I figli devono ricevere gli stessi soldi dai genitori?
I soldi che i genitori vogliono dare ai figli, devono essere divisi in parti uguali o ci può essere un figlio preferito? Vediamo come stanno le cose per legge.
- Il legislatore tutela i figli sia al momento della successione ereditaria sia in altri contesti, come in caso di separazione e divorzio.
- In genere, la legge dispone che siano conferite somme di denaro ai figli in parti uguali, nei limiti di un minimo inderogabile.
- Ciascun genitore, però, può decidere di attribuire maggiori somme di denaro ad uno specifico figlio, purché non siano lesi i diritti degli altri.
In determinati contesti, il legislatore prevede che debbano essere garantiti diritti di mantenimento e successione di ciascuno dei figli. In sede di successione, per esempio, il legislatore qualifica i figli come legittimari, cioè eredi particolarmente tutelati dalla legge, a cui necessariamente deve essere devoluta una quota specifica del patrimonio del genitore.
Anche in sede di separazione e divorzio, la legge dispone che il genitore deve garantire il sostentamento e la cura di ciascuno dei figli in modo eguale. Tuttavia, nel rispetto delle predette regole, ciascun genitore può disporre del proprio patrimonio nel modo che ritiene opportuno.
Nel seguente articolo ti diremo quali sono le regole fondamentali da rispettare, soprattutto in caso di successione, entro quali limiti il genitore può disporre del proprio patrimonio e cosa accade se tali regole non vengono rispettate.
- Quali sono i diritti dei figli in caso di decesso dei genitori
- Quanto spetta a ciascun figlio per legge?
- Qual è la quota di riserva dei figli?
- Disposizioni testamentarie e quota di legittima
- Istituzione di erede e legato
- Donazione imputata a legittima
- Cosa succede se non è rispettata la quota di legittima?
- In caso di divorzio, ciascun figlio ha diritto a ricevere gli stessi soldi dal genitore?
- Figli, successione e mantenimento – Domande frequenti
Quali sono i diritti dei figli in caso di decesso dei genitori
Nel caso di morte di uno dei genitori, o di entrambi, si apre la successione ereditaria. I principali beneficiari sono i figli, in assenza del coniuge, il quale è particolarmente tutelato dalla legge. In caso di morte, operano una serie di regole che possono essere imposte dalla legge o per scelta del genitore defunto, mediante testamento. Nel primo caso si parla di successione legittima, nel secondo di successione testamentaria.
Indipendentemente dalla tipologia di successione, il legislatore tutela con regole specifiche i figli, secondo una disciplina che prende il nome di successione necessaria. Tale denominazione potrebbe indurre a ritenere che è una terza tipologia di successione, ma offre tutela solo per alcuni parenti prossimi del defunto, in primo luogo figli e coniuge, eventualmente anche i genitori e altri ascendenti.
Secondo le regole della successione legittima devono essere riservate delle quote specifiche del patrimonio del defunto ai soggetti citati. Queste quote sono individuate dalla legge in base ad alcuni criteri, quali la qualità dell’erede, cioè si prevedono quote differenti a secondo che l’erede sia figlio, coniuge o ascendente. Inoltre, si tiene in considerazione anche il numero degli eredi, per esempio se ci sono più figli.
Quanto abbiamo detto significa che i figli hanno diritto tutti alla stessa quantità di soldi in eredità? La risposta a questa domanda, in realtà, è complessa. Non necessariamente, infatti, i figli hanno diritto alla stessa quantità di soldi; tuttavia, devono essere rispettate le quote previste dalla legge.
Se tali quote sono rispettate e il patrimonio del defunto non è esaurito, la parte residua è detta quota disponibile e il titolare ne può disporre nel modo che ritiene opportuno, con donazione o testamento.
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Quanto spetta a ciascun figlio per legge?
Come dicevamo nel paragrafo precedente, il legislatore prevede una serie di regole sulle quote che spettano a ciascuno degli eredi detti legittimari. La quota che spetta a ciascuno degli eredi legittimari è detta quota di legittima o riserva o indisponibile. Il defunto, come dicevamo, non può disporre della quota né per testamento né per donazione.
La quota che spetta al legittimario non gli può essere sottratta: questa regola prende il nome di intangibilità della legittima. Il legittimario deve avere un certo quantitativo di beni per uno specifico ammontare.
Eventualmente, il defunto può stabilire come comporre la quota tramite testamento, con disposizioni ereditarie o legato, oppure mediante donazione. Infatti, nell’ordinamento vige la regola per cui la quota di legittima può essere soddisfatta in vario modo, anche tramite una donazione fatta in vita, che può essere imputata alla legittima.
