Abuso di potere: cosa si intende e quando costituisce reato
Cosa succede, a livello pratico, dopo l'abolizione del reato di abuso d'ufficio: ecco quando si configura e come si punisce oggi l'abuso di potere.
- L’abuso di potere è una condotta in cui un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio eccede i limiti delle proprie funzioni, utilizzandole in modo scorretto per ottenere vantaggi indebiti o per danneggiare terzi.
- Prima dell’abrogazione dell’abuso d’ufficio si prevedeva il reato quando il pubblico ufficiale violava una norma di legge con dolo specifico per ottenere un vantaggio ingiusto o arrecare danno a terzi.
- Con l’abolizione del reato di abuso d’ufficio (l. n. 114/2024), le condotte che rientravano in questa fattispecie non sono più penalmente rilevanti, ma possono comunque comportare responsabilità di tipo amministrativo, disciplinare o civile.
L’abuso di potere è una delle condotte più discusse nell’ambito del diritto amministrativo e penale, soprattutto quando viene posto in essere da pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio. Si tratta di una violazione grave del principio di legalità, poiché il soggetto abusa della propria posizione per ottenere un vantaggio personale o per danneggiare terzi, discostandosi dalle finalità istituzionali che dovrebbero guidare la sua azione.
Tuttavia, con la recente abrogazione del reato di abuso d’ufficio, previsto dall’articolo 323 del c.p., per effetto della l. n. 114 del 2024, il panorama normativo è cambiato radicalmente, sollevando dubbi e incertezze sull’effettiva possibilità di perseguire penalmente certe condotte.
In particolare, l’abrogazione di questa fattispecie ha lasciato un vuoto normativo che ha generato preoccupazioni sia nella dottrina, sia nella giurisprudenza, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di punire i comportamenti illeciti che non trovano più una specifica sanzione penale.
Il legislatore ha scelto di abrogare il reato per evitare un eccesso di incriminazioni per condotte non gravi, spesso considerate meri errori procedurali. Oggi è necessario chiedersi quale sia il destino delle condotte che prima rientravano nell’abuso d’ufficio. Quali rimedi restano a disposizione di chi subisce un abuso di potere da parte della pubblica amministrazione? Quali forme di responsabilità, civili o amministrative, possono ancora essere applicate?
Cosa si intende per abuso di potere?
Il concetto di abuso di potere si riferisce a una condotta illecita posta in essere da un pubblico ufficiale o da un soggetto investito di autorità pubblica, che utilizza il potere conferitogli dalla sua posizione in modo arbitrario e contrario alla legge. L’abuso di potere si verifica quando l’azione o l’omissione di tale soggetto eccede i limiti delle sue competenze o devia dallo scopo per cui gli sono stati attribuiti i poteri, perseguendo interessi privati o causando danni ingiustificati a terzi.
In ambito giuridico, l’abuso di potere rappresenta una deviazione dal principio fondamentale di buona amministrazione e dal rispetto della legalità, che devono sempre caratterizzare l’operato di un pubblico ufficiale. Questo concetto, infatti, trova il suo fondamento nel dovere di imparzialità e trasparenza che governa l’azione della pubblica amministrazione, sancito dall’art. 97 della Costituzione, in virtù del quale qualsiasi atto amministrativo deve essere finalizzato al perseguimento del pubblico interesse, senza lasciare spazio a favoritismi o interessi personali.
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Esempi di abuso di potere
L’abuso di potere può manifestarsi in diverse forme: dall’adozione di provvedimenti amministrativi che violano i diritti dei cittadini, fino all’uso illegittimo della forza da parte delle forze dell’ordine. Ciò che accomuna queste condotte è l’uso arbitrario del potere pubblico per finalità estranee al buon andamento dell’amministrazione o, più gravemente, per il perseguimento di interessi personali.
L’abuso di potere, quindi, non solo mina la fiducia dei cittadini nell’operato delle istituzioni, ma può anche dare luogo a danni economici e morali che possono essere risarciti attraverso azioni di natura civile. La qualificazione giuridica dell’abuso di potere e le sue conseguenze dipendono, quindi, dal contesto in cui la condotta viene posta in essere e dagli strumenti normativi a disposizione per reagire ad essa, come vedremo nei paragrafi successivi.
