Reato di costrizione o induzione al matrimonio: cos’è, pena, procedibilità
Il matrimonio forzato o combinato integra una nuova fattispecie di reato, in vigore in Italia dal 2019: vediamo cos'è e come viene punito il reato di costrizione o induzione al matrimonio
- Uno degli elementi costitutivi del matrimonio è il libero consenso tra i due coniugi.
- Ci sono, però, tantissimi casi nel quali il matrimonio avviene per costrizione o induzione, quindi senza consenso.
- Dal 2019, questi casi, se denunciati, vengono puniti con la reclusione fino a 7 anni.
Il matrimonio dovrebbe essere un giorno significativo nella vita di una persona, frutto della libera scelta tra due individui che decidono di suggellare il proprio amore attraverso un atto formale che li rende legati agli occhi della legge.
Tuttavia, alcuni dati confermano che, ancora oggi, anche in Italia, è abbastanza diffusa la pratica dei matrimoni combinati o forzati: si tratta di un fenomeno nascosto che sta pian piano venendo fuori, grazie anche all’aumento del numero di denunce.
Nella maggior parte dei casi, le vittime sono di sesso femminile. Spesso si tratta di soggetti minorenni, che hanno anche meno di 14 anni, e di origine straniera.
Ciò è stato possibile anche in seguito all’introduzione del reato di costrizione o induzione al matrimonio. Vediamo più nel dettaglio il quadro normativo nel quale si colloca e quali sono le pene previste.
Matrimonio forzato: cos’è
Il termine matrimonio forzato (forced marriage) consiste nel costringere, tramite violenza, minaccia o altre forme di coercizione psicologica, una persona a sposarne un’altra che, il più delle volte, è un perfetto sconosciuto.
Un matrimonio senza consenso, simile per certi versi al matrimonio combinato – quello in cui si impone lo sposalizio con una persona scelta dalla famiglia, ma nel quale i futuri consorti hanno diritto di parola, almeno in teoria – o il matrimonio precoce, che avviene tra un minore e un adulto, o tra due minori.
Il confine tra matrimonio forzato e combinato è comunque molto labile: anche i matrimoni combinati sono infatti solitamente il risultato di prevaricazioni da parte della famiglia di origine, che impone, con violenza, l’obbligo di un matrimonio non voluto.
Queste forme di matrimonio hanno, in genere, radici culturali e religiose molto profonde: sono, infatti, molto diffusi in alcune zone sottosviluppate dell’Africa e dell’Asia, ma si registrano comunque diversi casi anche in Europa e nei Paesi oltreoceano.
Secondo alcuni dati raccolti dall’associazione White Mathilda, le denunce per atti di costrizione o induzione al matrimonio sono aumentate dal 2020 al 2023, passando da 8 reati denunciati a 28 – ma i numeri reali potrebbero essere molto più alti, visto che spesso i matrimoni forzati avvengono nel silenzio più totale di chi li subisce.
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Reato di costrizione o induzione al matrimonio: cos’è
Secondo la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, “il matrimonio può essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi”. Un matrimonio senza consenso rappresenta, dunque, una violazione dei diritti umani.
È in questo contesto così delicato, dove le vittime hanno spesso paura di denunciare le costrizioni subite per il timore di subire una ritorsione (e, nei casi peggiori, di perdere la vita) che si colloca la nuova fattispecie introdotta dal Codice rosso (legge n. 69/2019).
Il reato di costrizione o induzione al matrimonio (art. 558 cp bis) è stato inserito nel Codice penale subito dopo il reato di induzione al matrimonio mediante inganno (art. 558 cp), con il quale viene punito chiunque, nel contrarre matrimonio, nasconda all’altro coniuge l’esistenza di impedimenti diversi dall’esistenza di un precedente matrimonio (in questo caso, sarebbe invece integrato il reato aggravato di bigamia).