Il testatore non può imporre alcun peso alla quota di legittima, come espressamente sancito dall’art. 549 c.c., norma che è un corollario del principio di intangibilità della legittima. La categoria dei legittimari coincide in parte con la categoria dei successori legittimi – salvo che a quest’ultima appartengono anche i fratelli e le sorelle del defunto.
Nonostante questa parziale sovrapposizione, queste sono due figure ben distinte. I successori legittimi, infatti, sono coloro che succedono in assenza di espressa previsione del testamento, quindi coloro che succedono per legge. I legittimari, invece, sono coloro che sono tutelati dalla legge in fase di successione.
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Qual è la quota di riserva dei figli?
I figli sono, dunque, legittimari dei genitori, ciò significa che hanno diritto a una quota precisa del patrimonio. A quanto ammonta tale quota? Questa varia a seconda del numero dei figli e degli altri legittimari con cui concorre.
Per esempio, possiamo affermare che:
- se non è presente il coniuge, al figlio superstite spetta 1/2 del patrimonio;
- se vi sono due figli la metà è suddivisa in parti uguali;
- nel caso di coniuge con un figlio, 1/3 spetta al coniuge e 2/3 al figlio;
- in presenza di coniuge e più figli, 1/3 va al coniuge e 2/3 ai figli, diviso in parti uguali tra i figli.
Nel rispetto delle predette quote, poi, il genitore può decidere di devolvere la parte disponibile del patrimonio a un unico figlio, senza che sia distribuita in parti uguali tra tutti i figli.
Dunque, il genitore può disporre con testamento o donazione della quota disponibile, secondo le regole che ritiene più opportune. Le donazioni e i legati sono imputati a quota di legittima fino a concorrenza di essa, dopodiché sono imputati a disponibile.
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Disposizioni testamentarie e quota di legittima
Il genitore può disporre del proprio patrimonio mediante testamento. Questo può assumere diversa natura e forma:
- il testamento olografo deve essere redatto a mano dal de cuius e deve anche essere sottoscritto dallo stesso, con indicazione del luogo e della data della stesura;
- il testamento pubblico è realizzato alla presenza del notaio e due testimoni. Il de cuius enuncia la proprie disposizioni testamentarie che vengono redatte in apposito documento, datato e sottoscritto da ciascuno dei presenti. Il notaio provvederà poi a conservarlo e, successivamente, a renderlo pubblico;
- il testamento segreto prevede che il de cuius comunichi una nota che raccoglie le disposizioni di ultima volontà, la consegni al notaio, alla presenza di due testimoni, il quale provvede alla conservazione e pubblicazione;
- il testamento internazionale: si tratta di regole specifiche che vengono adottate se il testatore è straniero, ma risiede in Italia, o è italiano e risiede all’estero.
Tramite testamento, il genitore può decidere di devolvere parte del patrimonio disponibile a ciascuno dei figli a un unico figlio. Può procedere in tal senso sia con l’istituzione di erede sia con legato: ma che differenza c’è?
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Istituzione di erede e legato
La distinzione tra istituzione di erede e legato è fondamentale sotto molteplici profili. Per esempio, l’istituzione di erede è una successione sempre a titolo universale. L’erede subentra pro quota nel patrimonio del defunto, inteso come un’universalità di beni, di voci attive, ma anche di voci passive.
Cosa significa? L’erede subentra nella posizione di debitore che era assunta dal defunto, quindi è tenuto ad adempiere alla prestazione dovuta. Potrebbe doverne rispondere anche con il proprio patrimonio personale, salvo che esso non abbia accettato l’eredità con beneficio dell’inventario.
Il legato, invece, presuppone che il soggetto, detto legatario, subentri solo nel bene o diritto che gli è lasciato dal defunto – non subentra a una quota sull’universalità del patrimonio. Quindi, in genere, il legatario non è tenuto a rispondere dei debiti che sono stati assunti dal defunto, salvo che egli non subentri in una posizione contrattuale o altro rapporto obbligatorio.
In primo luogo, la quota ereditaria e il legato sono imputati alla legittima. Se la legittima di ciascun legittimario è rispettata, la parte eccedente può essere comunque conferita ad un figlio, ma è imputata a quota disponibile.
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Tipologie di legato
Come abbiamo detto, anche il legato può essere imputato a quota di legittima.
Esistono poi due significative differenze tra:
- legato in sostituzione di legittima: quando viene conferito un legato, se il beneficiario l’accetta perde l’ulteriore parte della quota che gli spetta;
- legato in conto di legittima: in questo caso il legato è imputato a legittima, ma l’erede può chiedere anche la parte eccedente della legittima che gli spetta.
