Usucapione parti comuni condominiali: quali beni del condominio sono usucapibili?
L'usucapione di parti comuni condominiali è possibile, ma è rara e difficile da provare. Serve, infatti, una prova forte di esclusione e opposizione per almeno 20 anni.
L’usucapione delle parti comuni in condominio è un tema complesso che vede scontrarsi il diritto del singolo condomino con la natura collettiva dei beni descritti dall’art. 1117 c.c. Sebbene la legge ammetta l’acquisto della proprietà esclusiva su un bene comune per possesso ventennale, la giurisprudenza richiede una prova estremamente rigorosa dell’esclusione degli altri comproprietari dal godimento del bene. L’usucapione delle parti comuni è possibile, infatti, solo in presenza di atti materiali incompatibili con il compossesso. L’esclusione degli altri deve essere oggettiva, stabile e riconoscibile. Vediamo in modo più specifico come funziona.
Le parti comuni del condominio sono usucabili?
L’usucapione delle parti comuni di un condominio è possibile, ma ci sono dei però. A conti fatti, non basta l’uso più intenso della cosa comune, ma si deve dimostrare di averne impedito l’accesso agli altri condomini per almeno 20 anni.
A differenza del possessore di bene altrui, il condomino (compossessore) non deve compiere una formale interversione del possesso ex art. 1164 c.c., ma deve manifestare un’inequivocabile volontà di possedere uti dominus, vale a dire come se fosse il proprietario.
L’azione di usucapione incide sul diritto di proprietà di ogni singolo partecipante; pertanto, sussiste un (art. 102 del codice di procedura civile) che impone di citare in giudizio tutti i condomini e non solo l’amministratore. Tuttavia, il condominio, inteso come assemblea, non può decidere a maggioranza di cedere o riconoscere l’usucapione di un bene comune, servendo il consenso unanime per atti dispositivi della proprietà.
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Usucapione condominio e legittimazione attiva
In un processo volto ad accertare l’usucapione di un bene condominiale, la legittimazione attiva spetta ai singoli condomini. L’amministratore può agire in giudizio per rivendicare un bene come comune o difendersi da una pretesa di usucapione di terzi solo se munito di un mandato speciale rilasciato da ciascun condomino interessato.
Sotto il profilo della legittimazione passiva, se un condomino o un terzo cita il Condominio per sentir dichiarare l’usucapione, l’amministratore non può rappresentare i proprietari in tale specifica materia. La Corte di Cassazione ha recentemente ribadito che, poiché la domanda incide sul diritto reale dei singoli, il giudizio è nullo se non partecipano tutti i comproprietari (litisconsorzio necessario).
Usucapione del cortile di pertinenza
Il cortile condominiale è uno dei beni più frequentemente oggetto di pretese acquisitive. Per usucapire una porzione di cortile, il condomino deve dimostrare di averlo sottratto all’uso degli altri mediante recinzioni, chiusure con cancelli o opere murarie che ne rendano impossibile l’utilizzo paritetico.
La Cassazione, sentenza n. 26024/2024, ha confermato che l’usucapione è possibile se il condòmino detiene il locale o l’area in modo esclusivo, impedendo fattivamente l’accesso agli altri. L’uso del cortile come parcheggio esclusivo o la sua coltivazione non integrano di per sé l’usucapione se tali condotte sono tollerate o compatibili con l’uso paritetico previsto dall’art. 1102 c.c.
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Usucapione di un bene altrui da parte del condomino
Un condomino può usucapire la quota degli altri comproprietari senza dover mutare il titolo del possesso (interversione), ma compiendo atti che rivelino l’intenzione di possedere esclusivamente. Tuttavia, non è possibile usucapire il cosiddetto “diritto di uso esclusivo” atipico: se si possiede un’area, o si acquisisce la piena proprietà o si rimane nell’ambito dell’uso della cosa comune.
Il condominio può usucapire un bene privato?
Sì, il condominio può usucapire un bene di proprietà privata (per esempio un’area adiacente appartenente a un terzo o a un singolo condomino) se la collettività ne ha fatto un uso comune ininterrotto per 20 anni.
Tuttavia, poiché il condominio è un ente di gestione privo di personalità giuridica autonoma, l’acquisto per usucapione avviene a favore dei singoli condomini pro-quota, e non dell’ente “condominio” in quanto tale. Per avviare tale azione, l’amministratore deve necessariamente essere autorizzato da tutti i partecipanti, in quanto l’acquisto a titolo originario modifica la sfera patrimoniale dei singoli.
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Orientamenti giurisprudenziali recenti
La giurisprudenza più recente conferma che l’usucapione delle parti comuni condominiali è astrattamente ammissibile, ma solo quando il comportamento del singolo condomino superi chiaramente la soglia del mero uso più intenso o tollerato, trasformandosi in un possesso esclusivo giuridicamente rilevante.
In questa prospettiva si colloca la Cassazione n. 26024/2024, che ribadisce come l’uso esclusivo di un locale condominiale accompagnato dall’esclusione fisica degli altri condomini integri un possesso uti dominus. Secondo la Corte, quando l’appropriazione materiale del bene comune è tale da rendere impossibile l’esercizio del pari diritto altrui, viene meno la presunzione di compossesso e si realizza una situazione idonea a fondare l’usucapione, purché il possesso sia continuo, pacifico e protratto per il termine ventennale.
Tuttavia, la giurisprudenza di legittimità richiama con forza la necessità che il possesso sia inequivoco. In tal senso, la Cassazione n. 32808/2021 chiarisce che, in caso di dubbio sul significato dell’atto materiale, il termine per l’usucapione non può iniziare a decorrere. Se la condotta del condomino è suscettibile di essere interpretata come semplice esercizio più intenso del diritto comune, o come uso tollerato dagli altri partecipanti, la volontà di possedere in via esclusiva deve essere manifestata e resa conoscibile agli altri condomini. In mancanza di tale esteriorizzazione, il comportamento resta giuridicamente ambiguo e non idoneo a mutare la detenzione in possesso esclusivo.
Sul piano degli effetti pratici dell’acquisto per usucapione, interviene poi la Corte d’Appello di Roma n. 41/2025, che affronta il rapporto tra usucapione e gestione condominiale. La sentenza afferma che l’avvenuto acquisto per usucapione di una porzione comune deve essere comunicato all’amministratore, affinché l’anagrafe condominiale venga aggiornata. Tuttavia, fino a tale comunicazione, il precedente proprietario (o comproprietario) resta obbligato in solido per le obbligazioni condominiali. La decisione evidenzia come l’usucapione produca effetti reali automatici, ma non esoneri dall’onere di rendere conoscibile il mutamento soggettivo all’interno dell’organizzazione condominiale.
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