Reato di autoriciclaggio: definizione, esempio, elemento soggettivo e la differenza con il riciclaggio
Il reato di autoriciclaggio è una figura di nuova introduzione, che ha destato un ampio dibattito in dottrina e in giurisprudenza. Quando si configura? Quali sono le differenze con il riciclaggio? Scopri tutto quello che c'è da sapere nella nostra guida.
- Il reato di autoriciclaggio è stato introdotto con la legge n. 186 del 2014 e punisce chiunque ricicli sul mercato il provento di un delitto.
- Si tratta di un reato proprio, perché può essere commesso solo dall’autore di altro reato presupposto da cui derivano i beni o il denaro riciclati.
- Il reato in questione è volto a tutelare l’ordine pubblico economico, cioè prevenire forme di inquinamento del mercato.
Il reato di autoriciclaggio è di recente introduzione: è stato previsto, infatti, dalla legge n. 186 del 2014. Esso sanziona la condotta di chi reimpiega sul mercato il denaro o altri beni provenienti da un precedente delitto.
Tale delitto si distingue sia dal riciclaggio sia dall’illecito reimpiego, ma in che modo? Nel seguente articolo provvederemo a darti tutte le spiegazioni che ti sono necessarie.
Descriveremo ogni elemento dell’illecito, per poi trattare anche quali sono le principali differenze rispetto al reato di riciclaggio. Individueremo, a tal fine, anche la ratio alla base di tale nuova disposizione e alcuni interventi che si sono resi necessari da parte della giurisprudenza.
- Reato di autoriciclaggio: introduzione e norma
- Reato di autoriciclaggio: definizione
- Reato di autoriciclaggio: elemento soggettivo
- Reato di autoriciclaggio: chi è il soggetto attivo
- Autoriciclaggio: qual è la condotta penalmente rilevante?
- Reato di autoriciclaggio: pena
- Reato di autoriciclaggio e reato presupposto
- Reato di autoriciclaggio e reato di riciclaggio: differenze
Reato di autoriciclaggio: introduzione e norma
ll terzo comma dell’art. 3 della legge n. 186 del 2014, al termine di un lungo e travagliato percorso di riforma, ha introdotto nell’ordinamento il reato di autoriciclaggio, all’art. 648 ter c.p. La riforma si è resa necessaria per una duplice ragione.
In primo luogo, gli obblighi internazionali dell’Italia avrebbero dovuto indurre già da tempo il legislatore ad intervenire in materia. L’incriminazione dell’autoriciclaggio, infatti, è prevista dalla Convenzione di Strasburgo sulla corruzione del 1999, all’art. 6 della Convenzione ONU contro il crimine organizzato transnazionale, adottata dall’Assemblea generale il 15 novembre 2000 e il 31 maggio 2001.
Inoltre, l’OCSE, nel Rapporto sull’Italia del 2011, aveva rilevato come una simile lacuna normativa rischiasse di indebolire la legislazione anticorruzione. A sua volta, il Fondo monetario internazionale, nel Rapporto sull’Italia del 2006, ne raccomandava l’introduzione anche alla luce delle esigenze investigative rappresentate dalle stesse autorità italiane.
Inoltre, non vi è chi non vedesse le ragioni, sul piano della politica criminale, per non lasciare impunita l’utilizzazione di risorse provenienti da attività delittuose sul mercato lecito, per non parlare poi di un nuovo utilizzo criminoso.
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Reato di autoriciclaggio: definizione
La legge 15 dicembre 2014, n. 186, oltre ad inasprire il trattamento sanzionatorio dei delitti di riciclaggio e reimpiego, ha introdotto, come si è detto, il reato di autoriciclaggio all’art. 646 ter c.p. La fattispecie prevede il reato di chi, avendo commesso altro fatto costituente reato, reimpiega il profitto sul mercato, in tal modo occultando la provenienza delittuosa.
Va preliminarmente sottolineato come il legislatore si sia sforzato di tipizzare la condotta incriminata, in modo da evitare quella duplicazione sanzionatoria che era stata adombrata come ragione a sostegno del mantenimento della clausola di non punibilità dell’autore del reato presupposto, di cui all’art. 648 bis c.p.
In altre parole, per cessare di essere qualificato come post factum non punibile, la condotta di autoriciclaggio deve caratterizzarsi sul piano materiale e su quello dell’offensività in maniera peculiare. Il legislatore, inoltre, ha graduato la pena a seconda della gravità del reato presupposto.
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Reato di autoriciclaggio: elemento soggettivo
Come si è detto per il delitto di riciclaggio, anche quello di autoriciclaggio è qualificabile come reato plurioffensivo. Accanto al patrimonio, sono tutelati altri beni giuridici come:
- l’amministrazione della giustizia;
- l’ordine pubblico;
- l’ordine pubblico economico e finanziario, come per esempio la tutela del risparmio.
