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Responsabilità del datore di lavoro per danni al lavoratore: guida aggiornata

Quando il datore di lavoro risponde per l'infortunio del lavoratore? Quali sono le misure di sicurezza che deve adottare? Quando il datore di lavoro risponde per il fatto illecito del lavoratore? Scoprilo nella nostra guida.

datore di lavoro
  • Il datore di lavoro risponde per i danni cagionati ai lavoratori in caso di infortunio sul lavoro, dovuto alla mancata adozione delle regole cautelari.
  • La legge impone, all’art. 2087 c.c., l’obbligo del datore di lavoro di rispettare le regole di cautela per garantire la sicurezza sul lavoro.
  • Il datore di lavoro è tenuto anche a rispondere dei danni che sono cagionati dallo stesso lavoratore nell’esercizio delle funzioni.

Negli ultimi anni, il dibattito sugli infortuni sul lavoro è diventato particolarmente acceso. Molte sono state le morti sui luoghi di lavoro, altrettanti gli infortuni o le ipotesi in cui sia insorta una malattia causata proprio dall’attività lavorativa.

Le cronache, infatti, sono piene di predetti casi, che spesso scuotono l’opinione pubblica. Come è trattata la responsabilità del datore di lavoro? Quando risponde degli infortuni?

Nel seguente articolo faremo una panoramica completa della responsabilità del datore di lavoro. In primo luogo, tratteremo il caso della responsabilità per infortuni sul lavoro, individuando le norme alla base di tale disciplina e le regole sull’onere della prova.

Ti indicheremo anche quando la condotta negligente del lavoratore può influire sulla responsabilità del datore di lavoro. Infine, allo scopo di completare il quadro della disciplina della responsabilità del datore di lavoro, analizzeremo anche quando il datore di lavoro risponde per il fatto illecito compiuto dal lavoratore

Responsabilità del datore di lavoro per i danni al lavoratore

Molto frequentemente, la giurisprudenza deve occuparsi della responsabilità del datore di lavoro per eventuali danni arrecati al lavoratore stesso. Uno dei casi più frequenti è la condotta del datore che non rispetta le misure cautelari, previste per garantire tutela sul posto di lavoro.

A tal proposito, si richiama il caso dei lavoratori esposti ad amianto, sostanza ad elevato tasso di tossicità, che può causare tumori gravi, come il mesotelioma pleurico. Oppure, altrettanto nota è l’annosa questione dell’Ilva, che da anni ormai è all’attenzione dei giudici, dove le condizioni di lavoro sono tali da arrecare gravi pregiudizi alla salute dei dipendenti, e non solo.

Ogniqualvolta il datore di lavoro non rispetta le norme sulla sicurezza sul lavoro è integrata:

  • una responsabilità penale per le lesioni o la morte conseguente alla violazione delle regole di sicurezza;
  • una responsabilità civile per i danni arrecati, in primo luogo, ai lavoratori, ai sensi dell’art. 2087 c.c.

In questa sede, tratteremo in particolare la responsabilità civile per i danni arrecati ai lavoratori.

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Obblighi di sicurezza e responsabilità del datore di lavoro

Il datore di lavoro è tenuto a rispettare gli obblighi di sicurezza sul lavoro per tutelare i propri dipendenti. Questi obblighi sono desunti da molteplici disposizioni, sia di rango costituzionale, che non. In particolare, ricordiamo:

  • art. 32 Cost. sulla tutela del diritto alla salute;
  • art. 31 Carta di Nizza, ove è previsto che “ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose”;
  • d.lgs. 81/2008 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;
  • art. 2087 c.c. secondo cui l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, siano necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.

In base a queste norme, la giurisprudenza ha desunto due obblighi di sicurezza specifici. Il datore di lavoro deve adottare:

  1. le misure necessarie espressamente previste dalla legge a tutela della salute dei lavoratori;
  2. ogni altra misura riconosciuta dalla scienza al fine di prevenire rischi certi (non anche rischi non scientificamente accertati), anche non espressamente prevista dalla legge, che si renda necessaria per tutelare l’integrità fisica dei dipendenti.

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Cosa succede se sono violati gli obblighi di sicurezza?

Il datore di lavoro è tenuto a risarcire i danni sia se non adotta le misure espressamente previste dalla legge, sia se non adotta le c.d. misure innominate. Per quanto riguarda la seconda ipotesi, il datore risponde solo se non adotta le misure che sono ordinariamente considerate esigibili

Cosa significa? Significa che al datore di lavoro non possono essere chiesti sforzi sproporzionati, per esempio, volti a prevenire rischi che non sono ancora stati accertati scientificamente. 

