Il dropshipping è legale in Italia?
Il dropshipping è legale? Si può svolgere soltanto con la partita IVA? Quali sono gli aspetti fiscali e legali più importanti ai quali prestare la dovuta attenzione prima di puntare su questa attività? Scopriamoli di seguito.
- Il dropshipping è un modello di business con il quale si possono vendere prodotti senza avere un magazzino.
- Sarà sufficiente gestire un e-commerce e sottoscrivere un contratto con un fornitore, chiamato dropshipper.
- Ci sono tuttavia importanti aspetti fiscali e legali da considerare, legati anche all’apertura della partita IVA.
La vendita di prodotti senza possedere un magazzino – conosciuta con il termine dropshipping – ha avuto una notevole diffusione nel corso degli ultimi anni, dimostrando di essere un modello di business che funziona.
Funziona perché fondamentalmente è proficuo: permette infatti a chi vuole vendere dei prodotti ma è in una fase iniziale, di start up, di poter spedire tali prodotti all’acquirente senza possederli fisicamente nel luogo in cui si trova il suo esercizio commerciale – quindi senza avere un magazzino.
Le merci possono essere vendute attraverso differenti canali: non solo il sito Internet, ma anche i social network (Facebook, Instagram, Pinterest e così via). La procedura è davvero molto semplice e prevede 3 attori:
- il cliente, che acquista il prodotto online;
- il venditore, che evade l’ordine inviandolo al fornitore – chiamato dropshipper;
- il dropshipper, che consegna l’ordine all’acquirente.
Oltre alla differenza di base rispetto al classico modello di vendita, in cui i soggetti coinvolti sono 2 e non 3, quali sono le regole alla base del dropshipping dal punto di vista normativo? Vendere tramite il dropshipping è legale in Italia? Di chi è la colpa in caso di difetti o difformità del prodotto ricevuto? Cosa comporta a livello fiscale? Vediamolo insieme.
Il dropshipping è legale in Italia?
La pratica del dropshipping ha creato non poche perplessità sulla sua legittimità, basandosi su un differente sistema di supply chain dato che, il venditore, diventa un intermediario tra il fornitore e il cliente finale,
Fare dropshipping è un’attività legale: si tratta infatti di un business model che segue la stessa normativa degli e-commerce. Il venditore rimane, dunque, il diretto responsabile dei prodotti venduti e inviati al consumatore finale.
Il dropshipping comporta comunque dei rischi da tenere in considerazione, che potrebbero per esempio essere legati al fatto che non si conosca la provenienza esatta della merce, o ancora:
- al non avere il controllo diretto dell’intera filiera, in particolare in merito all’impossibilità di essere informati al meglio sui tempi di restituzione di eventuali merci o sulla velocità di spedizione delle stesse;
- all’utilizzo improprio di loghi o marchi di altre aziende: in questo caso, ci sarebbe una vera e propria violazione della proprietà intellettuale.
Il modo più corretto per essere sempre tutelati e non incappare in questioni legali che potrebbero sfociare in cause e pesanti sanzioni (o nella reclusione, nei casi peggiori) è la sottoscrizione di un contratto di dropshipping.
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Dropshipping legale: come funziona il contratto
Un contratto di dropshipping si caratterizza per la definizione dei ruoli e delle responsabilità del venditore e del dropshipper, che, come abbiamo già detto, è il fornitore. Abbiamo riportato quali sono i loro compiti nella tabella che segue.
Compiti venditore | Compiti dropshipper |
scelta del fornitore pubblicizzazione dei prodotti creazione di un e-commerce per rendere possibile la vendita online ricezione dei pagamenti trasmissione degli ordini al dropshipper assistenza alla clientela | ricezione degli ordini imballaggio della spedizione invio dei prodotti al cliente finale |
All’interno del contratto di dropshipping, dovranno essere definiti nel dettaglio quelli che saranno gli obblighi del dropshipper. Nello specifico, si consiglia di inserire sempre:
- i tempi di spedizione da rispettare;
- gli eventuali aggiornamenti sui prodotti disponibili e su quelli non più disponibili;
- la garanzia che i prodotti non violino la proprietà di soggetti terzi;
- che sia stata rispettata la normativa sulla vendita e quella sulla produzione dei prodotti.
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Contratto di dropshipping: le clausole
Tra le clausole che non dovrebbero mai mancare in un contratto di dropshipping ci sono quelle relative alle informazioni sui prodotti: tutte le merci dovrebbero infatti avere delle schede prodotto contenenti le informazioni sugli articoli messi in vendita. Tali schede dovranno essere periodicamente aggiornate dal fornitore, qualora le merci dovessero subire dei cambiamenti.
Clausole significative sono poi quella della:
- non esclusività del rapporto: il dropshipper deve sapere se il merchant (venditore) si rifornisce tramite fornitori diversi;
- indisponibilità dei prodotti: il venditore deve essere esente da qualsiasi responsabilità qualora il prodotto comprato da un cliente non dovesse essere più disponibile e il fornitore non lo ha informato;
- violazione dei diritti di terzi: anche sotto questo aspetto, è importante che nel contratto si specifichi che il venditore non è responsabile di eventuali violazioni dei diritti di terzi, per esempio relativi a marchi e brevetti associati a un prodotto reperito dal dropshipper.
