Reato di dichiarazione fraudolenta: cos’è, esempio e pena
Cosa si intende per dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti o di altri artifici e come viene punita in base alla legge in vigore.
- La dichiarazione fraudolenta è un reato che prevede l’utilizzo di fatture o documenti falsi per evadere le imposte, ed esistono diverse modalità per commetterlo.
- Le sanzioni variano in base all’entità dell’evasione, con pene che vanno da 18 mesi a 8 anni.
- La dichiarazione fraudolenta implica un intento fraudolento specifico, distinguendosi così dalla dichiarazione infedele che può avvenire per errori non intenzionali.
Il reato di dichiarazione fraudolenta occupa una posizione di rilievo per la sua pervasività e le sue implicazioni socio-economiche. Questo reato, disciplinato nel contesto delle frodi fiscali e dei reati tributari rappresenta una delle forme più insidiose di evasione, mettendo a dura prova i sistemi di controllo delle amministrazioni finanziarie e compromettendo l’equità fiscale. La dichiarazione fraudolenta è disciplinata dall’art. 2 del D.lgs. n. 74 del 2000. Questo reato si concretizza quando un contribuente, con l’intento di evadere le imposte sui redditi o l’IVA, presenta una dichiarazione annuale contenente elementi passivi fittizi mediante l’utilizzo di fatture o documenti relativi a operazioni inesistenti. Ma procediamo per gradi.
Cos’è la dichiarazione fraudolenta?
La dichiarazione fraudolenta è un reato previsto dall’art. 2 del D. lgs. n. 74 del 2000. Questo delitto si configura quando un contribuente, allo scopo di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto (IVA), presenta una dichiarazione annuale contenente elementi passivi fittizi, avvalendosi di fatture o altri documenti relativi a operazioni inesistenti. Le operazioni inesistenti possono essere oggettive, quando l’operazione economica non è mai avvenuta, o soggettive, quando le fatture riportano nominativi diversi da quelli effettivi.
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Dichiarazione fraudolenta: tipologie
Ci sono diverse tipologie di dichiarazione fraudolenta, ovvero:
- oggettiva: le operazioni non sono mai avvenute;
- soggettiva: le fatture contengono nomi falsi o alterati;
- sovrafatturazione: la fattura attesta beni o servizi a prezzi maggiori rispetto a quelli reali.
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Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti
La dichiarazione fraudolenta può essere anche perpetrata mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Tale ipotesi si verifica quando il contribuente utilizza fatture false o documenti fittizi per giustificare costi non sostenuti, riducendo così l’imponibile fiscale.
Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici
Altra ipotesi è quella della dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici. In questo caso, il contribuente utilizza altri mezzi fraudolenti, come l’alterazione di libri contabili, la doppia contabilità o l‘occultamento di parte dei ricavi, per presentare una dichiarazione fiscale non corrispondente alla realtà.
È importante notare che la dichiarazione fraudolenta può avvenire anche attraverso l’uso di “frodi carosello”, dove una catena di transazioni fittizie viene utilizzata per creare crediti IVA indebiti. Questo metodo sfrutta le operazioni intracomunitarie esenti da IVA per ingannare il sistema fiscale.
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Dichiarazione fraudolenta: esempio
Per comprendere meglio la dichiarazione fraudolenta, esaminiamo un esempio pratico. Immaginiamo un imprenditore che, per ridurre il carico fiscale della sua azienda, registra nei libri contabili una serie di fatture per acquisti mai effettuati. Queste fatture false vengono poi utilizzate per compilare la dichiarazione dei redditi, risultando in un’imposta sul reddito inferiore a quella effettivamente dovuta. In questo scenario, l’imprenditore ha commesso il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti.
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Dichiarazione fraudolenta: pena
Il reato di dichiarazione fraudolenta è disciplinato dall’art. 2 del D. lgs. n. 74 del 2000. Le pene previste variano a seconda della gravità del reato come segue:
- reclusione da un anno e sei mesi a sei anni per la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti;
- reclusione da un anno e sei mesi a sei anni per la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici.
Tuttavia, se l’importo dell’imposta evasa è inferiore a 100.000 euro, la pena prevista è ridotta a un periodo che varia da 18 mesi a 6 anni.
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Elemento soggettivo
Il dolo specifico è un elemento essenziale per configurare questo reato. La Cassazione ha affermato che il dolo specifico si manifesta nella consapevolezza e volontà di utilizzare fatture false per evadere le imposte. Anche il dolo eventuale, cioè la consapevolezza della possibilità di commettere il reato accettando il rischio, è sufficiente per configurare il reato.
Modifiche normative come quelle introdotte dalla Legge di Bilancio 2020 (legge n. 157 del 2019) hanno inasprito le pene per i reati tributari, introducendo anche una causa di non punibilità nel caso di ravvedimento operoso, purché questo avvenga prima dell’inizio di eventuali accertamenti o procedimenti penali.
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Dichiarazione fraudolenta: prescrizione
Il termine di prescrizione per il reato di dichiarazione fraudolenta è disciplinato dall’art. 2 del D.lgs. 74 del 2000. La giurisprudenza ha chiarito che tale reato è di natura istantanea, consumandosi al momento della presentazione della dichiarazione fiscale contenente elementi fittizi, indipendentemente dall’eventuale presentazione di una dichiarazione integrativa successiva, che non modifica il momento della consumazione del reato.
