Cyberlaundering: cos’è e quando si configura questa tipologia di reato di riciclaggio
Il cyberlaundering non è solo riciclaggio tramite criptovalute, ma include tutte le attività illecite svolte nel cyberspazio con tecnologie informatiche. Vediamo qual è stata la sua evoluzione, partendo dal presupposto che viene punito in base all'articolo 648 bis cp, in quanto si tratta di una forma di riciclaggio.
- Il reato di riciclaggio in Italia è disciplinato dall’articolo 648-bis del Codice Penale.
- Il cyberlaundering è una forma di riciclaggio commessa mediante l’uso di strumenti digitali.
- Il caso Liberty Reserve è stato il più importante esempio di riciclaggio internazionale di denaro mai
perseguito dagli Stati Uniti.
In Italia, la normativa antiriciclaggio è contenuta nel Decreto Legislativo 231/2007, che recepisce le direttive europee 2005/60/CE e 2006/70/CE, concernenti la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, nonché le misure di esecuzione.
La lotta al riciclaggio in ambito internazionale ha avuto una svolta nel 1988, con la Convenzione delle Nazioni Unite di Vienna, quando gli Stati partecipanti si sono impegnati ad introdurre fattispecie penali ad hoc, con il fine di contrastare il riciclaggio legato al narcotraffico.
Fra le moderne forme di riciclaggio, troviamo il cyberlaundering: vediamo meglio di cosa si tratta e quando si configura.
Cos’è il cyberlaundering
Oggi, sempre più spesso, sentiamo parlare di reati informatici o cybercrime, tra i quali rientrano le truffe online, il furto d’identità in rete e il riciclaggio, tutti reati commessi attraverso l’uso di tecnologie digitali.
Il cyberlaundering è una forma di riciclaggio commessa proprio mediante strumenti digitali. È un’evoluzione del riciclaggio tradizionale, che prevede l’uso di tecnologie digitali, accelerata da internet. È disciplinato e punito sempre dall’art. 648 bis del c.p. – che disciplina, per l’appunto, il reato di riciclaggio.
In particolare, l’art. 648-bis del Codice Penale, che è stato aggiunto dall’art. 3, del D.L. 21 marzo 1978 n. 59 (convertito dalla legge 191/1978), prevede che:
Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo; ovvero compie in relazione a essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 5.000 a euro 25.000. La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale. La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni. Si applica l’ultimo comma dell’articolo 648.
Obiettivo del riciclaggio è, da sempre, quello di “ripulire” il denaro di provenienza illecita, ostacolando la tracciabilità delle origini dei proventi. La previsione normativa italiana è, pertanto, quella di sanzionare la condotta di colui che nasconde, occulta o ostacola l’accertamento circa l’origine illecita delle risorse finanziarie utilizzate in un’operazione economica e lo fa dolosamente.
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Caratteristiche del reato di cyberlaundering
Il reato di riciclaggio – in questo caso del cyberlaundering – richiede che :
- sia stato commesso un altro reato precedentemente, il c.d. reato presupposto, dal quale derivano i proventi, il denaro da riciclare;
- il fatto sia commesso con dolo – il nostro ordinamento, infatti, non prevede forme di riciclaggio colposo.
Perché possa esserci incriminazione, dunque, il soggetto deve aver agito a titolo di dolo, cioè al fine di integrare la fattispecie occorre la consapevolezza della provenienza illecita dei capitali e la volontà di impiegarli in attività economico-finanziarie.
A questo proposito, leggi Cos’è il dolo
Giurisprudenza in materia
Secondo la giurisprudenza, non basta l’astratta previsione e il rimprovero che, usando l’ordinaria diligenza, si sarebbe potuta conoscere l’origine della provenienza stessa, in quanto occorrono elementi concreti dai quali ricavare quella rappresentazione e, pertanto, l’accettazione del risultato della condotta.
La giurisprudenza, infatti, conclude nel senso che il dubbio sull’accettazione del rischio di sostituire beni che possano derivare da illeciti, dovrà necessariamente risolversi in una sentenza di proscioglimento.
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Cyberlaundering e tecnologie digitali: cosa è successo
Con l’avvento dell’era digitale, i crimini informatici hanno preso il sopravvento e tra questi anche il cyberlaundering, la cui evoluzione è strettamente legata allo sviluppo di internet e delle tecnologie digitali. L’era digitale ha infatti rivoluzionato il riciclaggio, che si è esteso in settori differenti, quali quello delle criptovalute (es. Bitcoin), dei siti offshore, dei servizi bancari online.
Si tratta di strumenti chiave per il cyberlaundering, attraverso i quali poter riciclare denaro. L’utilizzo di criptovalute per nascondere l’origine di fondi provenienti da attività illecite, per esempio, è molto comune. La criminalità organizzata ha abbandonato le armi tradizionali per infiltrarsi nel sistema economico grazie alla tecnologia, passando così dai kalashnikov ad armi più sofisticate, che permettono di colpire dall’interno il sistema economico.
Il cyberlaundering utilizza, quali reati presupposti, i delitti già noti al nostro sistema penale, ma anche i nuovi illeciti posti in essere nel cyberspace. Tra i reati digitali legati al cyberlaundering, vi sono infatti alcune delle truffe online più diffuse, quali:
- phishing;
- smishing (realizzato via SMS);
- vishing (che avviene tramite chiamate vocali);
- l’uso di siti web ingannevoli.
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Il caso Liberty Reserve
Un esempio concreto di cyberlaundering è il caso Liberty Reserve, un servizio online per effettuare transazioni economiche in tutto il mondo, la cui sede era in Costa Rica, oggi chiuso per riciclaggio di denaro. Il fondatore, Arthur Budovsky, è infatti stato accusato negli Stati Uniti.
Le autorità parlano di oltre 6 miliardi di dollari in transazioni illecite. In pratica, venivano effettuati pochi controlli sull’identità: bastavano nome, data di nascita e email. Il procuratore di Manhattan ha chiesto in merito:
- 25 milioni di dollari di danni;
- l’estradizione di Budovsky, che rischia fino a 30 anni di prigione.
Secondo le autorità statunitensi, potrebbe trattarsi del più grande caso di riciclaggio internazionale di denaro mai perseguito dagli Stati Uniti. Liberty Reserve non imponeva nessun limite massimo al volume delle transazioni, e il servizio consentiva ai suoi iscritti di depositare e trasferire denaro ad altre persone, richiedendo pochissimi dettagli. Data l’impossibilità di controllare efficacemente l’identità delle persone coinvolte, le transazioni non potevano essere in alcun modo annullate.
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