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Dropshipping senza partita IVA: è legale?
A questo punto, potrebbe sorgere spontanea una domanda: se il dropshipping è legale in Italia, è possibile farlo senza Partita IVA? Le regole sono molto chiare: fino a quando si tratta di un’attività sporadica sì, è possibile svolgerla senza avere la partita IVA.
Quando, invece, si trasforma in un lavoro continuativo, svolto tutti i giorni, sarà necessario regolarizzare l’attività aprendo la partita IVA, a prescindere dagli importi che si incassano su base annuale.
Oltre all’apertura della partita IVA, sarà necessario iscriversi:
- al Registro delle Imprese presso la Camera di Commercio;
- alla gestione commercianti INPS.
Sarà sufficiente inviare telematicamente la pratica ComUnica con la quale sarà possibile fare le tre cose in elenco con una sola azione, aprendo così la propria ditta individuale.
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L’iscrizione al Registro delle Imprese comporta i seguenti costi:
- imposta di bollo: 17,50 euro;
- diritti di segreteria: 18 euro;
- diritto camerale da versare ogni anno: dai 44 ai 100 euro.
Sarà poi anche necessario:
- inviare la pratica SCIA allo sportello SUAP del Comune in cui si svolgerà la propria attività di dropshipping;
- essere in possesso di firma digitale e di una casella PEC.
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Dropshipping: codice ATECO e contributi
L’apertura della partita IVA è accompagnata anche dalla scelta del codice Ateco. Quello più pertinente in questo caso è il 73.11.02 – conduzione campagne pubblicitarie, diverso da quello dei tradizionali e-commerce.
Per quanto riguarda poi i contributi da versare alla gestione commercianti INPS, si distingue tra quelli:
- fissi, pari a 4.292,42 euro, da versare in 4 rate, quindi ogni 3 mesi, a prescindere da quanto si guadagna;
- variabili: se l’imponibile supera la cifra di 17.504 euro, si dovrà versare il 24,48% sulla differenza.
A seconda di quanto si guadagna, sarà poi possibile scegliere il regime fiscale forfettario, con imposta sostitutiva al 15% (o 5% per i primi 5 anni di attività), e redditi fino a 85.000 euro lordi annui, e il regime ordinario che prevede l’IRPEF con il sistema degli scaglioni progressivi di reddito.
Qualora avessi bisogno di supporto sotto questo punto di vista, un ottimo portale al quale potrai rivolgerti direttamente online è Partitaiva.it.
Dropshipping e rapporto tra venditore e cliente
Un ultimo dubbio da fugare dal punto di vista legale è relativo al rapporto tra il venditore e il cliente finale. Le norme da rispettare e seguire sono quelle valide per qualsiasi e-commerce, quindi relative a:
- Codice del Consumo;
- Decreto sul Commercio Elettronico;
- Codice Civile;
- eventuali altre norme di settore.
Tra le principali responsabilità del venditore nei confronti dei suoi clienti ci sono quelle relative alla consegna dei prodotti, al diritto di recesso, alla garanzia di conformità dei prodotti, all’eventuale indisponibilità della merce (che dovrà essere comunicata sull’e-commerce in tempo reale).
Nonostante se ne occupi il fornitore, infatti, la consegna dei prodotti è responsabilità del venditore: ricadono su di lui i ritardi e le consegne mancate, ma avrà poi comunque il diritto di rivalersi sul fornitore.
Allo stesso modo, se un cliente acquista una merce ma questa non è disponibile nonostante manchi la segnalazione sul sito, la colpa sarà del venditore, che potrà ancora una volta – grazie alla presenza del succitato contratto di dropshipping – rivalersi sul dropshipper per non aver segnalato l’assenza della merce.
Considerato, dunque, che il dropshipping è un’attività sì vantaggiosa per il risparmio legato all’assenza dei costi fissi di magazzino, ma al contempo piena di insidie e di responsabilità legali verso il consumatore, si consiglia di informarsi bene (e di aggiornarsi costantemente) sulla normativa e-commerce e di stilare sempre un contratto di dropshipping.
A questo proposito, contattare un avvocato specializzato in e-commerce che possa aiutarti con gli aspetti legali da considerare per intraprendere un’attività commerciale nel rispetto della legge è fortemente consigliato.
Dropshipping legale – Domande frequenti
Il dropshipping può comportare problemi dal punto di vista legale quando viene praticato senza sottoscrivere un contratto di dropshipping.
Il dropshipping senza partita IVA è legale solo nei casi in cui non viene svolto in modo continuativo, ma in maniera sporadica e saltuaria.
No, il dropshipping è un’attività commerciale e, di conseguenza, sarà necessario aver raggiunto la maggiore età per praticarla.
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