Messa alla prova: quali sono le novità della Riforma Cartabia
Che cos'è la messa alla prova? A cosa serve? Nel seguente articolo, ti spiegheremo come cambia dopo la Riforma Cartabia l'istituto della messa alla prova.
- La messa alla prova è un istituto previsto dall’ordinamento per definire il processo penale, cercando di favorire il reinserimento sociale del reo.
- La disciplina della messa alla prova è stata modificata dalla Riforma Cartabia, che è intervenuta in modo significativo sul processo sia penale che civile.
- La nuova disciplina della messa alla prova è finalizzata ad estendere la disciplina e le modalità di richiesta, attribuendo poteri anche al Pubblico Ministero.
La Riforma Cartabia ha profondamente modificato la disciplina del processo penale e di quello civile. La nuova disciplina è intervenuta anche rispetto alla fattispecie della messa alla prova, istituto che nasce per concedere una risoluzione alternativa del processo.
L’obiettivo della messa alla prova è quello di indurre il reo a una pronta e facile riabilitazione e rieducazione ai valori dell’ordinamento. Tramite questo istituto, viene elaborato un programma al termine del quale, se ha esito positivo, il reato è dichiarato estinto.
In tal modo, si rendono più celeri i procedimenti penali e si consente di avviare un programma di rieducazione che non prevede sanzioni formali per il reo.
La Riforma Cartabia ha, come già ribadito, modificato la disciplina della messa alla prova, ampliando la possibilità di ricorrere ad essa, ovvero attribuendo il potere di chiedere la messa alla prova anche al Pubblico Ministero. Analizziamo più nel dettaglio cosa è cambiato.
Messa alla prova penal: cos’è
Il codice penale disciplina agli artt. 168 bis ss. c.p. la cosiddetta messa alla prova, che è una modalità alternativa di definizione del processo.
La disciplina prevede che l’imputato possa chiedere all’Ufficio di esecuzione penale esterna la sospensione del processo, allo scopo di svolgere un programma riabilitativo, quindi, attività esterne volte alla sua risocializzazione.
Le attività sono delle più varie, quali:
- lavoro di pubblica utilità a titolo gratuito a favore della collettività;
- riparazione delle conseguenze dannose scaturite dal reato;
- risarcimento del danno causato dal fatto illecito.
Se l’imputato, per esempio, ha distrutto una vetrina tirando un sasso, può chiedere al proprietario di riparla.
Oltre a tali attività, il trattamento può disporre che siano osservati determinati obblighi, come il divieto di frequentare determinati luoghi e mantenere un contatto con l’ufficio di esecuzione penale prodromico al reinserimento dell’imputato e alla sua reintegrazione.
Se la messa alla prova ha esito positivo, il reato si estingue.
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Come cambia la messa alla prova con la riforma Cartabia?
La Riforma Cartabia ha modificato alcune disposizioni in tema di messa alla prova. In primo luogo ha previsto che si possa chiedere la messa alla prova dell’imputato, modificando l’art. 168 bis e inserendo al primo comma, dopo le parole l’imputato, la frase seguente “anche su proposta del pubblico ministero”.
Si legge infatti:
Nei procedimenti per reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché per i delitti indicati dal comma 2 dell’articolo 550 del codice di procedura penale, l’imputato, anche su proposta del pubblico ministero, può chiedere la sospensione del processo con messa alla prova.
Una modifica simile è stata prevista all’art. 464 c.p.p. In particolare la riforma Cartabia:
- ha inserito all’articolo 464-bis 1) al comma 1 la frase “anche su proposta del pubblico ministero”;
- dopo il primo periodo, è stato aggiunto quanto segue: “Se il pubblico ministero formula la proposta in udienza, l’imputato può chiedere un termine non superiore a venti giorni per presentare la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova”;
- sono state inserite al comma 2 le parole “e nel procedimento di citazione diretta a giudizio, fino alla conclusione dell’udienza predibattimentale prevista dall’articolo 554-bis”;
- sono state sostituite al comma 3, le parole “nelle forme previste dall’articolo 583, comma 3“, le quali sono state sostituite dalle parole “da un notaio, da altra persona autorizzata o dal difensore”;
- mentre al comma 4, lettera c), dopo le parole “a mediazione con la persona offesa“, sono state inserite “lo svolgimento di programmi di giustizia riparativa“.
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Messa alla prova: modifiche riforma Cartabia
Le modifiche apportate agli articoli del codice penale e del codice di procedura penale consentono al pubblico ministero di formulare la richiesta di sospensione con messa alla prova.
Qualora il pubblico ministero presenti la proposta in udienza, a sua volta l’imputato può chiedere un termine non superiore a venti giorni per presentare la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova. Il termine in questione non potrà essere successivamente prorogato.