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Etimologia del termine “abuso”
Il termine abuso ha radici profonde nella lingua latina, derivando dal verbo “abuti”, composto da “ab” (che indica allontanamento o eccesso) e “uti” (usare). Letteralmente, “abuti” significa usare male o usare oltre misura qualcosa, comportandosi in modo eccessivo o contrario alla sua finalità.
Da qui deriva il concetto di abuso come uso scorretto o distorto di un potere, un diritto o un privilegio, in modo da andare oltre i limiti che ne disciplinano l’esercizio legittimo. L’etimologia di “abuso” racchiude in sé due elementi essenziali: eccesso e deviazione.
Nel contesto dell’abuso di potere, queste componenti si manifestano nel superamento dei limiti imposti dalla legge e nella deviazione dallo scopo legittimo che dovrebbe guidare l’azione del pubblico ufficiale. Un abuso di potere, pertanto, non è solo un uso improprio del potere, ma è un uso distorto, volto a fini personali o a danneggiare terzi, laddove il potere dovrebbe essere esercitato esclusivamente per il bene comune. Il concetto di abuso si lega dunque strettamente al principio di legalità, in quanto ogni esercizio di potere deve essere conforme a norme precise e finalizzato al perseguimento del pubblico interesse.
Nonostante l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, il concetto di abuso di potere continua ad avere una forte rilevanza nel diritto amministrativo e civile. L’uso distorto del potere, come indicato dall’etimologia del termine, rimane al centro della definizione giuridica di condotte illecite, anche se la sanzione non è più penale. La funzione semantica e normativa dell’abuso, quindi, evolve ma non perde di significato, adattandosi ai nuovi strumenti di controllo e responsabilità che il diritto mette a disposizione dei cittadini e della pubblica amministrazione.
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Quando si configura il reato di abuso di potere?
L’abuso di potere trovava la sua più chiara espressione nel reato di abuso d’ufficio, previsto dall’articolo 323 c.p. Tuttavia, con la recente abrogazione di tale reato, il quadro normativo è profondamente cambiato, creando incertezza su quali condotte possano essere perseguite penalmente e quali, invece, rimangano senza una specifica sanzione penale.
Prima dell’abrogazione, il reato di abuso d’ufficio si configurava quando un pubblico ufficiale, agendo in violazione delle norme che regolano la sua attività, commetteva un atto contrario ai doveri d’ufficio, con lo scopo di ottenere un beneficio ingiusto o arrecare un danno ingiusto a terzi.
Le situazioni tipiche in cui si concretizzava tale reato includevano, per esempio, l’assegnazione di appalti pubblici in violazione delle procedure di trasparenza, la concessione di permessi o licenze senza il rispetto delle regole previste, o la manipolazione di procedure amministrative a vantaggio di soggetti privati. Tale fattispecie, pur essendo ampiamente applicata, è stata spesso oggetto di critiche per la sua presunta eccessiva vaghezza e per il rischio di essere utilizzata come strumento di pressione sui funzionari pubblici, disincentivando decisioni amministrative legittime, ma controverse.
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Abrogazione abuso d’ufficio: cosa succede oggi?
Con l’abrogazione dell’articolo 323 c.p., prevista con la l. n.114 del 2024 nell’ambito di una riforma volta a limitare l’abuso delle imputazioni per reati contro la PA, molte condotte che un tempo rientravano nel reato di abuso d’ufficio non sono più penalmente perseguibili. Oggi, per poter parlare di abuso di potere come reato, è necessario verificare se la condotta del pubblico ufficiale rientra in altre fattispecie penali ancora vigenti. Pertanto, molte delle condotte che prima venivano sanzionate come abuso d’ufficio, devono ora essere riconsiderate alla luce delle rimanenti fattispecie penali che regolano l’abuso della funzione pubblica.
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Quando la polizia fa abuso di potere?
Uno degli ambiti in cui l’abuso di potere assume rilevanza è quello delle forze di polizia. Tali soggetti, investiti del potere di far rispettare la legge e garantire la sicurezza pubblica, devono operare entro limiti ben precisi, definiti dalla legge e dai regolamenti. Tuttavia, vi sono situazioni in cui alcuni membri delle forze dell’ordine possono eccedere i propri poteri, compiendo atti che sfociano nell’illegittimità e che possono costituire un abuso di potere.
