Ripartizione delle spese per l’ascensore condominiale: cosa cambia per chi vive al piano terra
La Cassazione chiarisce: anche i proprietari di locali al piano terra devono contribuire alle spese dell’ascensore se l’impianto consente l’accesso a parti comuni, evidenziando il principio di utilità potenziale e puntualizzando quelli che sono i criteri di riparto.
- L’ascensore è parte comune dell’edificio e deve essere considerato funzionale all’accesso a tutte le altre parti comuni, come terrazze o lastrici solari.
- Le spese vanno suddivise metà in base ai millesimi di proprietà e metà in proporzione all’altezza del piano, garantendo equità tra i condomini.
- La Cassazione ha chiarito che sussiste l’obbligo di contribuzione per le spese di sostituzione dell’ascensore anche per i locali al piano terra contando la potenzialità di utilizzo e non l’uso effettivo.
La ripartizione delle spese per l’ascensore è da sempre uno dei temi più controversi nelle assemblee condominiali. Tra chi vive ai piani alti e rivendica un uso quotidiano dell’impianto e chi abita al piano terra e sostiene di non trarne alcun beneficio, le discussioni non mancano.
Con la sentenza n. 31675 del 4 dicembre 2025, la Corte di Cassazione ha posto un punto fermo: l’ascensore è parte comune dell’edificio e le spese devono essere sostenute da tutti i condomini, inclusi i proprietari di locali situati al piano terra, qualora l’impianto consenta l’accesso a parti comuni come terrazze, lastrico solare o tetti. Una decisione che ridefinisce i confini del concetto di “utilità” e che avrà un impatto concreto sulla vita di molti condomini.
Cosa significa che l’ascensore è un bene comune
La decisione della Suprema Corte non nasce dal nulla, ma si inserisce in un quadro normativo già delineato dal codice civile. L’articolo 1117 cc afferma che l’ascensore fa parte dei beni considerati come parti comuni dell’edificio. Esso rientra, infatti, espressamente tra le opere o installazioni destinati all’uso comune.
La presenza dell’ascensore non è però elemento di interesse per tutti i condomini. Se certamente è visto con favore per i proprietari che vivono ai piani più elevati, non sempre è lo stesso per coloro che si trovano al piano terra o che hanno un locale commerciale.
La sentenza della Corte di Cassazione, n. 31675 del 4 dicembre 2025, ha avuto il merito di chiarire i principi da applicare, superando l’idea che l’assenza di un uso quotidiano equivalga a un’esenzione totale dai contributi per la sostituzione o manutenzione dell’impianto.
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La sentenza 31675/2025 della Cassazione
La sentenza 31675/2025 affronta un problema spinoso, quello delle spese di sostituzione degli ascensori che, soprattutto quando coinvolge i negozi al piano terra, è fonte di controversie anche accese.
La vicenda all’esame della Corte Suprema trae origine dall’impugnazione di una delibera con la quale l’assemblea condominiale aveva approvato la sostituzione di 4 ascensori obsoleti. Nella ripartizione dei costi erano stati totalmente esclusi dal contributo i proprietari dei locali commerciali situati al piano terra. Il tutto in osservanza di una tabella facente parte del regolamento di condominio. In tal modo si derogava a quanto disposto dall’articolo 1124 codice civile che, come meglio vedremo, prevede invece la partecipazione alla spesa di manutenzione di tutti i condomini.
Il Tribunale e la Corte d’Appello sostenevano che, in assenza di un titolo contrario, il riparto doveva avvenire nel rispetto di tale norma. La vicenda giungeva così dinnanzi alla Cassazione poiché il ricorrente asseriva che nella fattispecie trovava applicazione il disposto del regolamento condominiale che prevedeva il pagamento delle spese in funzione dell’effettivo uso dell’ascensore, con esclusione di coloro che erano situati al piano terra.
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Come si dividono le spese dell’ascensore in condominio?
