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Violazione del segreto di ufficio: cosa significa e come viene punito

Il segreto d'ufficio è un principio fondamentale che trova rilevanza sia in ambito amministrativo, sia in ambito penale. Entriamo nei dettagli e vediamo cosa significa e cosa comporta la sua violazione.

violazione segreto d'ufficio
  • Il segreto d’ufficio è un principio fondamentale per i pubblici dipendenti e si configura come il dovere di non divulgare a terzi informazioni acquisite nello svolgimento delle proprie funzioni. 
  • Si tratta di un obbligo essenziale per garantire la riservatezza e l’integrità dell’attività amministrativa e per tutelare gli interessi pubblici.
  • La violazione del segreto di ufficio ha rilevanza nel diritto amministrativo, ma anche in quello penale. 

Il segreto d’ufficio è inteso come il dovere che hanno gli impiegati pubblici di non comunicare all’esterno notizie di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito dell’esercizio delle loro funzioni. Si tratta, quindi, di un principio fondamentale per i pubblici dipendenti e si configura come il dovere di non divulgare a terzi informazioni acquisite nello svolgimento delle proprie mansioni.

La disciplina del segreto d’ufficio ha subito un’evoluzione significativa, riflettendo il passaggio da una concezione tradizionalmente improntata alla segretezza dell’azione amministrativa a un moderno principio di trasparenza e imparzialità, sancito dalla Legge 241/1990.

La violazione del segreto d’ufficio può avere effetti gravi, sia dal punto di vista penale, sia amministrativo. La tutela del segreto, difatti, è cruciale per evitare che informazioni riservate siano utilizzate per vantaggi personali o che possano compromettere la fiducia nell’imparzialità dell’amministrazione. Vediamo in cosa consiste il reato in questione.

Il reato di violazione del segreto d’ufficio nel codice penale

Partendo dal settore penale, la violazione del segreto d’ufficio rileva sotto il profilo penalistico, qualora si verifichi la fattispecie di reato di cui all’art. 326 c.p. – Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio.

Tale norma prevede che la punibilità di un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio che rivela o utilizza indebitamente informazioni o atti riservati, di cui è venuto a conoscenza per ragione del suo ufficio o servizio, e che devono essere mantenuti segreti per legge o per disposizione dell’autorità.

La norma recita testualmente che:

Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Se l’agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno.

Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni.

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Come viene punito il reato di violazione del segreto d’ufficio

Come abbiamo visto, i tre commi dell’art. 326 c.p. prevedono, a seconda del caso, pene differenti. Il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, rivela notizie di ufficio che devono rimanere segrete, o comunque ne agevola la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni – la pena più grave è dunque prevista al comma 1. Se la rivelazione o l’utilizzazione avvengono per colpa, la pena è diminuita.

Ricapitolando le pene per la violazione del segreto ufficio sono:

  • da 6 mesi a 3 anni per violazione del segreto di ufficio in linea generale;
  • fino ad 1 anno in caso di violazione solo colposa;
  • da 2 a 5 anni in caso di violazione per procurare a sé o altri un indebito profitto;
  • fino a 2 anni se viene procurato a sé o altri un profitto non patrimoniale o un danno ingiusto ad altri.

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Esempio reato di violazione segreto di ufficio

Alcuni esempi di violazione del segreto d’ufficio possono essere quelli di un dipendente comunale che rivela a terzi l’esistenza di un’indagine prima che questa diventi pubblica. O ancora, un ufficiale sanitario che comunica dati sensibili di un paziente senza autorizzazione o un funzionario che fornisce informazioni riservate su un appalto a una delle parti interessate.

Facciamo un esempio più approfondito. Un funzionario comunale lavora nell’ufficio tecnico e ha accesso ai documenti relativi a una procedura di esproprio per pubblica utilità. Durante lo svolgimento del suo incarico, viene a conoscenza del fatto che un’area di proprietà privata sarà oggetto di esproprio per la costruzione di una strada. Questa informazione è riservata e non ancora pubblica.

Il funzionario, anziché rispettare il segreto d’ufficio, informa un suo amico imprenditore, che utilizza questa notizia per acquistare a un prezzo vantaggioso alcuni terreni limitrofi a quelli che saranno espropriati, sapendo che il loro valore aumenterà dopo la realizzazione della strada.

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Procedibilità

La procedibilità in caso di reato di violazione di segreto di ufficio è d’ufficio, nel senso che non è necessario che la persona offesa sporga una querela. L’azione penale può essere avviata autonomamente dal pubblico ministero, qualora venga a conoscenza della violazione.

