Licenziamento per giustificato motivo oggettivo: cosa significa e come funziona
Il licenziamento per ragioni economiche o organizzative aziendali è detto licenziamento per giustificato motivo oggettivo. In questa guida scopriamo in cosa consista e quali siano le conseguenze di questa tipologia di licenziamento.
- Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo ha alla base motivazioni economiche e organizzative aziendali.
- La reintegra è possibile solo nel caso di insussistenza del fatto materiale addotto quale motivo di licenziamento e nelle aziende grandi.
- Al lavoratore licenziato per giustificato motivo oggettivo spettano il preavviso e la NASpI.
In contesti di crisi o di riorganizzazione aziendale può capitare che il datore di lavoro decida di licenziare un dipendente per giustificato motivo oggettivo.
Si tratta di una causa di licenziamento che può spiazzare il dipendente oggetto del provvedimento, in quanto lo stesso è del tutto estraneo a motivi disciplinari o a eventuali inadempimenti verificatisi durante lo svolgimento della prestazione lavorativa, dal momento che le ragioni alla base del provvedimento sono esclusivamente economiche e/o organizzative.
Per questo motivo, è importante conoscere la nozione di giustificato motivo oggettivo, per comprendere in quali casi effettivamente sussista questa tipologia di licenziamento e capire come regolarsi sia nel caso in cui si debba procedere a una riorganizzazione aziendale, sia nel caso in cui, purtroppo, l’azienda di cui si è dipendenti decida di risolvere il rapporto di lavoro per questo motivo.
Cos’è il giustificato motivo oggettivo di licenziamento?
Ai sensi dell’art. 3 della legge 604/1966, il c.d. licenziamento per giustificato motivo oggettivo (d’ora in avanti anche licenziamento per G.M.O.) può essere intimato “per ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”.
Costituiscono, in particolare, giustificato motivo oggettivo:
- la crisi dell’impresa;
- la cessazione dell’attività;
- il venir meno delle mansioni cui è assegnato il lavoratore.
Tuttavia, in tale ultimo caso, il datore di lavoro ha l’obbligo di ricercare possibili mansioni alternative e, ove le stesse siano di un livello di inquadramento inferiore, di prospettare al prestatore il demansionamento, in attuazione del principio di correttezza e buona fede, potendo recedere dal rapporto solo ove la soluzione alternativa non venga accettata dal lavoratore. Tale onere in capo al datore di lavoro è detto obbligo di repêchage.
In seguito alla riforma del 2012, rientrano nel licenziamento per G.MO. anche le ipotesi del:
- licenziamento per superamento del periodo di comporto;
- licenziamento per inidoneità fisica o psichica del lavoratore.
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Quando il licenziamento per G.M.O. è illegittimo?
Il licenziamento per G.M.O. deve ritenersi illegittimo, oltre che nell’ipotesi del licenziamento orale, nelle seguenti ipotesi:
- quando le ragioni economiche e/o organizzative addotte dall’impresa non sono realmente sussistenti, oppure la mansione non è effettivamente stata soppressa;
- quando non c’è un nesso causale tra le ragioni economiche addotte e la soppressione del posto di lavoro interessato;
- quando non è stato assolto l’obbligo di repêchage.
Inoltre, il datore di lavoro, quando intende licenziare dipendenti che svolgono mansioni fungibili (per esempio, nel caso in cui ha 10 dipendenti che svolgono identiche mansioni) deve utilizzare dei precisi criteri di scelta nel determinare quale lavoratore licenziare. Nella scelta dovrà tenere conto, per esempio, dell’anzianità di servizio e dei carichi di famiglia.
Il Giudice che si trova a valutare la legittimità di un licenziamento per G.M.O. in seguito a un’impugnazione da parte del dipendente licenziato, invece, non può mai entrare nel merito delle scelte economiche dell’azienda (cioè non può valutare se queste scelte siano giuste o sbagliate, ma deve solo verificare se le ragioni addotte quale motivo del licenziamento effettivamente sussistono), in quanto deve garantire l’esercizio della libertà d’impresa di cui all’art. 41 della Costituzione.
Per comprendere se un licenziamento per giustificato motivo sia legittimo e sia stato intimato correttamente, può essere fondamentale rivolgersi a un avvocato esperto in diritto del lavoro.
È possibile la reintegra in caso di licenziamento per G.M.O.?
In seguito all’entrata in vigore del Jobs Act, in caso di licenziamento per G.M.O. riconosciuto illegittimo in sede giudiziale era prevista la sola tutela indennitaria. Il rapporto di lavoro, quindi, per gli assunti dopo il 7 marzo 2015, si riteneva in ogni caso risolto e al lavoratore licenziato spettava un’indennità dalle 6 alle 36 mensilità.
Tuttavia, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 128 del 2024, nel ritenere fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, ha fatto sì che oggi la tutela reintegratoria sia applicabile anche nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale allegato dal datore di lavoro.
Pertanto, nel caso in cui si dimostri che il motivo addotto a base del licenziamento sia insussistente, è possibile ottenere la reintegra. Ciò vale per le aziende con più di 15 dipendenti. In caso di azienda “piccola”, invece, per gli assunti dopo il 7 marzo 2015 è prevista la sola indennità risarcitoria.
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Licenziamento per giustificato motivo oggettivo: preavviso e NASpI
In caso di licenziamento per G.M.O., il datore di lavoro dovrà osservare un termine di preavviso. Ciò vuol dire che il rapporto di lavoro cesserà dopo il decorso di tale termine, che si determina in base a quanto previsto dal CCNL, a seconda dell’inquadramento del dipendente. In alternativa, il datore di lavoro dovrà corrispondere al dipendente licenziato l’indennità di preavviso.
Inoltre, dato che il licenziamento per G.M.O. è un’ipotesi involontaria di perdita dell’occupazione, al lavoratore licenziato avrà diritto a percepire la NASpI, mentre il datore di lavoro sarà tenuto a pagare il cd. ticket di licenziamento.
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Licenziamento per giustificato motivo oggettivo – Domande frequenti
Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo deve essere impugnato stragiudizialmente, a pena di decadenza, entro 60 giorni dalla sua comunicazione. Nei successivi 180 giorni, il licenziamento deve essere impugnato in via giudiziale presso il Tribunale del Lavoro competente.
Se il motivo alla base del licenziamento per G.M.O. è insussistente, si prevede la reintegra, oltre a un’indennità risarcitoria nella misura massima di 12 mensilità, nel caso in cui l’azienda impieghi più di 15 dipendenti.
Sì, è possibile per il lavoratore licenziato ottenere la NASpI, purché abbia i requisiti contributivi previsti per legge. Questo perché si tratta di un’ipotesi di disoccupazione involontaria.
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