Chi paga i debiti di un genitore nullatenente?
Talvolta i figli possono essere chiamati ad adempiere alle obbligazioni assunte dal genitore nullatenente. In quali occasioni? Come si possono tutelare? Esaminiamo insieme questa possibilità.
- Il genitore nullatenente è una persona il cui patrimonio è incapiente.
- Se non è in grado di soddisfare il creditore, il coniuge potrebbe essere tenuto ad alcuni sacrifici, nei limiti della metà del patrimonio in comune.
- Il figlio, invece, non è tenuto a rispondere alle obbligazioni del genitore nullatenente, salvo casi eccezionali.
Nel caso in cui il tuo genitore nullatenente non sia in grado di pagare i propri debiti, il tuo patrimonio è in pericolo? In linea di principio, nell’ordinamento vige il principio per cui ognuno risponde dei propri debiti. Ci sono dei casi in cui, però, è chiamato a pagare un prossimo congiunto. Quali sono?
Nel seguente articolo, ti diremo quando il figlio è chiamato a pagare i debiti del proprio genitore nullatenente e prospetteremo anche alcune possibilità per evitare questo risultato.
Chi paga i debiti del genitore nullatenente?
Uno dei principi fondamentali dell’ordinamento civile è che chi contrae un debito deve poi pagare il corrispettivo. Ciò significa anche che, ove non ricorrano specifiche condizioni, nessuno al di fuori del debitore è tenuto al pagamento dei debiti.
D’altra parte, non di rado i debiti che ricadono su un familiare potrebbero essere fonte di grande fastidi per altro. In primo luogo, il debito del marito può comportare, in ogni caso, ripercussioni per la moglie, specie se non hanno scelto il regime di separazione patrimoniale.
In questo caso, i creditori di uno del coniuge possono rivalersi su metà del patrimonio in comunione, laddove però il debitore sia inadempiente. Come ben capirai, il coniuge rischia di trovarsi privo di alcuni beni di cui aveva la disponibilità e il diritto di proprietà.
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In quale caso i debiti dei genitori passano ai figli?
Quando i genitori sono nullatenenti, i debiti possono ricadere sui figli? In linea di principio, fin quando i genitori sono in vita, i debiti non gravano sui figli. L’ordinamento interno prevede che sia solo il debitore a rispondere delle obbligazioni che ha assunto.
Possono esserci casi in cui il figlio sia indirettamente colpito dalla situazione debitoria del genitore. Nel caso in cui i beni del genitore siano pignorati, come beni che usa in casa e sono a disposizione della famiglia, certamente anche i figli ne risentono. Si pensi alle ipotesi di pignoramento immobiliare che ha ad oggetto la casa vacanze della famiglia.
Capita, poi, che il figlio sia anche tenuto a rispondere del debito del genitore ove abbia assunto la qualità di fideiussore. La fideiussione è un’obbligazione accessoria di garanzia. Un soggetto, detto fideiussore, si obbliga alla medesima prestazione dovuta dal debitore principale.
L’obbligazione è assunta nei confronti del creditore e il debitore potrebbe anche essere del tutto estraneo. Il fideiussore si obbliga alla medesima prestazione dovuta dal debitore. Dunque, debitore e fideiussore sono obbligati in solido. Di conseguenza si presume che l’obbligazione fideiussoria abbia ad oggetto denaro o cose fungibili.
Se il garante si obbliga a una prestazione diversa, per esempio a tenere indenne il creditore dalle conseguenze dell’inadempimento di un’obbligazione di facere del debitore, in questo caso potrebbe non trattarsi più di un’obbligazione fideiussoria, ma di un contratto autonomo.
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Debiti del genitore e successione ereditaria
Sorge il diritto del creditore a rivalersi verso i figli del debitore in caso di morte di quest’ultimo. Con l’apertura della successione ereditaria, il figlio subentra nella titolarità di ogni situazione giuridica soggettiva del genitore, sia le posizioni creditorie che debitore.
Ne consegue che il figlio che accetta l’eredità del genitore diventi debitore dei suoi creditori. Come funziona la successione ereditaria? L’erede subentra pro quota all’intero patrimonio del defunto, comprensivo delle voci attive e passive, cioè i diritti che producono reddito e le posizioni giuridiche che comportano la fuoriuscita di denaro.
I figli possono succedere per legge, in base alle regole della successione legittima, o tramite successione testamentaria, cioè sulla scorta del negozio giuridico previsto dal defunto stesso.
Nel primo caso, la quota è prevista dalla legge, mentre nel secondo è individuata dal testatore stesso, nel rispetto delle prescrizioni di legge. Il legislatore, infatti, ha disposto che una quota del patrimonio, detta legittima o di riserva, debba essere, in ogni caso, devoluta ad alcuni successori, detti legittimari. Questi ultimi sono il coniuge, i figli e, in assenza dei figli, gli ascendenti.
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Quali debiti non si trasmettono ai figli?
Quali sono i debiti non trasmissibili agli eredi? In pratica, non tutti i debiti del genitore si trasmettono ai figli: alcuni sono connotati da uno spiccato carattere di personalità che va ad escludere la possibilità di trasmissione ai figli.