La fattispecie richiede che le condotte siano concretamente idonee ad ostacolare l’identificazione dell’origine dei beni e, quindi, a provocare intralcio alle relative indagini. Si tratta, dunque, di un reato di pericolo concreto.
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Reato di autoriciclaggio: chi è il soggetto attivo
Il reato di autoriciclaggio è un reato proprio, cioè che può essere commesso solo da un soggetto specifico. Quest’ultimo è l’autore del reato presupposto o un concorrente, morale o materiale, nello stesso reato. In mancanza della qualifica soggettiva, la condotta ricade nel reato più grave di riciclaggio.
Ci si potrebbe chiedere cosa accade nel caso in cui la condotta di riciclaggio sia posta in essere dall’autore del reato presupposto con la collaborazione di un soggetto terzo.
La questione che è stata posta in giurisprudenza è se l’autore del reato presupposto è imputato per autoriciclaggio e il terzo concorre nel medesimo reato. In questo caso, soprattutto se il terzo è chi commette materialmente la condotta, questo viene punito meno severamente rispetto a quanto previsto dal reato di riciclaggio.
Proprio la natura di reato proprio esclusiva dell’autoriciclaggio, ha condotto la maggior parte degli interpreti a ritenere che:
- l’autore del reato presupposto risponderà della nuova incriminazione;
- il terzo continuerà ad essere punito a titolo di riciclaggio o reimpiego.
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Autoriciclaggio: qual è la condotta penalmente rilevante?
La condotta incriminata consiste nel fatto di chi, avendo commesso o concorso nel commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dal reato, in modo tale da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa.
Il quarto comma specifica, poi, che non possono essere considerate tali – e non sono quindi punibili – quei beni destinati alla mera utilizzazione o al godimento personale.
Analizzando i singoli elementi costitutivi della fattispecie in esame, quindi, occorre prendere le mosse dal presupposto della provenienza da delitto non colposo dei beni che sono oggetto materiale della condotta.
Non è sufficiente, quindi, la qualità di autore o concorrente nel reato presupposto in capo al soggetto agente, ma è necessario che l’oggetto materiale delle condotte di impiego, sostituzione o trasferimento siano beni provenienti da tale delitto.
Reato di autoriciclaggio: pena
In caso di autoriciclaggio, si applica la pena:
- della reclusione da due a otto anni;
- della multa da 5.000 a 25.000 euro.
La pena è, tuttavia, diminuita, se il reato presupposto è punito nel massimo fino a cinque anni. In questo caso, la reclusione è da uno a quattro anni e la multa da 2.500 a 12.000 euro.
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Reato di autoriciclaggio: circostanze aggravanti
Il secondo comma dell’articolo prevede un’importante aggravamento del trattamento sanzionatorio, qualora il denaro, i beni o le altre utilità provengano dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.
Il terzo comma poi prevede un’eccezione al caso precedente, quando il delitto anzidetto sia commesso con le condizioni previste dall’art. 416 bis, cioè in caso di impiego del metodo mafioso o con la finalità di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa.
Un’ulteriore ipotesi è poi prevista al quinto comma: secondo alcuni è persino una fattispecie di reato autonoma, per altri è un’aggravante. Questa opera quando i fatti sono commessi nell’esercizio di un’attività bancaria o finanziaria o di altra attività professionale.
Non è prevista la circostanza attenuante della lieve entità, valida invece per la ricettazione e per l’illecito reimpiego.
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Reato di autoriciclaggio e reato presupposto
Uno degli elementi del reato di autoriciclaggio è che il soggetto deve aver compiuto il reato presupposto. Quest’ultimo deve essere integrato da uno condotta distinta da quella di autoriciclaggio. Ci si è chiesti se il delitto presupposto debba essere necessariamente commesso dopo l’entrata in vigore della legge del 2014 o se possa essere stato commesso anche in precedenza.
Secondo un primo orientamento, il reato presupposto deve essere commesso necessariamente dopo l’entrata in vigore dell’art. 648 ter c.p. Si osservava, infatti, che il richiamo al delitto presupposto integrerebbe un frammento della condotta tipica, come tale a pieno titolo sottoposto al divieto di irretroattività.
Secondo altri, invece, le vicende della punibilità del reato non colposo dal quale provengono i beni restano del tutto indifferenti rispetto all’applicabilità del reato di autoriciclaggio, del quale sarebbero comunque integrati gli estremi. Inoltre, al momento dell’entrata in vigore della norma che sanziona ex novo l’autoriciclaggio, il soggetto agente conserverebbe intatta la propria possibilità di scegliere se porre in essere la condotta di autoriciclaggio.
La giurisprudenza maturata sul punto sembra aderire a questo secondo orientamento. La questione è stata risolta rispetto ad una fattispecie di autoriciclaggio commesso in data anteriore alla riforma.