Per quanto riguarda la prescrizione, il reato di dichiarazione fraudolenta è soggetto alle norme generali previste dall’art. 157 del Codice Penale, che stabilisce che il termine di prescrizione coincide con il massimo della pena edittale prevista dalla legge. Per il reato di dichiarazione fraudolenta, la pena massima è di otto anni di reclusione, quindi il termine di prescrizione è di otto anni. Tuttavia, la legge prevede che questo termine possa essere aumentato fino a un quarto in caso di interruzioni, portando il termine massimo di prescrizione a dieci anni.
Le giurisprudenze han chiarito che il termine di prescrizione decorre dalla data di presentazione della prima dichiarazione contenente elementi fittizi e non dalla data di eventuali dichiarazioni integrative che riportino gli stessi elementi fittizi. In questo senso, la Suprema Corte, con sentenza n. 3957 del 4 febbraio 2022, ha confermato che il reato si perfeziona al momento della presentazione della dichiarazione e che la prescrizione decorre da quel momento. Nel caso specifico, la Corte ha annullato una condanna sostenendo che la prescrizione fosse già maturata alla data di pronuncia della decisione impugnata, poiché era trascorso il termine massimo di prescrizione dalla data della dichiarazione iniziale.
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Differenze tra dichiarazione fraudolenta e dichiarazione infedele
La dichiarazione infedele e la dichiarazione fraudolenta rappresentano due fattispecie di reato entrambe disciplinate dal D.lgs. n. 74 del 2000. La distinzione principale tra questi due reati risiede nella presenza o assenza dell’intento fraudolento.
La dichiarazione infedele, disciplinata dall’art. 4 del D.Lgs. 74/2000, si configura quando il contribuente indica nella dichiarazione dei redditi elementi attivi inferiori a quelli reali o elementi passivi inesistenti, superando determinate soglie di punibilità. Le soglie stabiliscono che l’imposta evasa deve superare € 100.000 per singola imposta e gli elementi attivi sottratti devono essere superiori al 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi dichiarati, o comunque superiori a € 2.000.000.
L’errore può essere dovuto a negligenza, errori di calcolo o interpretazione delle norme fiscali. Non è necessario un comportamento fraudolento, ma il reato può comunque avere conseguenze penali, prevedendo pene che vanno dalla reclusione da due a quattro anni e sei mesi.
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Intento specifico nella dichiarazione fraudolenta
La dichiarazione fraudolenta prevede invece un intento deliberato di evadere le imposte attraverso l’uso di mezzi fraudolenti. Un aspetto essenziale della dichiarazione fraudolenta è l’utilizzo consapevole di falsificazioni o manipolazioni, come l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, allo scopo di ingannare il fisco. Questo comportamento richiede una pianificazione e una volontà chiara di frodare, rendendo il reato più grave e, pertanto, punito con pene più severe. L’intenzione di evadere il fisco e l’uso di mezzi ingannevoli sono elementi centrali per la qualificazione del reato come fraudolento.
In sintesi, la principale differenza tra la dichiarazione infedele e quella fraudolenta risiede nell’intenzione: la prima può derivare da errori o negligenza senza intento fraudolento, mentre la seconda implica un comportamento intenzionale e deliberatamente ingannevole. Le sanzioni riflettono questa distinzione, con pene più leggere per la dichiarazione infedele rispetto a quelle previste per la dichiarazione fraudolenta, che comporta reclusione fino a otto anni nei casi più gravi.
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Ravvedimento operoso nei reati tributari
Il ravvedimento operoso è un istituto giuridico che permette ai contribuenti di correggere spontaneamente errori o omissioni nelle dichiarazioni fiscali, evitando sanzioni penali e riducendo quelle amministrative. Per beneficiare di questo strumento, il contribuente deve attivarsi prima che l’Amministrazione finanziaria inizi un accertamento formale, il che può avvenire in qualsiasi momento dopo la scadenza della dichiarazione, ma prima che l’ufficio tributario comunichi l’inizio delle verifiche.
Il ravvedimento comporta il pagamento integrale delle imposte dovute, degli interessi legali e di una sanzione ridotta, con riduzioni che variano a seconda della tempestività del ravvedimento stesso. Un aspetto essenziale del ravvedimento operoso è la non punibilità per il reato di dichiarazione fraudolenta se il ravvedimento avviene prima dell’inizio di eventuali accertamenti o procedimenti penali, principio rafforzato dalla Legge di Bilancio 2020. La Corte di Cassazione ha ribadito la rilevanza della tempestività e della completezza del ravvedimento, confermando la non punibilità del contribuente in tali casi.
Specificamente per la dichiarazione infedele, i termini del ravvedimento prevedono diverse riduzioni delle sanzioni:
- entro 90 giorni dalla scadenza della dichiarazione, la sanzione è ridotta a 1/10 del minimo;
- entro il termine per la dichiarazione dell’anno successivo la sanzione è ridotta a 1/8 del minimo;
- entro due anni a 1/7 del minimo;
- e oltre due anni a 1/6 del minimo, purché il ravvedimento avvenga prima della notifica di atti di accertamento.
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Dichiarazione fraudolenta – Domande frequenti
Il reato di dichiarazione infedele si configura quando le imposte evase superano determinate soglie senza la necessità di un intento fraudolento specifico.
La pena per il reato di dichiarazione fraudolenta varia da 18 mesi a otto anni, a seconda dell’entità dell’evasione e della presenza di eventuali circostanze attenuanti.
L’uso di fatture false per operazioni inesistenti può comportare la reclusione da quattro a otto anni, o da 18 mesi a sei anni per importi inferiori a 100.000 euro, oltre a pesanti sanzioni pecuniarie.
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