Restituzione dell’assegno di mantenimento: quando è prevista?
L'assegno di mantenimento all'ex coniuge può essere revocato? In quali circostanze? L'orientamento della Suprema Corte.
Con la recentissima sentenza dell’11.1.2023 n. 477, la Suprema Corte ha disposto la restituzione dell’assegno di mantenimento percepito dalla moglie in assenza dei relativi presupposti.
Nel caso di specie, il Tribunale di Bari aveva revocato l’assegno di mantenimento disposto in favore della moglie separata, essendo stato accertato che la stessa disponeva di un lavoro ed un reddito stabili, nonché di un patrimonio familiare di notevole entità, tale da consentirle una vita agiata.
Successivamente la Corte d’Appello di Bari era pervenuta ad una decisione di segno opposto ritenendo che debba escludersi la retroattività della revoca stante la natura alimentare dell’assegno di mantenimento.
In particolare la Corte barese aveva inteso aderire all’orientamento, formatosi prima dell’intervento delle Sezioni Unite in materia, che escludeva in ogni caso la retroattività della revoca, valorizzando la natura alimentare dell’assegno.
Proposta impugnazione del marito, la Suprema Corte è stata investita della questione.
Assegno di mantenimento e condicio indebiti
Al riguardo il supremo collegio ha rilevato che laddove un coniuge non abbia diritto ad un assegno di mantenimento per carenza dei presupposti dall’origine opera la regola della condicio indebiti che può essere esclusa soltanto in casi determinati.
Invero, come chiarito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 32914/2022, in tema di assegno di mantenimento, separativo e divorzile, ove si accerti nel corso del giudizio, nella sentenza di primo o secondo grado, l’insussistenza ab origine in capo all’avente diritto, dei presupposti per il versamento del contributo, ancorché riconosciuto in sede presidenziale o dal giudice istruttore in sede di conferma o modifica, opera la regola generale della condicio indebiti.
Detta regola può essere derogata, con conseguente applicazione del principio di irripetibilità, esclusivamente in due ipotesi:
i) ove si escluda la debenza del contributo in virtù di una diversa valutazione con effetto ex tunc delle sole condizioni economiche dell’obbligato già esistenti al tempo della pronuncia;
ii) ove si proceda soltanto ad una rimodulazione al ribasso di una misura originaria idonea a soddisfare esclusivamente i bisogni essenziali del richiedente, sempre che la modifica avvenga nell’ambito di somme modeste che si presume siano destinate ragionevolmente al consumo da un coniuge, od ex coniuge, in condizioni di debolezza economica.
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Si può revocare l’assegno di mantenimento?
Pertanto laddove il giudice escluda in radice e ab origine, e dunque non per fatti sopravvenuti, il presupposto del diritto al mantenimento, per la mancanza di uno stato di bisogno del soggetto richiedente, ovvero perché si addebiti la separazione al coniuge che, nelle more, abbia goduto di un assegno con funzione non meramente alimentare, non vi sono ragioni per escludere l’obbligo di restituzione ai sensi dell’art. 2033 cc con piena ripetibilità.
Per converso, non sorge a favore del coniuge separato il diritto di ripetere le maggiori somme provvisoriamente versate nelle due specifiche ipotesi anzidette.
Ciò si giustifica in considerazione della tutela di quella solidarietà post- familiare, sottesa in tutta la disciplina relativa alla crisi della famiglia, e del fatto che non è in discussione, in tali ipotesi, l’esistenza e la permanenza, in giudizio, di un soggetto in condizioni di debolezza economica.
Si deve infatti ragionevolmente presumere, in rapporto all’entità della somma di denaro litigiosa, che le maggiori somme (attribuite in via provvisoria o in via definitiva con la sentenza di primo grado), versate medio tempore dal richiesto al richiedente, siano state comunque (in atto o in potenza) consumate, proprio per fini di sostentamento, dal coniuge debole.
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