Quando è obbligatorio il mantenimento alla moglie?
Non è obbligatorio il mantenimento della moglie. Il Legislatore, infatti, non impone alcun obbligo, per il marito, di mantenimento della ex moglie dopo la separazione; è previsto il mantenimento del coniuge che non dispone di redditi adeguati se ricorrono determinate circostanze.
- Il Legislatore non impone alcun obbligo di mantenimento della moglie, a seguito di separazione.
- L’assegno di mantenimento spetta ad uno dei due ex coniugi se non ha redditi propri sufficienti per conservare un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio e non gli è stata addebitata la separazione.
- Non versare l’assegno di mantenimento può costituire reato ai sensi dell’art. 570 c.p.
L’art. 156 del codice civile prevede che il giudice, pronunziando la separazione, stabilisca, a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione, il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento qualora egli non abbia adeguati redditi propri; l’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato.
Non è previsto un obbligo per il marito di mantenimento nei confronti della moglie, dunque, ma è previsto l’obbligo di reciproco mantenimento dei coniugi, qualora uno dei due non sia in grado di conservare il tenore di vita goduto prima della separazione, prescindendo da uno stato di bisogno. Detto ciò, come funziona l’assegno di mantenimento?
Quando a uno dei coniugi spetta il mantenimento?
Il diritto a ricevere l’assegno di mantenimento è previsto se ricorrono due circostanze:
- non avere redditi propri sufficienti per conservare un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio;
- mancato addebitato della separazione.
Il giudice di merito dovrà valutare, preliminarmente, l’elemento della mancanza di addebito e successivamente se il reddito del coniuge richiedente può ritenersi adeguato o se, diversamente, il richiedente si trova in una situazione di svantaggio.
Nell’operare tale valutazione, il giudice dovrà tener conto di diversi elementi, che non sono specificati dalla norma, ma per costante giurisprudenza possiamo includere l’età del coniuge, le sue potenzialità reddituali, le spese che la coppia effettuava durante la convivenza, quindi il tenore di vita (Cass. 12196/2017).
Se entrambi i coniugi godono di una situazione reddituale favorevole, non vi sarà necessità di imporre l’assegno di mantenimento ad alcuno dei due.
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Procedura e onore della prova
Il giudice, pronunciando la separazione dei coniugi, stabilisce l’assegno di mantenimento a favore del coniuge a cui non sia addebitabile la separazione se questi non percepisce adeguati redditi propri. La prova di percepire redditi inadeguati o nulli resta a carico del coniuge che richiede l’assegno di mantenimento.
Il beneficiario dovrà documentare i redditi attivi, a qualunque titolo percepiti, oltre che il patrimonio mobiliare e immobiliare. Occorre, altresì, valutare gli oneri che hanno un impatto sui redditi, eventuali rate di finanziamenti o mutui, che incidono negativamente sulla situazione reddituale e patrimoniale, se sono anteriori alla separazione e sono stati necessari per la vota familiare.
Secondo la Suprema Corte, si dovrà prendere in considerazione, ai fini dell’attribuzione dell’assegno di mantenimento, non solo il soddisfacimento delle necessità dell’ex coniuge, ma anche di tutte le attività di svago, tenendo conto del contesto sociale in cui la coppia aveva vissuto durante la convivenza (Cass. 18175/12).
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Modifica e revoca dell’assegno di mantenimento a favore dell’ex coniuge
L’assegno di mantenimento ottenuto può essere sia modificato che revocato. La modifica, o la sua revoca, possono avvenire o su accordo dei coniugi o all’esito di una procedura giudiziale.
La revoca dell’assegno di mantenimento può avvenire se:
- la situazione economica dell’ex coniuge beneficiario cambia o migliora (a seguito della firma di un nuovo contratto di lavoro, per esempio);
- il coniuge beneficiario contrae nuovo matrimonio o insatura una nuova convivenza;
- la perdita del lavoro per il coniuge obbligato;
- la nascita dei figli per il coniuge obbligato.
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Differenza tra alimenti e assegno di mantenimento
Non bisogna confondere due istituti di diritto completamente distinti:
- il diritto agli alimenti, che è un’obbligazione di natura patrimoniale che trae fondamento dal principio di solidarietà familiare e trova fondamento nell’art. 2 cella Costituzione, e che presuppone uno stato di totale assenza di mezzi di sostentamento dell’eventuale beneficiario, nonché l’impossibilità di trovarne attraverso un lavoro adeguato alle sue attitudini, condizioni fisiche, età e posizione sociale;
- il diritto al mantenimento, che consiste in una prestazione comprensiva di tutto ciò che risulti necessario alla conservazione del tenore di vita goduto dai coniugi prima della separazione, indipendentemente da un eventuale stato di bisogno.
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La violazione degli obblighi di assistenza familiare è reato
Nel momento in cui uno dei coniugi è obbligato da un provvedimento emanato dall’autorità giudiziaria a versare l’assegno di mantenimento, incorrerà nel reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare se non rispetterà i doveri di assistenza, derivanti dalla qualità di coniuge.
Ai sensi dell’art. 570 c.p., pertanto, il mancato versamento dell’assegno di mantenimento avrà rilevanza penale. L’articolo prevede che chiunque si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, alla tutela legale o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da centotre euro a milletrentadue euro.
Il nostro codice penale prevede che dette pene si applicano congiuntamente a chi:
- malversa o dilapida i beni del figlio minore o del coniuge;
- fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa.
È un delitto punibile a querela della persona offesa, pertanto è necessario che venga sporta una formale denuncia e non è altrimenti perseguibile d’ufficio (salvo alcune specifiche eccezioni).
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