I partiti politici: natura, funzione e finanziamento
I partiti politici hanno una storia molto lunga. Nascono nell'antico Egitto e giungono fino ai giorni nostri. In questo articolo analizzeremo qual è la loro struttura e organizzazione e come vengono finanziati.
- I partiti politici sono associazioni non riconosciute che partecipano alla vita democratica del Paese e sono costituzionalmente riconosciuti.
- In particolare, hanno espresso riconoscimento costituzionale all’art. 49 Cost., che non prevede alcun formalismo o norma sulla loro organizzazione.
- Sono soggetti alla disciplina delle associazioni non riconosciute, mentre per quanto riguarda la responsabilità patrimoniale la legge ha previsto una deroga in modo tale che gli amministratori non rispondano personalmente delle obbligazioni.
I partiti politici sono associazioni non riconosciute nel nostro ordinamento. Rappresentano un’istituzione fondamentale per l’ordinamento nazionale. Tuttavia, pochi conoscono la loro storia, la loro evoluzione e come sono organizzati. Il nostro sistema nazionale, infatti, è solo uno degli esempi che esistono al mondo di sistema partitico.
Nel presente articolo, invece, descriveremo quali sono le caratteristiche salienti dei partiti politici italiani, dando uno sguardo anche ai sistemi stranieri. Provvederemo poi a dirti come nascono i partiti, dalle origini alla nascita dei partiti in Italia. Infine, tratteremo anche le modalità di finanziamento ai partiti, argomento sempre ostico, e la responsabilità per le obbligazioni assunte.
I partiti politici: cosa sono
I partiti politici sono definiti da Max Webber come segue:
per partiti si debbono intendere le associazioni costituite al fine di attribuire ai propri capi una posizione di potenza all’interno di un gruppo sociale e ai propri militanti attivi possibilità per il perseguimento di fini oggettivi e/o per il perseguimento di vantaggi personali.
Dunque, essi sono riconducibili al genus degli enti non riconosciuti. In quanto tali, sono soggetti non dotati di personalità giuridica. Che cosa significa? Significa che delle obbligazioni assunte, rispondono i membri dell’associazione, non il patrimonio comune.
Per quale ragione è stato scelto di non procedere a registrazione. Il principale scopo era quello di evitare un controllo dell’autorità governativa sui partiti. In tal modo, si riteneva potesse essere garantita l’indipendenza e l’imparzialità del partito.
Si ricorda che questi enti assumono un ruolo fondamentale nello scenario politico e sono una componente essenziale per realizzare il sistema democratico nel Paese. Essi sono considerati, infatti, soggetti del diritto, in quanto autonomi centri di imputazione di interessi meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento giuridico, secondo quanto dispone l’art. 49 Cost.
Quest’ultima norma riconosce a tutti i cittadini la libertà di associarsi in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale, quale diritto inviolabile di ogni cittadino a poter esprimere la propria personalità sia come singolo che nelle formazioni sociali.
La costituzione non formalizza né la loro costituzione né la loro organizzazione. Afferma esclusivamente che i partiti politici partecipano a realizzare il metodo democratico. Ciò significa che, anche per eventuali controversie, vige un principio di autodichia, cioè i conflitti sono risolti all’interno del partito. Non è possibile ricorrere ad un giudice per ottenere una pronuncia, tramite la quale si risolve il conflitto tra i membri del partito.
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Il sistema partitico
Tendenzialmente, a seconda del numero e dei rapporti che intercorrono tra i partiti, si suole individuare il c.d. sistema partitico. Nel corso del tempo sono state elaborate diverse tesi che servono a descrivere il sistema in questione.
Prendiamo in considerazione una prima classificazione, che prevede:
- i sistemi monopartitici: in questo caso, i regimi si connotano per essere “a partito unico”. In genere, questo sistema è stato impiegato negli ordinamenti caratterizzati dai c.d. fascismi, come nell’Italia fascista, la Germania nazista e la Spagna franchista, oppure anche dal Socialismo Reale, come quelli di URSS o Cuba;
- i sistemi bipartitici, cioè connotati da due partiti, come nei sistemi anglosassoni, ossia Regno Unito e Stati Uniti d’America. In questi modelli, al governo sono quasi sempre presenti i due soliti partiti, che normalmente rappresentano lo schieramento di “sinistra” e di “destra”;
- i sistemi multipartitici caratterizzano la maggioranza dei regimi, cioè connotati dalla presenza di più partiti, come accade in Italia. Di solito, questi partiti si riuniscono in coalizioni.
