Il cognome del padre al figlio non sarà più automatico: la svolta in Italia

Il reato di maltrattamenti in famiglia è punito dall’articolo 572 del Codice Penale: si tratta di una norma che è stata modificata nel 2012, quando il reato è stato esteso ai maltrattamenti non solo contro i familiari, ma anche contro i conviventi.
L’obiettivo è quello di tutelare la salute e il mantenimento psico-fisico di soggetti che vivono nello stesso contesto familiare: quali sono le pene previste? Quali i casi nei quali è possibile un’assoluzione? Come si inserisce la Legge Codice Rosso nel contesto dei maltrattamenti familiari?
Vediamo di seguito il quadro normativo che regola il reato di maltrattamenti in famiglia in Italia, se è possibile la procedibilità d’ufficio o il gratuito patrocinio, come funziona la quantificazione del danno e l’eventuale prescrizione.
Il reato di maltrattamenti in famiglia si configura in tutti i casi nei quali viene maltrattata una persona:
Nell’articolo 572 del
Codice Penale si legge proprio che “chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo 571 c.p.,
maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona
sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione,
istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o
di un’arte, è punito con la reclusione da due a sei anni”.
Per persone della famiglia non si intendono soltanto i parenti diretti, quindi il coniuge, gli affini, i consanguinei, i figli adottivi, ma anche il convivente more uxorio e tutti coloro che sono legati da un rapporto di parentela con la persona che provoca i maltrattamenti, compresi gli eventuali domestici.
Il reato di maltrattamenti in famiglia può essere commesso da chi si trova in una posizione di superiorità nei confronti della vittima, quindi si tratta di un reato proprio, alla quale è legata da un vincolo familiare o da un rapporto che si basa sull’autorità.
Nel caso in cui il reato di maltrattamento venga commesso nei confronti di un minore di quattordici anni, allora l’agente può essere chiunque.
In merito ai soggetti che subiscono il delitto, la Giurisprudenza ha chiarito il significato della locuzione “persone della famiglia” utilizzata per identificarli, affermando che non deve necessariamente trattarsi di soggetti legati da un vincolo di affinità o parentela, ma è sufficiente un legame di assistenza e/o protezione.
Di norma la pena prevista è la reclusione da 2 a 6 anni, ma sono previste delle aggravanti in tre casi.
Si tratta delle ipotesi in
cui:
Le vittime di maltrattamenti in famiglia, così come le vittime di stalking e di violenza sessuale, hanno diritto al gratuito patrocinio da parte dello Stato, a prescindere da quali sono i requisiti di reddito posseduti.
Quello dei maltrattamenti in famiglia costituisce un reato caratterizzato da una certa abitualità, in quanto le azioni commesse da un soggetto non possono essere rilevanti dal punto di vista giuridico se vengono considerate singolarmente, ma è necessario il loro protrarsi nel tempo.
Il reato si configura in caso di dolo generico, ovvero con la volontà da parte del maltrattante di provocare delle conseguenze negative alla vittima: fanno parte del reato tutti gli atti prevaricatori, oppressivi e vessatori che siano reiterati nel tempo, e che producano nella vittima sofferenza fisica o morale tale da pregiudicarne persino lo sviluppo della personalità.
Il reato può essere
integrato da:
Il reato di maltrattamenti
in famiglia, a prescindere dal fatto che gli atteggiamenti prevaricatori
possano essere episodici, sussiste ogni qual volta le azioni messe in atto dal
maltrattante provochino:
A partire dalla Legge n. 172 del 2012, che ha ampliato la tipologia di vittime che possono rientrare nel reato di maltrattamenti in famiglia, il termine di prescrizione è stata raddoppiato. Sono necessari:
Il reato di maltrattamenti in famiglia è procedibile d’ufficio: questo significa che chiunque ne sia a conoscenza può denunciare l’accaduto recandosi in Questura, presso la stazione dei Carabinieri o il Procuratore della Repubblica. Per denunciare un maltrattamento in famiglia, non sarà necessario rivolgersi necessariamente a un avvocato.
Il 19 luglio del 2019 è stata introdotta la legge n. 69, denominata Codice Rosso, che ha portato alcune “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”.
Nella pratica, questa Legge permette di velocizzare il procedimento penale previsto nel caso di alcuni reati, quali il maltrattamento in famiglia, lo stalking o la violenza sessuale, e le relative misure messe in campo per proteggere le vittime.
Sono inoltre state inasprite le pene previste dal Codice Penale, che sono passate da un minimo di 2 a un massimo di 6 a un minimo di 3 a un massimo di 7.
È possibile richiedere il risarcimento dei danni subiti a causa di maltrattamenti in famiglia agendo in sede civile. A tal proposito, sarà necessario:
Il Giudice avrà così la possibilità di poter quantificare il danno subito, basandosi sulle relative tabelle dei Tribunali.
Il reato di maltrattamenti in famiglia è stato
trattato in modo differente dalla dottrina, che appare divisa in due filoni:
Il reato di maltrattamenti in famiglia sussiste in presenza reiterata di percosse, ingiurie, minacce, lesioni, privazioni, umiliazioni dal punto di vista fisico, ma anche offese alla dignità della vittima, che sfocino in sofferenze morali da parte della persona offesa.
Ai sensi dell’articolo 572 del Codice Penale, per il reato di maltrattamento in famiglia è prevista la reclusione dai 2 ai 6 anni, che con la Legge Codice Rosso sono diventati dai 3 ai 7. Nel caso di lesioni gravi, gravissime o qualora si provochi la morte della vittima, la pena aumenta rispettivamente dai 4 ai 9 anni, dai 7 ai 15 anni, dai 12 ai 24 anni.
Se l’ex coniuge o convivente è ancora legato da rapporti con il partner, per esempio per la presenza di figli o altre tipologie di vincoli, è ancora configurabile il reato di maltrattamenti in famiglia nel caso in cui si subiscano condotte di tipo persecutorio, che hanno conseguenze negative sui vincoli di assistenza morale e materiale e di rispetto reciproco.
Il reato di maltrattamenti in famiglia può configurarsi in tutte le situazioni che esulano dalla famiglia legittima, nelle quali è presente un rapporto tra le parti che le vincola a obblighi di solidarietà e assistenza reciproca, quale può essere una famiglia di fatto o una convivenza.