Laddove dall’inadempimento a tal dovere di rispettare le regole di sicurezza sul lavoro derivi un infortunio sul lavoro o la morte di un lavoratore, in questo caso, il datore di lavoro è tenuto al risarcimento del danno. 

Cosa succede se il lavoratore si espone a pericoli?

Normalmente, la disciplina della responsabilità presuppone che la condotta del danneggiato, che concorre al fatto illecito, possa causare l’esclusione della responsabilità. In questo caso, il lavoratore che ponga in essere una condotta imprevedibile e straordinaria potrebbe escludere la responsabilità del datore di lavoro

Tuttavia, se la responsabilità non è abnorme, come viene valutata la condotta del lavoratore che viola, a sua volta, le regole cautelari? La disciplina è prevista dall’art. 1227 c.c.

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Cosa prevede l’art. 1227 cc

Il comma primo disciplina il concorso del danneggiato nella causazione del danno evento. La norma prevede una diminuzione del risarcimento del danno secondo la gravità della colpa e delle conseguenze che ne sono derivate.

La norma in questione sembra introdurre una deroga al principio di equivalenza causale, ossia di irrilevanza nell’accertamento della causalità tra condotta ed evento, della presenza di concause che hanno contribuito alla realizzazione del danno.

La norma sembra porsi in continuità con la disposizione dell’art. 2055 c.c., il quale stabilisce che ciascuno dei danneggianti risponde in solido del danno arrecato, dunque, il debitore adempiente ha diritto di rivalsa verso i codebitori, in misura equivalente al grado della colpa.

Nell’ambito dell’art. 1227 c.c., il co-debitore è lo stesso danneggiato, quindi il legislatore prevede la diretta riduzione del risarcimento, piuttosto che il sistema della rivalsa. Il danneggiato concorre ove sia in colpa, che, in senso civilistico, si interpreta come la mera violazione della regola cautelare. Quindi, il danneggiato concorre ove ponga in essere una qualsiasi condotta negligente o imprudente che costituisca concausa dell’evento.

Concorso colposo del danneggiato

Il comma secondo dell’art. 1227 c.c., invece, disciplina il concorso colposo del danneggiato nella causazione del danno conseguenza. La norma esclude il risarcimento per quelle conseguenze che il danneggiato poteva prevenire con ordinaria diligenza.

Tale onere della vittima non può comunque estendersi fino a ricomprendere il compimento di attività straordinarie o che comportino notevoli rischi o sacrifici per il danneggiato.

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Quando la condotta colposa del lavoratore è rilevante?

Non sempre la condotta colposa del lavoratore concorre a:

  • escludere il nesso di causalità;
  • ridurre il risarcimento.

In particolare, la giurisprudenza, con riferimento al danno arrecato dal datore di lavoro per violazione delle regole antinfortunistiche, ha osservato che se il datore di lavoro ha omesso di adottare le prescritte misure di sicurezza, oppure ha impartito l’ordine da cui si è verificato l’infortunio, oppure ha trascurato di fornire al lavoratore infortunato un’adeguata formazione ed informazione sui rischi lavorativi, la condotta imprudente del lavoratore è mera occasione fortuita e, quindi, è giuridicamente irrilevante al fine di escludere la responsabilità del datore di lavoro.

Ha evidenziato la Cassazione che è: ​​

escluso il concorso di colpa del lavoratore ove l’infortunio sia avvenuto a causa della organizzazione stessa del ciclo lavorativo, impostata con modalità contrarie alle norme finalizzate alla prevenzione degli infortuni, o comunque contraria ad elementari regole di prudenza.

Mentre, la responsabilità del datore di lavoro è esclusa se la condotta del lavoratore è abnorme, cioè se eccede i limiti dell’ordinaria imprudenza o negligenza nello svolgimento delle mansioni attribuite.

Inoltre, il lavoratore deve porre in essere un comportamento atipico ed eccezionale che risulti come la causa esclusiva dell’evento (Cass. 4075/2004) ed imprevedibile per il datore di lavoro, ossia non deve costituire una possibile e ordinaria evoluzione dell’esercizio delle funzioni conferite.

Qual è il ruolo dell’INAIL in tema di infortuni sul lavoro? Scoprilo leggendo: Assegno INAIL infortunio: quando arriva?

misure di sicurezza sul posto di lavoro e responsabilità del datore di lavoro

Chi prova il danno?

Infine, possiamo fare una breve panoramica su quello che è l’onere della prova. L’art. 2087 c.c. non prevede, infatti, una responsabilità oggettiva a carico del datore di lavoro. 