Altro indirizzo, invece, distingue i sistemi partitici prescindendo dal numero degli stessi, ma in base ad una valutazione che tiene conto del potenziale di coalizione:
- sistemi di coalizione, dove i partiti politici, indipendentemente dal numero, tendono a riunirsi in coalizioni, che si fronteggiano come poli opposti. Anche in Italia, negli ultimi anni, si è tentata questa strada, cercando di realizzare un sistema bipolare. In questo sistema, ciascuno dei membri della coalizione, ove di maggioranza, può essere fondamentale per la tenuta del Governo;
- sistemi a ricatto, cioè sistemi dove uno dei partiti tende ad essere predominante sugli altri, quindi può indirizzare in maniera significativa il Governo, perché è fondamentale per la tenuta dello stesso.
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Come nascono i partiti politici?
Possiamo anche procedere a brevi cenni storici sul ruolo assunto nella storia dai partiti politici e il loro funzionamento. La nascita dei partiti risale a tempi antichi: già gli Egizi conoscevano queste forme associative. In particolare, i partiti politici nascono nelle teocrazie, cioè in quegli ordinamenti dove il governo aveva base religiosa. In Egitto, i partiti politici erano i gruppi religiosi che governavano le città stato.
I partiti laici, invece, nascono nell’antica Grecia, dove per lungo tempo furono composti dai rappresentanti delle tribù. Successivamente fu introdotto un sistema molto interessante. L’area territoriale di Atene venne divisa in 10 micro-aree e le tribù furono mescolate e a vario modo assegnate alle 10 aree. Dopodiché, ciascuna area procedeva ad eleggere i propri rappresentanti.
Nell’antica Roma vi era la divisione tra i Patrizi, i nobili e ricchi, e i Plebei, i poveri ben più numerosi, ma molto meno rappresentati. Anche nel Medioevo assistiamo ad una prima contrapposizione tra i c.d. Guelfi e Ghibellini.
I partiti politici, come ad oggi conosciuti, nascono però con la rivoluzione francese e si consolidano con la rivoluzione industriale. È proprio in questi anni, infatti, che si inizia a parlare di partiti di destra, sinistra e di centro.
In Italia, la svolta si ha nel 1919, con la fondazione del partito religioso di Luigi Sturzo. Ccome in molti Paesi cattolici (sebbene l’Italia sia formalmente laica dall’entrata in vigore della Costituzione, nel 1946), si connota per la presenza di partiti di influenza religiosa. A partire dalla c.d. Seconda Repubblica tali partiti, almeno nominativamente, scompaiono dallo scenario politico.
I partiti politici verticistici e movimentistici
Con l’approdo sulla scena politica del Movimento 5 Stella, in tanti si sono chiesti quale sia la differenza tra il movimento e gli altri partiti. Tecnicamente, la differenza principale è nell’organizzazione e nella struttura del partito.
Infatti, usualmente si distingue tra:
- partiti politici verticistici caratterizzati, dove ci sono organi di vertice che non sono scelti dalla base del partito;
- partiti politici movimentistici, maggiormente democratici, dove ogni decisione passa attraverso il voto dei membri.
Nel nostro ordinamento, sicuramente il Movimento 5 Stelle, sulla carta, è il partito che si connota per essere maggiormente affine al modello movimentistico. Quasi ogni decisione viene assunta con votazione sulla nota piattaforma Rousseau. Tuttavia, partiti totalmente verticistici in Italia, come nella maggior parte delle democrazie moderne, sono difficilmente individuabili.
Il modello verticista era stato invece assunto da alcuni sistemi socialisti, comunisti e post fascisti, caratterizzati da amplia assemblea e ristretti gruppi di dirigenti.
Partiti organizzativi vs partiti elettorali
Un’ulteriore distinzione, sempre per quanto riguarda l’organizzazione, è stata poi tra il partito organizzativo e quello elettorale.