Eccezioni si prevedono quando la violazione del segreto è collegata ad altri reati che prevedono la procedibilità a querela (per esempio, violazione della privacy): in tali ipotesi potrebbe essere necessaria la querela per questi reati collegati. Tuttavia, l’art. 326 c.p. resta autonomamente procedibile d’ufficio.

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Prescrizione

Il reato di violazione del segreto d’ufficio prevede una pena massima di 3 anni di reclusione. Ai sensi dell’art. 157 del codice penale, il termine di prescrizione è di 6 anni, decorrenti dal giorno in cui è stato commesso il fatto. Tuttavia, possono configurarsi degli eventi come l’emissione di un atto interruttivo (es. un avviso di garanzia o l’inizio del procedimento) che comportano l’interruzione del termine di prescrizione. Ogni interruzione fa ripartire il calcolo del termine, ma con un limite massimo che non può superare 7 anni e 6 mesi (pari al termine ordinario aumentato di un quarto). 

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Cosa dice la legge 241/90 sul segreto di ufficio

Abbiamo detto che la violazione del segreto di ufficio ha rilevanza sia in ambito penale, sia amministrativo. In quest’ultimo caso, la disciplina del segreto d’ufficio trova fondamento nella Legge n. 241/1990, la quale ha introdotto il diritto di accesso ai documenti amministrativi.

Tale legge ha anche riformulato l’art. 15 del D.P.R. 3/1957, il quale in origine prevedeva la disciplina del segreto di ufficio stabilendo che:

l’impiegato deve mantenere il segreto d’ufficio. Egli non può fornire notizie riguardanti provvedimenti od operazioni amministrative in corso, né dare comunicazioni o copie di atti dell’amministrazione senza l’osservanza delle disposizioni di legge e dei regolamenti in materia.

Con l’introduzione della Legge n. 241/1990, che ha riconosciuto il diritto di accesso agli atti amministrativi, l’art. 15 è in pratica stato riformulato per armonizzarlo con i nuovi principi di trasparenza e accessibilità dell’azione amministrativa. In particolare, la legge del 1990 prevede che l’accesso agli atti è un diritto generale e la comunicazione o il rilascio di copie di documenti da parte dell’impiegato pubblico non viola il segreto d’ufficio, purché avvenga in conformità alle norme sulla trasparenza (art. 22 e seguenti della L. 241/1990).

Il dovere di segretezza resta applicabile per tutte le informazioni che sono espressamente coperte da segreto per legge (es. segreto di Stato, segreto investigativo) o che riguardano procedimenti riservati o contengono dati sensibili e personali che non possono essere divulgati.

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Differenza tra segreto d’ufficio e segreto professionale

La differenza tra segreto d’ufficio e segreto professionale risiede principalmente nel contesto di applicazione, nei soggetti obbligati e nelle finalità che ciascun segreto intende tutelare.

Il segreto d’ufficio è l’obbligo imposto ai pubblici dipendenti di non divulgare informazioni apprese nell’esercizio delle loro funzioni, per tutelare la riservatezza e il corretto svolgimento dell’attività amministrativa. 

Il segreto professionale, invece, è l’obbligo imposto a chi esercita una professione (es. medici, avvocati, psicologi, giornalisti, sacerdoti) di mantenere riservate le informazioni apprese nell’ambito della propria attività lavorativa o durante la relazione professionale con il cliente. 

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Violazione segreto di ufficio – Domande frequenti

Cosa si intende per segreto d’ufficio?

Il segreto d’ufficio è l’obbligo imposto a tutti i pubblici dipendenti e incaricati di pubblico servizio di non divulgare o comunicare a soggetti non autorizzati informazioni, notizie, atti o documenti acquisiti nell’esercizio delle proprie funzioni.

Quali sono gli elementi costitutivi del reato di rivelazione del segreto d’ufficio?

Il reato di rivelazione del segreto d’ufficio, previsto dall’art. 326 del Codice Penale, si configura quando un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio viola il dovere di riservatezza. Il soggetto attivo può essere un pubblico ufficiale (es. un sindaco, un funzionario statale), un incaricato di pubblico servizio (es. un tecnico comunale, un addetto alla sanità pubblica) o un  pubblico impiegato. La condotta punibile è il comportamento attivo con cui il soggetto comunica a terzi informazioni, notizie, atti o documenti coperti dal segreto d’ufficio.

Cosa dice l’articolo 326 del codice penale?

L’art. 326 c.p. punisce sia la rivelazione attiva (comunicazione indebita), sia l’utilizzazione di notizie riservate a fini personali o per arrecare danno. 

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Alessandra Caparello
Esperta di diritto tributario, fisco, tasse, previdenza.
Laureata in Giurisprudenza all’Università di Pisa, dal 2012 scrive online collaborando con diverse testate in materia di fisco, tasse, previdenza, risparmio ed economia.
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