Uso eccessivo della forza e perquisizione illegittima
Un esempio comune di abuso di potere da parte delle forze di polizia riguarda l’uso eccessivo della forza durante un arresto o un controllo. Se, per esempio, un agente di polizia usa violenza fisica su un individuo senza che vi sia una reale necessità di difesa o di contenimento, si configura una condotta illecita. Questo tipo di comportamento può violare tanto i diritti della persona fermata, quanto il principio di proporzionalità che deve sempre guidare l’azione delle forze dell’ordine. La legge prevede infatti che la forza possa essere impiegata solo quando strettamente necessario e in misura proporzionata al pericolo rappresentato.
Un altro caso di abuso di potere si verifica quando la polizia procede a perquisizioni o arresti illegittimi, ovvero in assenza dei presupposti di legge che giustificano tali atti. La perquisizione domiciliare o personale, per esempio, può essere effettuata solo in presenza di un decreto motivato da parte dell’autorità giudiziaria o in situazioni di urgenza che giustificano l’intervento immediato delle forze dell’ordine. Se un agente viola tali prescrizioni e procede comunque a una perquisizione o a un arresto arbitrario, potrebbe configurarsi un abuso di potere.
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Fermo illegittimo
Immaginiamo una situazione in cui un agente di polizia, durante un controllo di routine, ferma un individuo senza un motivo valido, sottoponendolo a perquisizioni invasive o trattenendolo per ore senza giustificazioni sufficienti. Questo comportamento, se non supportato da elementi concreti di sospetto, costituisce un abuso di potere, poiché l’agente sta utilizzando la sua autorità in modo arbitrario, violando i diritti della persona fermata, in particolare il diritto alla libertà personale garantito dall’art. 13 Cost.
Secondo la legge, affinché un fermo sia legittimo, devono sussistere motivi fondati che giustifichino il controllo o la limitazione della libertà. Per esempio, un controllo casuale o un fermo basato su pregiudizi personali o etnici può costituire abuso di potere e violazione dei diritti fondamentali.
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Chi controlla le forze di polizia?
Le forze dell’ordine sono soggette a rigidi meccanismi di controllo, sia interni che esterni, volti a prevenire e sanzionare eventuali abusi di potere. Internamente, ogni corpo di polizia ha propri organi disciplinari che indagano su condotte irregolari degli agenti. A livello esterno, invece, il controllo è affidato all’autorità giudiziaria e agli organi di garanzia dei diritti, che intervengono quando emergono condotte illecite.
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Abuso di potere e responsabilità penale
L’abuso di potere da parte della polizia può, a seconda delle circostanze, assumere una rilevanza penale, configurando reati come violenza privata (art. 610 c.p.), lesioni personali (art. 582 c.p.), o, nei casi più gravi, tortura (art. 613-bis c.p.), qualora vi siano atti di particolare crudeltà o vessazione. La condotta dell’agente può anche costituire un reato contro la libertà personale, come sequestro di persona (art. 605 c.p.), se l’arresto o il fermo viene eseguito in maniera del tutto arbitraria.
A tal riguardo, occorre sottolineare che le forze di polizia godono di prerogative particolari che consentono loro di compiere atti coercitivi che sarebbero illeciti se posti in essere da privati cittadini. Tuttavia, tali prerogative devono essere esercitate nel rigoroso rispetto delle norme che ne delimitano l’ambito. Ogni azione che esuli dai poteri conferiti dalla legge, o che venga compiuta con modalità sproporzionate o ingiustificate, rappresenta una violazione dell’ordinamento giuridico e può dar luogo a responsabilità penale, civile e disciplinare.
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Conseguenze dell’abuso di potere e tutele per le vittime
Le vittime di abuso di potere da parte delle forze di polizia possono tutelare i propri diritti attraverso vari strumenti giuridici. In caso di uso illegittimo della forza o di arresto arbitrario, è possibile sporgere querela presso l’autorità giudiziaria per denunciare il comportamento abusivo. Nel caso in cui la condotta abbia provocato danni fisici o morali, la persona offesa può anche agire in sede civile per ottenere il risarcimento del danno subito.
Inoltre, qualora l’abuso sia particolarmente grave, è possibile ricorrere a organismi internazionali per la protezione dei diritti umani, come la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). Questo può essere il caso, per esempio, di violazioni gravi del diritto alla libertà personale o di trattamenti inumani e degradanti, vietati dall’articolo 3 CEDU.
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Come si dimostra l’abuso di potere
Dimostrare un caso di abuso di potere richiede un’accurata raccolta di prove che possano documentare la condotta illegittima. Tale processo coinvolge sia aspetti giuridici che fattuali, e la dimostrazione del reato deve soddisfare alcuni requisiti essenziali, previsti dalla legge e dalla giurisprudenza.