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Donazione imputata a legittima
I genitori possono poi procedere a donare in vita dei beni: anche in questo caso le donazioni devono rispettare le quote di legittima. Anche la donazione deve essere in primo luogo imputata a legittima: se rispettate le quote di ciascuno dei legittimari, possono essere anche effettuate delle donazioni, che sono imputate a quota disponibile.
Tuttavia, si ricorda che al momento dell’apertura della successione, ciascuno dei figli è tenuto alla c.d. collazione. L’istituto della collazione serve a garantire che nessuno degli eredi sia avvantaggiato in danno degli altri. Sono tenuti alla collazione il coniuge e i figli, nonché i loro discendenti.
Con la collazione si riunisce la massa patrimoniale residua alla morte del genitore con quanto lo stesso ha dato in donazione. Riunita la massa, si calcolano le quote spettanti a questi soggetti obbligati alla collazione, mentre per gli altri eredi, le quote si applicano sulla massa residuante.
La collazione può avvenire secondo due modalità:
- in natura, quando l’erede obbligato conferisce alla massa ereditaria il bene che ha ricevuto per donazione;
- per imputazione, quando l’erede, invece di conferire il bene in natura, si limita ad imputare il valore del bene ricevuto in donazione alla propria quota. Quindi, nella formazione della porzione a lui spettante, si terrà conto di quanto egli abbia ricevuto dal defunto a titolo di donazione.
Se si tratta di beni immobili, la collazione può essere sia in natura sia per imputazione, mentre se si tratta di collazione di mobili, allora questa avviene per imputazione.
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Cosa succede se non è rispettata la quota di legittima?
Come dicevamo nei paragrafi precedenti, ciascun genitore può disporre come ritiene opportuno della quota disponibile, ma non può ledere la quota di legittima. Nel rispetto di questa regola, quindi, non necessariamente deve essere attribuita a ciascun erede la quota che il genitore ritiene più opportuna. Questo significa che, mediante successione, ben può accadere che un figlio riceva una parte del patrimonio superiore a quella degli altri figli.
Cosa succede però se non è rispettata questa regola? Se la quota di legittima è lesa da parte del de cuius con testamento o con donazione, i figli lesi possono esercitare ben due azioni a tutela.
Queste sono:
- azione di riduzione, cioè un’azione di inefficacia relativa che può essere esercitata entro 10 anni dall’apertura della successione e che rende inefficaci le disposizioni testamentarie o le donazioni nei confronti del legittimario leso;
- dopo aver esercitato l’azione di riduzione, potrebbe anche essere necessario esercitare l’azione di restituzione. Per esempio, in caso di donazione o se il legato già è assegnato, il figlio, il cui diritto è stato leso, deve chiedere la restituzione delle cose già assegnate ad altro figlio.
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In caso di divorzio, ciascun figlio ha diritto a ricevere gli stessi soldi dal genitore?
La stessa questione che abbiamo esaminato rispetto alla successione, può anche porsi in caso di separazione o divorzio. Ciascun figlio deve essere accudito in parti eguali dai genitori. La legge prevede espressamente un dovere di educazione, cura e mantenimento del figlio, fin quando questo non sarà autonomo per potersi mantenere, senza l’assistenza del genitore.
Quindi, la legge prevede che sia disposto, in sede di separazione o divorzio, un assegno di mantenimento. Questo è uguale per ciascun figlio? Generalmente, il giudice adotta un provvedimento con cui impone l’assegno, stabilendo anche l’entità dello stesso. Questa somma sarà complessivamente prevista per tutti i figli.
Tuttavia, nel rispetto degli obblighi di mantenimento, cioè di quanto disposto dal giudice e dalla legge, è ben possibile che il genitore decida di conferire maggiori soldi ad uno dei figli, in particolare se vi sono specifiche esigenze di studio o di lavoro. Quindi, purché sia garantito il mantenimento a tutti i figli, non è proibito conferire somme aggiuntive ad uno dei figli.
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Figli, successione e mantenimento – Domande frequenti
In caso di morte del genitore, la legge riserva una quota di riserva eguale a ciascuno dei figli, che muta a seconda che concorrano con il coniuge o altri eredi.
Il genitore può lasciare in eredità somme maggiori ad un figlio, se è rispettata la quota di riserva di ciascuno. In caso contrario, il figlio leso può tutelarsi con azione di riduzione e restituzione.
Anche in caso di separazione o divorzio, possono essere dati più soldi ad un figlio, se sono rispettati gli obblighi di mantenimento nei confronti degli altri figli.
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