Partiti organizzativi | Partiti elettorali |
I partiti organizzativi di massa gestivano le masse operaie e le “educavano” alla c.d. coscienza di sé e del potere che potevano assumere nell’ordinamento, soprattutto grazie al ruolo che hanno avuto nell’economia generale del Paese. In queste forme partitiche, non c’erano organi e strutture, ma funzionari che ricevevano uno stipendio, grazie alle quote pagate dagli iscritti. Erano in genere partiti militanti. | I partiti elettorali di massa, invece, erano organizzati similmente ai partiti organizzativi, ma ricercavano il consenso elettorale che permetteva loro di raggiungere il potere. L’obiettivo era quello di migliorare le condizioni di determinate classi sociali. |
Finanziamento ai partiti politici in Italia
Una delle questioni maggiormente dibattute che riguarda i partiti politici è quella dei finanziamenti. La storia sui finanziamenti è molto lunga, costellata di norme, interventi legislativi e referendum. Il legislatore, nel lontano 1974, aveva infatti predisposto un meccanismo di finanziamento pubblico. Le ragioni erano abbastanza chiare e, all’epoca, maggiormente conformi al c.d. metodo democratico.
Si intendeva evitare che:
- solo i partiti politici con una solida base economica avessero la possibilità di svolgere attività politica;
- l’attività politica fosse influenzata da soggetti esterni, privati e operatori economici del mercato finanziario e non solo.
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La legge del 1974 è stata poi oggetto di non poche polemiche, soprattutto dopo Tangentopoli, anche in considerazione della tendenziale sfiducia verso i partiti e la politica in generale. I referendum che seguirono a questi eventi hanno portato alla caducazione della norma.
Attualmente, dunque, non sono più previsti finanziamenti pubblici. I partiti politici hanno comunque delle facilitazioni:
- il 2 per 1000, cioè i cittadini possono devolvere ai partiti il 2 per 1000 dell’imposta sulle persone fisiche ai partiti;
- detrazioni per le erogazione fatte dai privati a titolo di liberalità;
- campagne di raccolta telefonica di fondi.
La responsabilità patrimoniale dei partiti politici
Ai partiti politici è stata sempre ritenuta applicabile la disciplina normativa contenuta negli articoli 37 e 38 c.c., dettata per regolare il regime di responsabilità patrimoniale delle associazioni non riconosciute. La norma dispone che, per le obbligazioni assunte in nome e per conto dell’associazione, rispondono anche i soggetti che le hanno concretamente assunte.
Senonché, in materia di responsabilità patrimoniale dei partiti politici, l’art. 6 bis della legge n. 159 del 3 giugno 1999 (introdotto con il d.l. 273/2005, convertito nella l. 5123/2006), ha introdotto una deroga all’art. 38 del codice civile. La norma prevede, a favore gli amministratori del partito, un esonero dalla responsabilità patrimoniale per le obbligazioni assunte in nome e per conto del partito; gli amministratori, in tal modo, non ne rispondono a titolo personale.
Si è ampiamente discusso sulla portata da attribuire a tale norma e, in particolare, su a chi debba spettare la qualifica di amministratore di partito. Sulla questione è intervenuta la Corte di Cassazione, secondo cui la qualifica normativa di amministratore indica non chiunque abbia assunto obbligazioni verso i terzi in nome e per conto del partito, ma soltanto coloro cui fa capo la gestione e, almeno di regola, la rappresentanza statutaria dell’ente.
Coloro, cioè, che istituzionalmente, in forza di poteri loro attribuiti dall’atto costitutivo o dallo statuto che disciplina l’ordinamento interno, l’amministrazione e la rappresentanza dell’associazione, siano investiti di compiti amministrativi del partito e come tali agiscano e si presentino anche all’esterno.
La ratio dell’art. 6 bis menzionato va ricercata evidentemente nell’intento di eliminare il rischio che le preoccupazioni personali di incorrere in responsabilità patrimoniale per le obbligazioni assunte nell’interesse del partito, gravanti sui soggetti che hanno il compito istituzionale di esporsi per lo stesso, possano condizionare la loro azione e di riflesso, quindi, anche l’attività dell’ente.
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Partiti politici – Domande frequenti
I partiti politici nascono in Italia formalmente nel 1919 con Luigi Sturzo, che fonda il primo partito di stampo, tuttavia, religioso.
La legge del 1974 prevedeva finanziamenti pubblici ai partiti politici. La norma è stata abrogata con referendum. Oggi la principale fonte di sostentamento è di origine privata.
I partiti politici sono associazioni non riconosciute, sottratte al controllo governativo, riconosciuti dalla Costituzione all’art. 49 Cost.
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