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Quali sono le caratteristiche dei matrimoni forzati
I matrimoni forzati violano in primo luogo il concetto alla base delle unioni matrimoniali, ovvero il libero consenso. Una persona viene quindi obbligata a sposarsi sotto il peso di pressioni fisiche o psicologiche. Vengono quindi messe in atto diverse forme di coercizione, che possono includere violenza fisica, mentale, economica e affettiva.
In aggiunta, la difficoltà della vittima a ribellarsi al matrimonio forzato dipende spesso dal cosiddetto “conflitto di lealtà”, ovvero a un sentimento che le impedisce di voltare le spalle alla propria famiglia, anche per evitare conseguenze negative per la propria incolumità.
Ai dati riportati dalle Autorità e da diverse indagini condotte da alcune associazioni, si unisce infatti un mondo sommerso: le vittime sono generalmente ragazze giovani, alle quali viene persino impedito di andare a scuola, relegate in casa dalle proprie famiglie, che vivono nel terrore e che, di solito, non sanno neanche a chi rivolgersi per trovare aiuto.
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Reato di costrizione o induzione al matrimonio: cosa prevede
Si prevede la pena della reclusione da 1 a 5 anni per chiunque costringa una persona a sposarsi o a contrarre un’unione civile, con l’uso di violenza o minaccia.
La stessa pena si applica nel caso in cui una persona venga indotta a contrarre matrimonio o unione civile approfittando:
- della sua condizione di vulnerabilità o inferiorità psichica o di necessità di una persona;
- con abuso delle relazioni familiari, domestiche, lavorative o dell’autorità derivante dall’affidamento della persona per ragioni di cura, istruzione o educazione, vigilanza o custodia.
Si prevedono, inoltre, delle circostanze aggravanti nell’ipotesi in cui i fatti vengano commessi su un minore di 18 anni. In particolare, se il minore ha meno di 14 anni, la pena va da 2 fino a 7 anni di reclusione.
L’articolo trova applicazione anche se il fatto è stato commesso:
- all’estero da un cittadino italiano o straniero residente in Italia (spesso, infatti, i matrimoni combinati o forzati avvengono all’estero con la scusa di una vacanza);
- in danno di un cittadino italiano o straniero residente in Italia.
Si tratta di un reato perseguibile d’ufficio, che può essere denunciato da chiunque venga a conoscenza dei fatti, quindi anche un amico/un’amica.
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Convenzione di Istanbul
La norma introdotta in Italia vuole anche adempiere all’obbligo sancito dalla Convenzione di Istanbul, nella quale si richiede agli Stati firmatari di prevedere delle sanzioni penali per quelle condotte che consistono nel “costringere un adulto o un minore a contrarre un matrimonio” e nell’“attirare un adulto o un minore nel territorio di uno Stato estero, diverso da quello in cui risiede, con lo scopo di costringerlo a contrarre un matrimonio”.
Legge Saman: di cosa si tratta
Il reato di costrizione o induzione al matrimonio è stato sicuramente un grande passo avanti per la tutela delle vittime di una delle forme di violenza domestica più devastanti, e ha portato all’approvazione della cosiddetta “Legge Saman”.
Il nome deriva dal caso della diciottenne pakistana Saman Abbas, uccisa a 18 anni dai parenti (i genitori e lo zio) perché si era opposta alla celebrazione di un matrimonio combinato con suo cugino (pratica molto diffusa in Pakistan). Saman si era innamorata di un ragazzo italiano e non aveva nessuna intenzione di sposare il cugino.
La legge Saman ha introdotto la possibilità, per le vittime che denunciano il reato di costrizione o induzione al matrimonio, di ottenere il permesso di soggiorno per motivi umanitari.
La durata del pemersso è annuale e rinnovabile fino a che siano ancora presenti le motivazioni umanitarie per le quali è stato rilasciato. Una legge di civiltà che mira ad arginare il dilagare di un fenomeno ben più radicato di quel che si potrebbe pensare.
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