Impugnazione licenziamento: ricorso, come e quando farlo
Se pensi di essere stato licenziato ingiustamente puoi procedere con l'impugnazione del licenziamento per chiedere di rientrare o ricevere un indennizzo. Scopri come funziona.
Impugnare il licenziamento nel caso in cui non si fosse d’accordo con le ragioni date dal proprio datore di lavoro è possibile: per farlo è necessario fare ricorso contro la decisione del proprio capo, nel rispetto di quelli che sono i termini previsti dalla normativa in vigore.
Bisogna però ricordare che l’impugnazione di licenziamento si può fare quando il licenziamento è illegittimo: in caso di licenziamento per giusta causa o di licenziamento per giustificato motivo oggettivo la legge sarà dalla parte del datore di lavoro.
Si può comunque chiedere l’intervento di un giudice che valuterà se il licenziamento sia stato effettivamente legittimo. In caso contrario:
- l’azienda dovrà pagare un indennizzo economico al dipendente a titolo di risarcimento;
- in alcuni casi, sarà obbligata a reintegrare il lavoratore in azienda.
Impugnazione licenziamento: ricorso
Con il termine impugnazione del licenziamento ci si riferisce alla procedura messa in atto dal lavoratore per contestare il provvedimento che lo ha portato a perdere il lavoro.
Si tratta di un diritto del dipendente da può essere applicato nel caso in cui il licenziamento sia illegittimo:
- succede di essere licenziati per motivi di tipo discriminatorio;
- molte donne vengono licenziate durante una gravidanza, che è un periodo tutelato dalla legge.
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Impugnazione stragiudiziale del licenziamento
Per fare ricorso contro il licenziamento, il lavoratore deve inviare all’azienda una lettera di contestazione, nella quale manifesta il suo dissenso nei confronti della risoluzione del contratto di lavoro.
Si parla in questo caso di impugnazione stragiudiziale:
- è lo stesso lavoratore, infatti, a scrivere e inviare la lettera al datore di lavoro;
- in alternativa, può anche decidere di avvalersi del supporto di un legale: in questa evenienza il lavoratore dovrà controfirmare la lettera per accettazione e ratifica prima che venga spedita.
Termini
I termini per l’invio della lettera di contestazione corrispondono a 60 giorni dal momento in cui si è venuti a conoscenza formale del licenziamento, dopo aver quindi ricevuto la comunicazione ufficiale contenuta nella lettera di licenziamento. Il mancato rispetto di tale termine fa perdere in automatico al dipendente il diritto di poter contestare il licenziamento.
La seconda fase del processo di impugnazione del licenziamento è rappresentata dal ricorso in Tribunale, alla sezione lavoro. Anche in questo caso ci sono dei termini da rispettare, fissati a 180 giorni dalla spedizione della lettera di licenziamento.
Impugnazione giudiziale del licenziamento
Questa fase del processo di contestazione prende il nome di impugnazione giudiziale del licenziamento:
- può essere eseguita unicamente da un avvocato;
- se non viene rispettato il termine di 180 giorni, la conseguenza è la prescrizione, ovvero l’estinzione del diritto da parte del lavoratore per mancato esercizio.
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Tentativo di conciliazione
In alternativa all’atto di ricorso, il lavoratore ha a sua disposizione 180 giorni di tempo per procedere con un tentativo di conciliazione da parte dell’ILT, l’Ispettorato Territoriale del Lavoro.
Gli scenari plausibili a questo proposito sono i seguenti:
- l’azienda viene convocata, ma non si presenta alla conciliazione;
- l’azienda si presenta, ma non viene raggiunto un accordo con il dipendente;
- l’azienda si presenta e si giunge a una conciliazione con il lavoratore.
Qualora si verificasse la prima ipotesi, il lavoratore dovrà fare ricorso al Giudice del lavoro entro 60 giorni dalla mancata conciliazione. Nella seconda ipotesi, invece, riprenderanno a decorrere i 180 giorni di tempo nei quali avrà la possibilità di presentare ricorso al Tribunale.
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Impugnazione licenziamento: facsimile lettera di contestazione
Spett.le
OGGETTO: IMPUGNAZIONE LICENZIAMENTO
Io sottoscritto, nato a …. il …., residente in …., con la presente impugno formalmente il licenziamento da Voi intimatomi con comunicazione del …., pervenuta in data …., in quando invalido e/o nullo e/o illegittimo e/o inefficace.
Distinti saluti.
Luogo e data
Firma
Cosa succede dopo l’impugnazione del licenziamento
L’impugnazione del licenziamento è disciplinata dalla legge n. 92/2012, con la quale è stato introdotto il cosiddetto processo breve per la risoluzione delle controversie. Alla fase dell’impugnazione del licenziamento stragiudiziale, segue quella giudiziale, che si intraprende con il deposito del ricorso davanti al Tribunale.