Rientrano in questa categoria:
- multe stradali;
- sanzioni amministrative;
- sanzioni penali;
- sanzioni tributarie (resta comunque dovuta l’imposta non versata);
- debiti di gioco;
- debiti per scommesse;
- mantenimento all’ex coniuge o ai figli;
- alimenti ai parenti in grave stato di bisogno;
- obbligazioni di carattere personale, in ragione delle particolari doti del debitore (ad esempio la realizzazione di un quadro).
Rientrano in questa categoria anche i debiti prescritti, cioè i debiti che non vengono adempiuti e per il cui adempimento il creditore non si sia attivato entro il termine prescritto dalla legge.
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Come non pagare i debiti del genitore defunto?
Come abbiamo potuto vedere, in caso di morte del genitore, il figlio può essere chiamato a pagare i propri debiti. È sempre così? Il figlio ha a disposizione degli strumenti per evitare il pagamento? Il legislatore ha previsto, in realtà, più istituti per evitare che la posizione dell’erede sia aggravata dalla successione ereditaria.
I principali strumenti sono due:
- la rinuncia all’eredità;
- l’accettazione con beneficio dell’inventario.
Vediamo come funzionano i due istituti.
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1. La rinuncia all’eredità
La prima opzione a disposizione del figlio del genitore nullatenente è la rinuncia all’eredità. In particolare, questa è la scelta da preferire se il patrimonio ereditato è tale da non consentire la copertura dei debiti del defunto. In tal caso, infatti, i debiti ricadrebbero integralmente sul figlio. È agevole desumere che la scelta più semplice sia quella di rinunciare all’eredità.
La rinuncia all’eredità è l’atto con cui il chiamato all’eredità dichiara di non accettare l’eredità: in tal modo il figlio non subentrerà nella posizione giuridica del genitore defunto. La rinuncia può essere effettuata sia di fronte al notaio che in cancelleria, sempre mediante dichiarazione scritta e unilaterale.
Nella dichiarazione dovranno essere indicati i seguenti elementi:
- la carta d’identità e il codice fiscale dei dichiaranti;
- il codice fiscale del defunto;
- se ci sono minori, tutelati o amministrati, una copia conforme dell’autorizzazione del giudice tutelare;
- una copia conforme del testamento, se presente;
- l’originale del certificato di morte.
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Si può rinunciare anche lasciando decorrere 10 anni dal decesso senza accettare l’eredità. Difatti, in assenza di accettazione, l’eredità si considera rinunciata. Si ritiene in dottrina che sia un negozio giuridico unilaterale, revocabile e non recettizio. Il principale effetto della dichiarazione di rinuncia è la perdita della qualità di erede retroattiva alla data di apertura della successione ereditaria.
Cosa si perde con la rinuncia all’eredità?
Il soggetto rinunciante perde anche le facoltà connesse, quindi la possibilità di esercitare i poteri propri del chiamato di cui agli articoli 460 e 486 del codice civile. Si tratta in particolare di:
- compiere le azioni possessorie;
- conservare, vigilare e amministrare temporaneamente l’eredità ed eventualmente vendere i beni che non si possono conservare su autorizzazione dell’autorità giudiziaria;
- rappresentare l’eredità in giudizio.
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2. Accettazione con beneficio dell’inventario
A differenza della rinuncia all’eredità, l’accettazione con beneficio dell’inventario consente all’erede di succedere, in ogni caso, al defunto genitore. Qual è la differenza? La differenza è che i creditore potranno rivalersi solo sul patrimonio del defunto, non anche sul patrimonio proprio del figlio. L’istituto deroga al regime della confusione: ne consegue che il patrimonio dell’erede resta separato da quello del defunto e non può essere oggetto di aggressione da parte dei creditori.
Al fine di ricorrere a questo istituto, il figlio dovrà, innanzitutto, accettare l’eredità, mediante dichiarazione espressa che può essere resa al tribunale del luogo in cui si è aperta la successione ereditaria. L’erede dovrà poi procedere all’inventari: tale operazione, in realtà, può essere resa sia prima sia dopo la dichiarazione.
Il chiamato in possesso dei beni ereditari deve fare l’inventario entro tre mesi dal giorno di apertura della successione o dalla notizia della delazione. A questo proposito, potrebbe esserti utile la consulenza di un avvocato specializzato in successioni ed eredità.
Il principale effetto dell’accettazione con beneficio dell’inventario è la limitazione della responsabilità del debitore, il quale, dopo l’accettazione, è l’erede che subentra nel patrimonio del defunto. Si deroga, in questa occasione, alla regola dell’universalità della responsabilità patrimoniale, per cui il debitore deve rispondere dei propri debiti con tutto il proprio patrimonio presente e futuro.
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Debiti genitore nullatenente – Domande frequenti
Il figlio, di regola, non è tenuto a rispondere dei debiti del genitore nullatenente.
Il figlio risponde dei debiti del genitore nullatenente quando è suo fideiussore, quindi, è un garante o in caso di morte del genitore, per effetto della successione ereditaria.
Il figlio evita di pagare i debiti del genitore nullatenente defunto mediante rinuncia all’eredità o accettazione con beneficio dell’inventario.
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