La richiesta, in conseguenza della modifica, non può più avvenire solo tramite richiesta di procedimento di citazione diretta a giudizio. La normativa dispone che la richiesta debba pervenire entro la fine dell’udienza.
Per esigenze di coordinamento normativo, stante l’abrogazione dell’art. 583 cod. proc. pen. per effetto dell’art. 98, co. 1, lett. a), d.lgs., 10/10/2022, n. 150, è stato previsto che la “volontà dell’imputato è espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione è autenticata da un notaio, da altra persona autorizzata o dal difensore”.
Nel programma di trattamento di messa alla prova, inoltre, è stata inserita un’ulteriore possibilità per l’imputato. Il programma può promuovere la mediazione con la persona offesa oppure svolgere attività allo scopo di realizzare programmi di giustizia riparativa.
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Messa alla prova e nuovo art. 464 ter 1 c.p.p.
La Riforma Cartabia ha ulteriormente modificato la messa alla prova, prevedendo l’art. 464 ter 1 c.p.p. La norma dispone che il Pubblico ministero possa proporre all’indagato la sospensione del procedimento con messa alla prova indicando la durata e i contenuti essenziali del programma trattamentale.
Nella formulazione della richiesta, il PM si avvale della collaborazione dell’UEPE che, in base a quanto previsto dall’art. 141 -ter, comma 1-bis, disp. att. cod. proc. pen., deve fornire le indicazioni richieste nel termine di trenta giorni.
Nell’assunzione della decisione, il PM dovrà tener conto della completezza delle indagini, in modo tale da consentire al giudice per le indagini preliminari di operare valutazioni complete.
La persona sottoposta alle indagini, dal canto suo, può aderire alla proposta del pubblico ministero, nel termine di venti giorni, entro il quale può chiedere di presentare memorie, formulare richieste di indagini o di interrogatorio.
Se non aderisce alla richiesta, l’imputato può comunque chiedere la sospensione con messa alla prova nel successivo corso del procedimento. Se, invece, l’imputato aderisce alla proposta, si dà inizio di un procedimento cartolare
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Come si richiede la messa alla prova?
Il Pubblico ministero formula l’imputazione da trasmettere al giudice per le indagini preliminari. In questo caso, dovrà anche dare avviso alla persona offesa dal reato della facoltà di depositare, presso la cancelleria del giudice, eventuali memorie, entro il termine di 10 giorni.
È stato poi specificato che in “assenza di specificazioni circa i poteri della persona offesa nella fase procedimentale in esame, potrebbe ritenersi che la stessa sia meramente titolare del diritto di essere sentita, analogamente a quanto accade, per esempio, nel caso di istanze di modifica o sostituzione delle misure cautelari per i reati a base violenta” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 122).
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Messa alla prova: quando può essere negata
L’art. 464-ter. 1 c.p.p. prevede tre ragioni che possono comportare il diniego da parte del giudice delle indagini preliminari:
- quando deve emettere sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. In questa ipotesi, il giudice procede ad emanare la sentenza senza fissare camera di consiglio, come è disposto anche in caso di richiesta di decreto penale; la sentenza sarà suscettibile di ricorso per cassazione;
- quando reputa che non sia possibile formulare una prognosi favorevole in ordine al pericolo di recidiva;
- quando si ritiene che il contenuto della proposta di MAP formulata dal PM e condivisa dall’imputato non sia idoneo alla luce dei criteri indicati dall’art. 133 c.p.
In ogni caso, il giudice delle indagini preliminari può rigettare la richiesta anche quando:
- non condivide la qualificazione giuridica data in imputazione al fatto;
- ritiene che il fatto di reato ascritto all’imputato sia di particolare tenuità e, dunque, inquadrabile tra “i fatti marginali che non mostrano bisogno di pena e, dunque, neppure la necessità di impegnare i complessi meccanismi del processo” (Cass. Sez. U, 25.2.2016, n. 13681, rv. 266590-01). In questa evenienza, il giudice rimette gli atti al pubblico ministero. La fattispecie non è stata espressamente prevista dalla legge delega, quindi, non inserita nel codice, ma, secondo opinione concorde, il giudice per le indagini preliminari può comunque ricorrere a suddetta ipotesi.
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Messa alla prova – Domande frequenti
La messa alla prova è un istituto che consente di risolvere in via alternativa il processo e consente di rieducare il reo.
La messa alla prova è stata modificata dalla Riforma Cartabia, che ha previsto la possibilità di chiedere la messa alla prova anche al Pubblico Ministero.
In caso di richiesta di messa alla prova del Pubblico Ministero, l’imputato può decidere di aderire alla richiesta.
La richiesta della messa alla prova è effettuata al Giudice delle indagini preliminari, che può decidere di negare la messa alla prova laddove sussistano specifiche ragioni.
La messa alla prova presuppone che l’imputato segua un programma di rieducazione, al cui termine, se ha esito positivo, comporta l’estinzione del reato.
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