Il giudice fissa l’udienza di comparizioni nei 40 giorni successivi: il dipendente ha il dover di comunicare al proprio datore di lavoro il giorno in cui si terrà l’udienza almeno 25 giorni prima. Dopo aver ascoltato le parti in causa, il giudice emette un’ordinanza di accoglimento o rigetto della domanda ricevuta dal lavoratore licenziato.
A questo punto:
- le due parti hanno 30 giorni di tempo per opporsi all’ordinanza emessa dal giudice, presentando apposita domanda;
- in seguito all’opposizione, il giudice fisserà una nuova udienza di comparizione, nei 60 giorni successivi, che dovrà essere comunicata alla controparte almeno 30 giorni prima della stessa.
In caso di opposizione, la domanda deve essere accompagnata dal deposito di una memoria difensiva che sarà ascoltata dal giudice: dopo aver sentito le parti e ammesso le prove e i testimoni, il giudice potrà decidere di accogliere o rigettare la domanda di opposizione.
Il reclamo alla Corte d’Appello
Il lavoratore ha la possibilità di fare reclamo contro la sentenza del giudice rivolgendosi alla Corte d’Appello. Il reclamo:
- deve essere depositato entro 30 giorni dalla notifica della decisione presa dal giudice;
- entro 60 giorni dalla prima udienza, la Corte d’Appello potrà intervenire con la sospensione della decisione presa in primo grado in merito al licenziamento del lavoratore.
Anche la sentenza emessa dalla Corte d’Appello può essere impugnata facendo ricorso alla Cassazione. Quest’ultima dovrà fissare un’udienza entro 6 mesi dalla data in cui è stato presentato il ricorso dal lavoratore. Considerato che la Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio previsto dall’ordinamento giuridico italiano, dopo la sentenza della Cassazione non sarà più possibile fare ricorso.
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Jobs Act e indennizzo economico per il lavoratore
Il Jobs Act ha permesso che un lavoratore licenziato in modo illegittimo abbia diritto a ricevere un indennizzo economico legato ai suoi anni di servizio.
Nello specifico, per i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015, è previsto un indennizzo economico:
- che è compreso tra le 4 e le 24 mensilità a seconda degli anni di servizio del lavoratore che è stato licenziato per una causa ritenuta illegittima;
- l’indennizzo corrisponde a due mensilità per ogni anno di servizio: non può essere inferiore a 4 mensilità e non può superare le 24;
- tra le eccezioni esistenti, c’è quella nella quale il lavoratore che è stato licenziato, o per assenza di causa o per vizi procedurali, riceve un indennizzo per un minimo di 2 mesi e un massimo di 12 mesi;
- qualora si dovesse impugnare un licenziamento collettivo, se il provvedimento ha violato i criteri della Legge 223/91, allora l’indennizzo sarà compreso tra le 4 e le 24 mensilità;
- nel caso di azienda che ha meno di 15 dipendenti, infine, il licenziamento illegittimo comporta un indennizzo fino a un massimo di 6 mensilità.
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Impugnazione licenziamento: reintegro del lavoratore
Caso a parte riguarda invece il reintegro del lavoratore alla mansione della quale si occupava prima del licenziamento, che si verifica nei casi seguenti:
- il licenziamento è stato dovuto a motivi razziali, discriminatori, a un matrimonio, una maternità o una gravidanza, alla disabilità fisica e psichica del dipendente, o è stato comunicato in forma orale: in questi casi il lavoratore non solo deve essere reintegrato, ma ha diritto a ricevere un risarcimento fino a un massimo di 5 mensilità dal giorno del licenziamento fino a quello del reintegro;
- il lavoratore dimostra che il fatto alla base del licenziamento non sussista: in questo caso viene rientegrato e riceve un risarcimento pari alla sua retribuzione, non superiore a 12 mesi;
- il lavoratore dimostra l’insussistenza della ragione disciplinare per la quale è stato disposto un licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo.
Il reintegro non è invece previsto nel caso di licenziamento per giustificato motivo di tipo oggettivo, per esempio quello in cui un lavoratore viene licenziato per ragioni di tipo economico: in tale evenienza, il dipendente avrebbe soltanto diritto a ricevere un indennizzo economico a titolo di risarcimento.
Impugnazione licenziamento – Domande frequenti
Il lavoratore che è stato licenziato in modo illegittimo ha a sua disposizione 60 giorni di tempo per impugnare il licenziamento contro il suo datore di lavoro.
L’impugnazione del licenziamento è la procedura attraverso la quale un lavoratore che è stato licenziato in modo illegittimo si oppone conto la volontà del suo datore di lavoro di risolvere il contratto di lavoro.
Il licenziamento illegittimo è quello operato ai danni del lavoratore dipendente senza una giusta causa o senza che ci sia un giustificato motivo oggettivo: scopri come impugnarlo.
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