Infortunio sul lavoro: come ottenere il risarcimento del danno

Il lavoratore dipendente ha il diritto di presentare richiesta di trasferimento della sede di lavoro per motivi familiari, ma cosa succede nei casi in cui il lavoratore sia trasferito senza che vengano fornite motivazioni da parte dell’azienda? Si può parlare di mobbing?
Vediamo di seguito quali sono le regole previste dalla legge e come funziona un’eventuale impugnazione del trasferimento da parte del lavoratore.
In base alla normativa in vigore, il datore di lavoro ha la possibilità di procedere con il trasferimento del lavoratore senza averne il preventivo consenso e prevedere che la sua attività lavorativa si svolga in un luogo diverso rispetto a quello indicato sul contratto.
Tuttavia, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 2103 del Codice civile, devono essere rispettati alcuni requisiti in quanto “il lavoratore non può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive”.
La decisione del datore di lavoro è, comunque, insindacabile e il lavoratore non ha il diritto di opporsi non presentandosi presso la nuova sede lavorativa. Nel caso il cui lo facesse commetterebbe una violazione degli obblighi contrattuali e potrebbe anche subire un procedimento disciplinare per:
Il lavoratore ha il diritto di opporsi al trasferimento e di contestarlo. Come? Presentando ricorso al giudice e rispettando quelli che sono i tempi e le modalità previste dalla legge. Cosa si dovrebbe fare nella pratica?
In primo luogo, nel caso in cui si ritenesse di essere stati trasferiti in modo illegittimo, in quanto non sono presenti i requisiti previsti dall’articolo 2103 del Codice civile, si consiglia di chiedere al proprio datore di lavoro – in forma scritta – quali siano le motivazioni che lo hanno condotto al trasferimento.
Si dovrà dunque contestare tali motivi illegittimi, entro 60 giorni di tempo dalla ricezione della lettera di trasferimento, denunciando l’arbitrarietà della decisione. Sarà quindi necessario depositare il ricorso presso il tribunale competente e chiedere al giudice di verificare i fatti e di dichiarare l’illegittimità del trasferimento.
La sede di lavoro rappresenta un elemento importantissimo della lettera di assunzione – e del successivo contratto – e costituisce molto spesso uno dei motivi per i quali viene accettato un determinato impiego.
Posto che il trasferimento del lavoratore potrà avvenire, legalmente, anche senza il suo consenso, ci si può chiedere quali siano gli obblighi dell’azienda in merito alle motivazioni che devono essere fornite al lavoratore.
Nonostante ci debbano essere delle ragioni legate alle esigenze organizzative, tecniche e produttive per le quali il lavoratore dovrà essere trasferito:
Analizzando la casistica nella quale il lavoratore decida di rifiutare il trasferimento, la Cassazione ha emanato sentenze differenti nel corso degli anni.
Secondo alcune il lavoratore non può rifiutare il trasferimento, anche se avviene senza il suo consenso: dovrà recarsi presso la nuova sede lavorativa e, solo se ritiene il provvedimento illegittimo, potrà impugnarlo. In caso di vittoria, riuscirebbe a tornare nella sua sede lavorativa originaria.
Di contro, secondo alcune sentenze più recenti il trasferimento può essere rifiutato fin da subito quando non siano presenti le motivazioni tecniche, organizzative e produttive per le quali lo si può considerare legittimo. In questa seconda ipotesi, il lavoratore che non si presenta presso la nuova sede non potrà essere licenziato.
Il lavoratore potrà opporsi a un trasferimento solo se illegittimo presentando il relativo ricorso al giudice del lavoro.
Le conseguenze in caso di rifiuto cambiano in relazione al diverso orientamento della giurisprudenza in materia: scopri come.
Il trasferimento può essere rifiutato quando non siano presenti i requisiti per i quali è considerato legittimo previsti dal Codice civile.