Come escludere il coniuge separato dall’eredità

Alla morte del soggetto che nel diritto ereditario prende il nome di de cuius si realizza la cosiddetta successione ereditaria: per la Legge italiana non è infatti possibile che un’eredità rimanga senza un legittimo titolare. I diritti patrimoniali assoluti, ovvero quelli relativi alla proprietà, ai diritti reali e alle relative azioni, vengono trasmessi, mentre i diritti personalissimi, quali l’usufrutto o l’uso dell’abitazione, si estinguono alla morte del de cuius.
La successione ereditaria può essere di tipo:
Cosa succede in casi come questo? È possibile impugnare il testamento qualora si fosse stati esclusi dalla successione, in particolar modo nel caso in cui si fosse i figli del defunto? Vediamo di seguito come funziona la successione ereditaria e in quali casi si ha diritto all’impugnazione in quanto eredi legittimari.
In seguito all’apertura della successione ereditaria, l’erede può definirsi tale solo dopo l’accettazione dell’eredità, che può essere espressa attraverso un atto, oppure tacitamente. Al contempo, un erede ha anche la possibilità di poter rinunciare alla propria quota ereditaria.
Gli eredi legittimari sono i parenti più prossimi al defunto, ai quali spettano le porzioni più ampie dell’eredità, e a cui seguono i parenti più lontani, quali gli ascendenti. In base a quanto contenuto nell’articolo 536 del Codice Civile, i legittimari sono il coniuge, i figli, ai quali sono equiparati i figli adottivi, gli ascendenti, che prendono il nome di legittimari.
Nel caso della successione legittima, alla morte del de cuius, l’eredità è devoluta agli eredi, dunque al coniuge, ai figli e ai parenti. In assenza di tali soggetti, l’eredità diventerà proprietà dello Stato. La successione legittima può essere applicata anche nei casi in cui un testamento è stato dichiarato nullo.
Per quanto riguarda le quote
spettanti agli eredi:
Il testamento è l’atto attraverso il quale il de cuius sceglie come suddividere i suoi beni agli eredi. È disciplinato dall’articolo 587 del Codice Civile, nel quale vengono definite le sue caratteristiche costitutive, ovvero:
Il testamento può essere fatto da qualsiasi soggetto maggiorenne che non sia interdetto o privo della capacità di intendere e di volere, in quanto il testamento può essere redatto solo da chi ha la capacità di discernere, senza che vi siano alterazione dello stato psicofisico.
Esistono alcune casistiche nelle quali un testamento non è considerato valido, ovvero per nullità o per annullabilità:
Il testamento deve tenere conto del fatto che gli eredi legittimari, coniuge e figli in primis, hanno diritto per legge a ricevere quella che viene definita “quota di legittima”: nella pratica hanno diritto a una divisione equa del patrimonio ereditario.
I figli legittimi che non vengono tenuti conto all’interno del testamento possono fare valere i propri diritti? In che modo? La risposta è affermativa. Facciamo un esempio specificare meglio il concetto.
Un padre di famiglia si trovava in Uzbekistan per lavoro. Lì ha commesso adulterio e sono incominciate le diatribe legali per le proprietà tra lui e la moglie. Lui ha riconosciuto un figlio illegittimo dando il suo cognome come figlio naturale, cosa impossibile in quanto reso sterile da un intervento.
In punto di morte, ha contratto matrimonio con un falso certificato di divorzio e ha fatto testamento lasciando tutto alla sua fantomatica moglie e al presunto figlio. Le figlie legittime chiedono se sia possibile annullare il testamento in quanto non sono state incluse nella successione.
In questo
caso, le figlie legittime o naturali hanno facoltà di impugnare il
testamento con cui il padre ha lasciato tutti i suoi beni alla nuova moglie e al figlio, in
quanto per legge ai figli spetta una quota del patrimonio del genitore defunto,
chiamata quota di legittima, e qualsiasi disposizione
testamentaria contraria sarebbe nulla.
Nel caso sopra riportato, il testamento viene impugnato per lesione della quota legittima: bisognerà agire facendo riferimento all’articolo 533 del Codice Civile che regola l’azione di riduzione delle disposizioni testamentarie. Possono promuovere tale azione tutti gli eredi legittimari, ovvero il coniuge, i figli e gli ascendenti.
Nella pratica, impugnare un testamento vuol dire citare in giudizio davanti al Tribunale competente tutti gli eredi legittimari e i legatari. Sebbene non ci siano norme scritte sulla prescrizione dell’azione di riduzione, la Giurisprudenza è solita considerare un periodo di tempo di 10 anni dalla data dell’accettazione dell’eredità.
Impugnare un testamento ha un costo variabile, che può raggiungere anche i 3.600 euro. Per legge è comunque obbligatorio un tentativo di mediazione con gli altri coeredi prima di passare all’impugnazione vera e propria.
L’unico modo attraverso il quale è possibile dividere una parte del patrimonio a favore di un determinato soggetto è rappresentata dalla “quota disponibile”, la quale può essere data in eredità a chi si vuole, nel rispetto delle quote fissate dalla legge:
No, in quanto per legge deve essere rispettato il principio della quota di legittima, in base al quale l’eredità deve essere divisa in parti uguali tra i figli.
Nel caso in cui si fosse erede legittimario di un patrimonio ereditario e si fosse stati esclusi dal testamento o si avesse ricevuto una parte inferiore rispetto a quella degli altri eredi legittimari, sarebbe allora possibile impugnare il testamento attraverso l’azione di riduzione, che va in prescrizione dopo 10 anni dalla data di accettazione dell’eredità.
Nel momento in cui si dispone dei propri beni tramite testamento, esiste la possibilità di lasciare una parte a una sola persona, che può essere un amico, un solo figlio, un amante, un collega, attraverso quella che prende il nome di quota disponibile. Il valore della quota disponibile varia in relazione al numero e alla tipologia di eredi legittimari ai quali invece spetta per legge la quota di legittima.
No, la legge italiana prevede che la suddivisione dell’eredità debba avvenire in parti eque nei confronti degli eredi legittimari, e l’età non rappresenta un parametro attraverso il quale è possibile fare delle eccezioni. Inoltre, è bene ricordare che in presenza di coniuge e di più figli, al primo spetta 1/3 dell’eredità, mentre i figli dovranno spartirsi i restanti 2/3 in parti uguali.