, ma di una valutazione discrezionale che considera le spese fisse (come il mutuo o l’affitto) e i redditi netti.
Per esempio, se il coniuge obbligato percepisce un reddito netto di 4.000 euro e il richiedente è disoccupato dopo 20 anni di matrimonio, il giudice potrebbe stabilire un assegno di circa 800 euro. In presenza di figli, si aggiungerebbe un contributo specifico (es. 600 euro) portando l’esborso totale a 1.400 euro.
In caso di matrimonio breve (es. 3 anni) con coniuge giovane e senza reddito, il giudice potrebbe negare l’assegno o limitarlo a un periodo temporaneo (es. 12 mesi) per consentire il reinserimento lavorativo.
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Modifica e revoca delle condizioni
Le condizioni stabilite in sede di separazione non sono immutabili. Ai sensi della legge, è possibile richiedere la revisione degli importi se sopravvengono “giustificati motivi”, quali:
- la perdita del lavoro del coniuge obbligato;
- il reperimento di un’occupazione stabile da parte del beneficiario (che come abbiamo visto, se si trova nelle condizioni di poterlo fare, è tenuto a cercarsi un lavoro);
- l’eredità di beni patrimoniali che mutano la situazione economica di una delle parti.
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