Torino denuncia “ufficialmente” l’islamofobia per la prima volta in Italia
La città di Torino diventa apripista in Italia creando dei centri per accogliere le denunce di islamofobia: ecco le ragioni alla base di questa novità.
- L’islamofobia è un problema radicato non solo in Europa, ma a livello mondiale.
- Le discriminazioni verso la comunità musulmana, numericamente importante a Torino, hanno portato la città a creare un centro per raccogliere le segnalazioni di episodi poco piacevoli alimentati dall’odio verso i musulmani.
- Ci saranno, infatti, dei centri che si occuperanno di raccogliere le denunce contro gli atti di islamofobia.
Chi vive a Torino o la conosce un po’ più approfonditamente – non solo Mole, Fiat e Politecnico – avrà sicuramente fatto un giro o una spesa al mercato di Porta Palazzo.
È proprio lì che, tra scritte in tante lingue diverse, msemen venduto nei panifici e il suono della lingua araba che riecheggia tra le bancarelle di frutta e verdura, facendoti desiderare di volerla imparare, prima o poi, ti rendi conto del multiculturalismo e della presenza di storie e popoli lontani, che si contaminano ogni giorno e convivono pacificamente sotto lo stesso cielo.
In un simile scenario, potrebbe sorprendere che il Comune di Torino abbia annunciato, qualche mese fa, l’istituzione di alcuni centri in cui sarà possibile denunciare gli episodi di islamofobia.
Perché, scavando, neanche troppo, oltre le apparenze, il razzismo e la discriminazione nei confronti della comunità islamica non è poi così nascosto. Altrimenti, non ci sarebbe stato neanche il bisogno di creare uno specifico spazio di tutela.
Cos’è l’islamofobia
Il termine islamofobia fu utilizzato per la prima volta nel 1923, da Stanley A. Cook, nell’articolo di un convegno. L’uso iniziale della parola faceva, in realtà, riferimento alla paura che, all’inizio del XX secolo, i musulmani liberali e modernisti, avevano verso l’Islam.
La parola islamofobia descrive, in generale, l’atteggiamento di ostilità infondata nei confronti dei musulmani. Questo atteggiamento ha avuto e ha tuttora delle conseguenze reali dirette per la comunità musulmana, che si traducono in una discriminazione ingiusta e nell’esclusione dalle politica tradizionale e dagli affari sociali.
I luoghi comuni che aleggiano attorno ai musumulani, che impediscono loro di esercitare, in modo paritetico, diritti umani e libertà fondamentali, si manifestano in dinamiche che li portano a essere identificati (tutti, senza distinguo) come pericoli per la sicurezza e possibili kamikaze. L’11 settembre ha sicuramente contribuito, a livello globale, a incentivare i sentimenti anti-musulmani.
Ti potrebbe interessare anche Quali sono i diritti del minore?
Vuoi una consulenza legale sull'argomento? Chiedi Gratis ad un Avvocato
- +3000 avvocati pronti ad ascoltarti
- Consulenza Legale Online - Telefonica, in webcam, scritta o semplice preventivo gratuito
- Anonimato e Riservatezza - La tua consulenza verrà letta solo dall'avvocato che accetterà di rispondere
Dalla politica agli hate speech sui social network
Il numero di musulmani presenti nell’Unione europea supera i 25 milioni. Sono la Francia, la Germania, e l’Italia i Paesi nei quali vive il numero maggiore di musulmani.
In questo contesto socio-demografico, il ruolo della politica appare determinante: spesso sono proprio i politici che hanno utilizzato il termine islamofobia per alimentare sentimenti nazionalisti ed europeisti, concentrandosi sull’urgenza di mettere al riparo la cultura europea da pericoli più immaginari che reali.
In Italia, diversi partiti sono stati portavoce di contenuti razzisti e xenofobi che hanno visto come protagonista anche la comunità musulmana. Nel 2017, è stato addirittura fondato persino il partito anti-islamizzazione (PAI), mirante a difendere le nostre istituzioni dalla minaccia islamica.
A questo si aggiungono i discorsi d’odio sui social network, in cui le espressioni negative e il risentimento tanto ingigantito dalle piattaforme, quanto immotivato, nei confronti della comunità musulmana rappresentano un immancabile brusio, neanche troppo di sottofondo.
LEGGI ANCHE Il nuovo reato di femminicidio in Italia: cosa prevede la nuova legge
Cosa sono i centri di segnalazione di atti islamofobi di Torino
A Torino e nella sua Città Metropolitana sono presenti, oggi, circa 50.000 musulmani, su una popolazione che conta in totale 2,3 milioni. Non è un caso, dunque, che l’attenzione sia stata rivolta, stavolta, proprio verso la comunità musulmana.
Il piano per il contrasto dell’islamofobia – il primo in Italia – prevede che la creazione di luoghi in cui sarà possibile segnalare e denunciare episodi di discriminazione anti-islam e chiedere, più velocemente, l’intervento delle autorità.
La sottoscrizione del piano è avvenuta lo scorso 15 marzo 2025, in occasione del convegno Islamofobia: verso la soluzione della raccolta dei dati, organizzato proprio per la Giornata internazionale per la lotta all’islamofobia.
Un piccolo tassello per cercare di porre un argine all’intolleranza reale e virtuale vissuta quotidianamente da queste persone, che le porta a essere costantemente isolate, considerato soprattutto il fatto che questa forma di razzismo ha una matrice storica e culturale.
Le intimidazioni, gli episodi di violenza e gli abusi subiti dai musulmani tutti i giorno non possono, infatti, sparire soltanto a suon di denunce, ma attraverso la lotta effettiva, martellante e totalitaria ai pregiudizi e all’odio, e alle loro radici profonde.
Potrebbe interessarti anche Cosa sono i reati di opinione: significato, spiegazione, esempi
Le dichiarazioni dei politici torinesi
Abdullahi Ahmed Abdullahi, presidente della Commissione consiliare per il contrasto dei fenomeni di intolleranza e razzismo, ha dichiarato, in merito alla creazione dei contri contro l’islamofobia:
La Città metropolitana organizzerà momenti di formazione, le comunità raccoglieranno le segnalazioni e il Comune promuoverà iniziative e i dati saranno raccolti in report annuali. Sono certo che Torino è avanti rispetto ad altre città, ma vogliamo capire realmente come sia la situazione. Oggi parte questo percorso.
Queste, invece, le parole di Rossana Schillaci, la consigliera metropolitana delegata alle Politiche sociali e parità di genere:
Con questo protocollo sei centri islamici hanno deciso di aderire al nostro nodo antidiscriminazione. Vogliamo lavorare per abbattere gli stereotipi.
Perché, citando l’assessore Carlotta Salerno, Conoscere allontana la paura e aiuta a percepire l’avvicinamento e la contaminazione come la strada migliore da percorrere.
Ti consigliamo di leggere pure In quali Paesi l’omosessualità è un reato?
Vuoi una consulenza legale sull'argomento? Chiedi Gratis ad un Avvocato
- +3000 avvocati pronti ad ascoltarti
- Consulenza Legale Online - Telefonica, in webcam, scritta o semplice preventivo gratuito
- Anonimato e Riservatezza - La tua consulenza verrà letta solo dall'avvocato che accetterà di rispondere