L’ascensore è un impianto del condominio che, con il trascorrere del tempo, è soggetto a rompersi e questo comporta un’attenta manutenzione, sia ordinaria sia straordinaria. Gli interventi possono consistere nella revisione di alcune parti obsolete, oppure nella loro sostituzione.
Ecco che si pone il problema della ripartizione delle spese da sostenere per la sua conservazione e manutenzione. A tal fine il legislatore è chiaro. Al caso trova applicazione l’articolo 1124 del codice civile relativo alla divisione dei contributi per scale e ascensori. La disposizione afferma che scale e ascensori sono manutenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono.
La spesa è ripartita tra essi in base ad un criterio misto:
- per metà in funzione del valore delle singole proprietà stabilito in base alle tabelle millesimali;
- per metà in proporzione all’altezza di ciascun piano dal suolo.

Modalità di utilizzo dell’ascensore
Il criterio qui illustrato presuppone che l’impianto o le scale servano al proprietario. Il condomino sosterrà la spesa quando farà uso dello stesso. Ma di che tipo di uso stiamo parlando? È su questo aspetto che la Cassazione pone il suo focus. Si tratta di un uso effettivo oppure potenziale?
La risposta è di fondamentale importanza e coinvolge particolarmente coloro che vivono al piano terra, i quali potrebbero non fare uso dell’ascensore. Chi di fatto non beneficia del servizi è tenuto a sostenerne i costi? Secondo quanto affermato dalla Cassazione la risposta è affermativa, poiché nell’applicare il criterio misto si fa riferimento all’uso potenziale del bene e non a quello effettivo.
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La pronuncia della Cassazione
L’ascensore, salvo diverso accordo, appartiene anche ai condomini situati al piano terra rientrando tra le parti comuni. Ne consegue che pure costoro, non potendo per legge rinunciare al diritto sulle parti comuni, sono tenuti a contribuire alle spese per la loro conservazione secondo il doppio criterio che abbiamo indicato: metà in base al valore della proprietà e metà in base all’altezza.
In linea con un precedente orientamento giurisprudenziale, la Corte di Cassazione afferma che, poiché l’ascensore non ha la sola funzione di raggiungere la propria unità abitativa o negozio, esso consente loro l’accesso ad altre parti comuni, come un lastrico solare, una terrazza.
Tutti ne fanno quindi un uso potenziale per raggiungere altre parti dello stabile. Lo stesso dicasi per gli abitanti degli ultimi piani, che potrebbero di fatto preferire l’uso delle scale per mantenersi in allenamento. Questo non sarebbe motivo di esonero dal contributo per la manutenzione.
Qual è la funzione del regolamento condominiale
La Corte di Cassazione, nell’esaminare il caso concreto, coglie l’occasione per spiegare che un criterio di ripartizione differente, basato sull’utilizzo effettivo e non potenziale, può essere contenuto solo in un regolamento condominiale che abbia natura contrattuale, cioè che sia stato approvato all’unanimità.
In mancanza di questa tipologia di regolamento condominiale, l’assemblea non ha facoltà di derogare il disposto del legislatore a meno che, anche in questo caso, non vi sia una delibera approvata con il consenso unanime di tutti i condomini.
La Cassazione è molto chiara nel voler tenere distinto l’uso effettivo da quello potenziale poiché conta la possibilità di utilizzo del bene e non la frequenza d’uso.
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Quali sono gli effetti della sentenza?
Le implicazioni per condomini e amministratori sono del tutto evidenti. Ci si potrà attendere:
- una maggiore chiarezza nelle assemblee condominiali;
- una riduzione dei contenziosi grazie all’orientamento giurisprudenziale;
- un ruolo più significativo dell’amministratore nello spiegare e applicare correttamente i criteri.
La sentenza, emessa a conferma di un orientamento giurisprudenziale già accreditato, costituisce un ulteriore importante punto di riferimento per i casi futuri.
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