Prove documentali e testimoniali
Le prove per dimostrare l’abuso di potere possono includere una vasta gamma di elementi, a seconda del tipo di condotta contestata. Di seguito sono riportate le principali prove che possono essere raccolte:
- documenti amministrativi: in caso di abuso di potere in ambito amministrativo, i documenti ufficiali (delibere, verbali, appalti, ordini di servizio) sono fondamentali per dimostrare la violazione delle norme o l’eccesso di potere. È importante che tali documenti siano raccolti e conservati in forma originale o autenticata;
- testimonianze: le testimonianze di persone presenti al momento dell’abuso, come colleghi di lavoro, cittadini, o terzi estranei, possono essere decisive;
- registrazioni audio e video: in alcuni casi, è possibile fare affidamento su registrazioni audio o video (come riprese da telecamere di sorveglianza o da dispositivi mobili), che documentino la condotta illecita. Tali prove sono particolarmente utili nei casi di abuso di potere da parte delle forze dell’ordine o in pubblico, dove i fatti possono essere osservati da più persone;
- perizie tecniche: per dimostrare l’illegittimità di un atto amministrativo o di una decisione presa con eccesso di potere. Queste perizie possono essere richieste da un avvocato o dal giudice durante il processo.
In questa fase di raccolta delle prove, potrebbe essere utile un avvocato. Su deQuo puoi avere una consulenza legale a partire da 29,90 + IVA se scegli la consulenza legale Flex.
Quanto si rischia per abuso di potere?
Il pubblico ufficiale che abusava della sua posizione per arrecare un danno ingiusto o ottenere un vantaggio illecito era soggetto alla pena edittale prevista da 1 a 4 anni di reclusione e l’interdizione dai pubblici uffici. Tuttavia, con l’eliminazione di questa fattispecie di reato, il rischio di incorrere in responsabilità penali è diminuito, ma ciò non significa che l’abuso di potere non sia sanzionabile.
Con l’abrogazione dell’art. 323 c.p., la condotta che in passato avrebbe configurato abuso d’ufficio non è più soggetta a una sanzione penale specifica, a meno che non ricada in altre fattispecie di reato. Questo vuoto normativo ha suscitato critiche e preoccupazioni, soprattutto in relazione alla responsabilità penale dei pubblici ufficiali che continuano a violare i propri doveri.
Oggi, per configurare un rischio penale, la condotta deve rientrare in reati diversi, quali:
- corruzione (artt. 318-322 c.p.), che prevede pene severe per il pubblico ufficiale che riceve o chiede indebitamente denaro o altre utilità in cambio di un atto del proprio ufficio;
- concussione (art. 317 c.p.), in cui il pubblico ufficiale abusa della sua posizione per costringere un privato a dare o promettere un vantaggio;
- peculato (art. 314 c.p.), che si applica quando il pubblico ufficiale si appropria di beni pubblici.
In questi casi, il rischio di condanne penali resta elevato, con sanzioni che possono includere la reclusione e l’interdizione dai pubblici uffici, soprattutto nei casi più gravi. La Corte di Cassazione ha più volte ribadito la necessità di mantenere alta la soglia di controllo sulle condotte illecite dei pubblici ufficiali, anche in assenza di una normativa specifica sull’abuso d’ufficio.
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Responsabilità amministrativa e disciplinare
Nonostante la diminuzione del rischio penale, il pubblico ufficiale che abusa del proprio potere continua a essere esposto a sanzioni amministrative e disciplinari. Le amministrazioni pubbliche sono dotate di codici disciplinari interni che prevedono varie sanzioni, tra cui la sospensione, la destituzione o altre misure disciplinari per il dipendente che viola i propri doveri d’ufficio.
In particolare, l’illegittimità degli atti amministrativi adottati in violazione delle norme può comportare l’annullamento dell’atto e l’avvio di un procedimento disciplinare a carico del funzionario che lo ha emesso. Anche se l’atto non costituisce più reato, resta comunque illegittimo sul piano amministrativo e può comportare conseguenze gravi per la carriera del pubblico ufficiale.
Inoltre, esistono forme di responsabilità contabile nei confronti della Corte dei Conti, che possono derivare dall’uso improprio di risorse pubbliche o dall’adozione di atti che causano un danno erariale. In questi casi, il funzionario può essere chiamato a risarcire il danno economico subito dall’amministrazione pubblica.