Dunque, il lavoratore dovrà provare:

  • il fatto costituente inadempimento;
  • la sussistenza del danno;
  • il nesso causale tra questi due elementi

Trattandosi di una responsabilità contrattuale, non sarà tenuto a fornire la prova dell’elemento soggettivo. Vige la presunzione di colpa fino a prova contraria. 

Il datore di lavoro, invece, è tenuto a provare di aver adottato tutte le misure di sicurezza che l’ordinamento o la scienza imponevano di adottare, al momento in cui l’attività lavorativa è stata posta in essere.

Ti consigliamo di approfondire l’argomento leggendo anche: Infortunio sul lavoro: come ottenere il risarcimento del danno

Responsabilità per i danni arrecati dal lavoratore

L’art. 2049 c.c. prevede la responsabilità dei padroni e committenti per fatto dell’ausiliario. Oggi, la norma è interpretata in senso estensivo, dunque si applica ogniqualvolta un soggetto si avvalga dell’opera di altri allo stesso legato da vincoli di varia natura.

Secondo una prima interpretazione, la norma prevede una responsabilità per colpa presunta derivante da colpa in vigilando o in eligendo Tuttavia, da una lettura attenta della disposizione, si riscontra che il dato normativo non riconosce al responsabile alcuna prova liberatoria. Dunque, secondo l’orientamento prevalente, l’art. 2049 c.c. disciplina una responsabilità oggettiva.

La norma trova applicazione ove la condotta illecita del preposto sia occasionata dall’esercizio delle mansioni conferitegli. Il nesso di occasionalità necessaria sussiste se l’esercizio delle funzioni abbia determinato, agevolato o reso possibile la realizzazione del fatto lesivo, non rilevando che il dipendente abbia superato il limite della mansioni affidategli.

D’altra parte, si evidenzia pure che il nesso di occasionalità viene meno ove la condotta del preposto sia una conseguenza imprevedibile, ossia non possa essere considerata il normale sviluppo di sequenze di eventi occasionate dall’esercizio delle mansioni. 

Ti consigliamo anche di leggere: Mobbing sul lavoro: esempi, cosa fare e come dimostrarlo

responsabilità per fatto del lavoratore

Art. 2049 c.c. e dipendente PA

La pubblica amministrazione risponde del fatto del proprio dipendente in ragione di:

  • responsabilità diretta, prevista ai sensi dell’art. 28 Cost;
  • responsabilità indiretta, ai sensi dell’art. 2049.

La prima ipotesi di responsabilità sussiste in forza del rapporto di immedesimazione organico. Se il dipendente pone in essere la condotta nell’esercizio di pubblici poteri amministrativi, dunque, la condotta è essa stessa estrinsecazione del potere: allora, si configura responsabilità diretta della PA.

La seconda ipotesi di responsabilità, invece, ricorre quando viene meno il rapporto di immedesimazione organico, in caso di gravi condotte del dipendente, oppure l’attività compiuta si riduce a mera attività materiale della PA, ossia non presuppone l’esercizio di potere pubblico. In questo secondo caso, comunque la PA risponde ai sensi dell’art. 2049

Una diversa conclusione, è stato osservato dalle SS UU, non risulterebbe conforme al principio di eguaglianza e non discriminazione.

Approfondisci l’argomento leggendo anche: Straining: cos’è, quando si configura e come si dimostra 

Responsabilità del datore di lavoro – Domande frequenti

Quando il datore di lavoro risponde per infortunio del lavoratore?

La responsabilità del datore di lavoro sorge quando egli non adempie alla regola cautelare dell’art. 2087 c.c. che impone l’obbligo di adottare le misure di sicurezza.

Quali misure di sicurezza deve adottare il datore di lavoro?

Il datore di lavoro, per non incorrere in responsabilità, deve adottare tutte le misure di sicurezza imposte dalla legge e quelle che la scienza ha elaborato per prevenire rischi scientificamente certi.

Quando il datore di lavoro risponde per l’illecito del lavoratore?

La responsabilità del datore di lavoro per fatto illecito del lavoratore sorge quando il lavoratore ha tenuto la condotta in occasione dell’esercizio delle mansioni attribuitegli dal datore di lavoro.

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Avv. Clelia Tesone
Avvocato civilista
Laureatasi in Giurisprudenza con la votazione di 110 e Lode presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e con approfondita conoscenza delle materie del Diritto Civile e del Diritto Amministrativo. Ha brillantemente conseguito l’abilitazione alla professione di avvocato, a seguito dell’espletamento della pratica forense in diritto civile e il tirocinio ex art. 73 d.l. 69/2013 presso la Procura della Repubblica di Napoli Nord.
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