La giurisprudenza ha sostenuto che, in questa ipotesi, non vi è violazione del principio di irretroattività, perché solo la condotta di autoriciclaggio deve essere posta in essere dopo l’introduzione della legge. Il fatto che la condotta costituente il delitto presupposto sia stata antecedentemente giudicata, non implica, infatti, che le risorse finanziarie siano state già utilizzate.
Cosa si intende per trasferimento, sostituzione e impiego?
Il reato di autoriciclaggio può essere integrato da varie condotte, ovvero il trasferimento, la sostituzione e l’impiego:
- il trasferimento o la sostituzione fanno riferimento a un mutamento della titolarità formale del bene o delle disponibilità, lasciando immutato il beneficiario economico ultimo;
- l’impiego si riferisce, invece, ad una trasformazione del bene che al contempo ne muti la destinazione.
È necessario che tanto il trasferimento/sostituzione quando l’impiego comporti che il bene venga poi reimmesso nel circuito dell’economia legale, perché destinato ad attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative.
Si considera economica solo quella attività finalizzata alla produzione di beni, o alla fornitura di servizi. In assenza di una precisa nozione di attività finanziaria, questa si può ricavare dal Testo unico bancario.
Quest’ultimo definisce l’attività finanziaria consistente:
- nella concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma;
- nella prestazione di servizi di pagamento, come incasso, trasferimento di fondi, esecuzione di ordini di pagamento, emissione di carte di credito o debito;
- nell’attività di cambio valute.
In poche parole, attività economica è un’espressione ampia che evoca qualsiasi attività imprenditoriale. Per attività finanziarie, invece, dovrebbero intendersi quelle attività economiche che contemplino l’utilizzo di strumenti finanziari. L’attività speculativa, poi, si riferisce alla ricerca del massimo guadagno mediante l’assunzione di un rischio insolitamente elevato.
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Reato di autoriciclaggio: cosa significa ostacolare la provenienza delittuosa
Il legislatore ha introdotto un ultimo elemento per selezionare le condotte penalmente rilevanti, richiedendo che reimpiego, trasferimento o sostituzione siano posti in essere in modo da ostacolare concretamente la provenienza delittuosa.
Con questa clausola, il legislatore tenta di circoscrivere l’ambito applicativo della norma a quelle condotte che sono tali da ostacolare l’identificazione della provenienza del bene, anche se non sono in sé artificiose.
L’adozione della parola concretamente è volta ad evitare la duplicazione della sanzione con il reato presupposto, incriminando solo le condotte che non sono espressione del provento di un delitto. Il legislatore ha voluto garantire che siano punite condotte che costituiscono atti idonei a far perdere traccia dell’origine del denaro o degli altri beni.
Non è necessario che siano realizzate condotte dissimulatorie o fraudolente, ma è necessario che sia posta in essere una delle condotte elencate e che questa comporti l’occultamento della provenienza.
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Reato di autoriciclaggio e reato di riciclaggio: differenze
Prima dell’introduzione del reato di autoriciclaggio, il reato di riciclaggio, di cui all’art. 648 bis c.p. escludeva espressamente la punibilità dell’autore del reato presupposto o di un concorrente nel suddetto.
La ragione per la quale si escludeva la punibilità era proprio quella di evitare un’eccessiva risposta sanzionatoria verso il soggetto in questione, che comunque già soggiace alla pena per il delitto non colposo originario. Inoltre, l’attività di occultamento è quasi sempre considerata una naturale conseguenza del primo delitto, che quindi resta assorbita dalla sanzione prevista per esso.
Allora, perché con l’art. 648 ter c.p. invece si punisce proprio tale soggetto? La ratio della norma, in realtà, è abbastanza chiara. Infatti, l’autoriciclaggio non punisce solo chi pone in essere una condotta volta ad occultare la provenienza delittuosa del denaro o degli altri beni.
La norma, infatti, è volta a tutelare l’ordinamento pubblico, inteso come ordinamento economico e finanziario. Il soggetto occulta ripiegando sul mercato, quindi ponendo in essere una condotta che va a compromettere la concorrenza e il buon andamento del mercato stesso. È proprio questo effetto che giustifica la sanzione per il soggetto autore del reato presupposto.
Questo è confermato anche dal quarto comma dell’art. 648 ter c.p., il quale esclude che possa configurare autoriciclaggio la destinazione, da parte dell’autore del reato presupposto, dei beni ad uso personale.
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Reato di autoriciclaggio – Domande frequenti
Il reato di autoriciclaggio è un delitto che sanzione la condotta volta ad occultare la provenienza delittuosa di beni o denaro, reimpiegandoli sul mercato economico.
Il reato di autoriciclaggio è un reato proprio che può essere realizzato solo dall’autore del reato presupposto, da cui derivano i beni o il denaro.
Il reato di riciclaggio si distingue dal reato di autoriciclaggio perché non può essere posto in essere dall’autore del reato presupposto e non implica il reimpiego sul mercato dei beni o del denaro.
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