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Responsabilità civile e risarcimento dei danni
Anche in assenza di una sanzione penale, il pubblico ufficiale può essere soggetto a responsabilità civile per i danni causati da un abuso di potere. Il risarcimento dei danni può essere richiesto sia da soggetti privati che hanno subito un pregiudizio diretto dall’azione del pubblico ufficiale, sia dall’amministrazione stessa, qualora si sia verificato un danno patrimoniale o di altra natura.
Il privato leso può agire in giudizio per ottenere il risarcimento del danno subito, sia materiale che morale. Il risarcimento può essere riconosciuto laddove si dimostri che l’atto illegittimo ha causato un danno concreto e quantificabile, e che vi sia un nesso causale tra la condotta abusiva e il pregiudizio subito. In questi casi, il pubblico ufficiale rischia non solo di dover rispondere del danno in prima persona, ma anche di affrontare conseguenze a lungo termine, come il deterioramento della propria reputazione e carriera professionale.
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Come denunciare l’abuso di potere?
Denunciare un abuso di potere da parte di un pubblico ufficiale è un passaggio delicato che richiede una corretta conoscenza delle procedure legali e delle normative applicabili. La vittima di un abuso, o chiunque ne sia testimone, ha a disposizione diversi strumenti giuridici per tutelare i propri diritti e per far emergere comportamenti illeciti all’interno della pubblica amministrazione. Tuttavia, è fondamentale agire con precisione e raccogliere prove concrete, poiché le denunce per abuso di potere richiedono un supporto probatorio robusto per poter essere efficaci.
La prima cosa da fare per denunciare un abuso di potere è presentare una querela o una denuncia formale presso l’autorità competente. Questa può essere:
- la Procura della Repubblica, che ha il compito di indagare sulle violazioni di natura penale. È qui che va presentata la querela se si sospetta che l’abuso configuri un reato, come la violenza privata, il sequestro di persona o lesioni personali;
- un Commissariato di Polizia o una Stazione dei Carabinieri, dove è possibile depositare una denuncia dettagliata affinché le forze dell’ordine possano trasmetterla alla Procura per le indagini del caso;
- in alcuni casi, può essere utile rivolgersi anche a organi interni della pubblica amministrazione, come l’ufficio disciplinare dell’ente presso cui opera il funzionario che ha commesso l’abuso, se si vuole perseguire la strada della responsabilità amministrativa o disciplinare.
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Conseguenze della denuncia per abuso di potere
Denunciare un abuso di potere non è privo di conseguenze anche per chi lo fa. In alcuni casi, il denunciante potrebbe temere ritorsioni o essere soggetto a comportamenti intimidatori da parte dell’ente o dei singoli individui coinvolti. Per questo motivo, è importante valutare attentamente la propria posizione e, se necessario, farsi assistere da un avvocato per tutelare al meglio i propri diritti durante tutto il procedimento.
In situazioni di abuso di potere da parte della polizia, può essere utile consultare un avvocato specializzato in diritto penale. Su deQuo, è possibile entrare in contatto diretto con un gran numero di avvocati penalisti per ricevere un parere su come procedere in questi casi.
L’assistenza legale è fondamentale non solo per la redazione della denuncia, ma anche per monitorare lo stato delle indagini e per valutare eventuali azioni risarcitorie. L’ordinamento italiano prevede, infatti, che la vittima di un abuso di potere possa chiedere il risarcimento dei danni subiti in sede civile, qualora l’abuso abbia causato un danno materiale o morale.
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Abuso di potere – Domande frequenti
No, l’abuso di potere è un reato che può essere commesso solo da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio, non da un privato cittadino.
In caso di abuso di potere, possono essere violati diritti fondamentali come la libertà personale, il diritto alla proprietà o il diritto all’equo trattamento da parte delle autorità pubbliche.
L’abuso di potere implica l’intenzione consapevole di violare norme o diritti per fini personali, mentre la negligenza è un errore dovuto a trascuratezza o incompetenza senza volontà di arrecare danno o ottenere vantaggi.
Sì, se un pubblico ufficiale abusa del suo potere in modo grave, può essere soggetto a sanzioni disciplinari severe, che includono il licenziamento o l’interdizione dalle funzioni pubbliche, a seconda della gravità della condotta.
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