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Condominio: definizione, organi, regole e pagamento delle spese

Le principali informazioni sul condominio e il diritto condominiale: cos'è, qual è il numero minimo per costituire un condominio, quali sono i suoi organi e come gestire le spese condominiali.

condomino
  • Il condominio è un tipo di comunione forzosa: ciò significa che i condomini non possono decidere se stare o meno in comunione. Non è neanche possibile rinunciare alla quota di comunione.
  • Si ha quando, in unico edificio con più unità immobiliari, più soggetti sono proprietari delle diverse unità immobiliari, rimanendo comproprietari delle parti comuni dell’edificio (scale, atrio, muri portanti, suolo su cui sorge l’edificio, e via dicendo).
  • La comunione delle parti comuni è forzosa, perché non può essere oggetto di rinuncia da parte dei condomini.

Il condominio trova disciplina legislativa nel codice civile agli articoli 1117 e seguenti. Essa è stata oggetto di una riforma ad opera della legge n. 220 del 2012, la quale ha innovato la materia recependo i maggioritari orientamenti della giurisprudenza.

Si può parlare di condominio quando i condomini sono due o più. Nel primo caso, cioè quando i condomini sono soltanto due, si parla di condominio minino. Nella prassi, però, si utilizza l’espressione condominio minimo anche per indicare quei condomini con un numero massimo di quattro condomini.

Negli ultimi anni, sono poi molte le questioni che sono state oggetto di intervento giurisprudenziale. Per esempio, una questione molto discussa è stata proprio quella di dare in uso esclusivo il bene condominiale, oppure la natura delle tabelle millesimali.

Nel seguente articolo tratteremo, in primo luogo, le caratteristiche essenziali del condominio, per poi soffermarci su alcune questioni che sono state affrontate in giurisprudenza e che risultano di notevole interesse pratico.

Che cos’è il condominio?

Quando si parla di condominio, tutti abbiamo bene in mente fisicamente l’immagine di un edificio. Bene, quello non è un condominio, ma un edificio condominiale. Il condominio è una forma di comunione forzosa, cioè imposta dalla legge. Questa comunione ha ad oggetto le parti comuni dell’edificio, di cui tutti i proprietari dell’unità abitativa (o gli inquilini) devono poter usufruire senza limitazioni.

Ciò in quanto la proprietà individuale è forzosamente collegata alla titolarità delle corrispondente quota di comproprietà condominiale sulle parti dell’edificio di proprietà comune. Alcune di esse sono proprio fisicamente compenetrate con le unità immobiliare individuali – si pensi, per esempio, ai muri perimetrali, ai pilastri, ecc.

L’inscindibilità del collegamento con queste parti comporta che, negli atti di trasferimento delle singole unità immobiliari, non è giuridicamente consentito operare la separazione tra le dette due entità. Quindi, la quota di condominio non può essere separata dalla proprietà dell’unità abitativa.

D’altronde, il risultato della divisione sarebbe paradossale. Infatti, se l’acquirente di un appartamento non acquistasse anche la quota di condominio, in teoria, non potrebbe neanche entrare in casa sua, perché l’accesso presuppone che attraversi parti comuni, come le scale o il cortile.

Altrettanto paradossale sarebbe il fatto che un soggetto diverso dal proprietario dell’unità immobiliare partecipi all’assemblea condominiale. In tal caso, le decisioni sulla gestione e sulle spese verrebbero prese da qualcuno che, in fondo, non ha alcun interesse pratico. Per queste ragioni, si dice che il condominio è una proprietà forzosa che non può essere rinunciata o alienata separatamente all’unità.

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Il condominio è una persona giuridica?

Prima della Riforma attuata con legge n. 220 del 2012, ci si domandava se il ruolo di amministratore di condominio potesse venire ricoperto da una persona giuridica, come una società. Il dubbio derivava dall’assenza di un’esplicita norma che autorizzasse anche le persone giuridiche a ricoprire un tale ruolo, a fronte di una sempre più crescente prassi che vedeva società gestire grandi complessi condominiali.

La riforma ha risolto il problema. Mediante l’introduzione della professione di amministratore di condominio – che deve essere regolarmente iscritto nell’apposito Albo – ha riconosciuto la prassi consolidatasi, prevedendo la possibilità che le funzioni di amministratore siano ricoperte anche da persone giuridiche, previa iscrizione all’Albo.

Il dibattito sulla natura e funzione del condominio è forse uno dei più risalenti nel tempo, in materia. Secondo la tesi allo stato più accreditata, ad oggi, è che il condominio non sia dotato di personalità giuridica. Ciò significa che non è un soggetto autonomo rispetto ai condomini. Viene spesso definito ente di gestione, quindi assume una certa struttura in quanto in tal modo è più facile assumere le decisioni.

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Funzioni e natura del condominio

Con la riforma del 2012, qualche dubbio sulla natura del condominio è sorto. In particolare, ci si è chiesti se condominio sia uguale a condomini. In realtà, non è così, perché c’è organizzazione per organi che hanno lo competenza e si decide in base al principio maggioritario. L’amministratore non è mandatario dei condomini, perché deve seguire le delibere delle assemblee che non sono adottate a unanimità, ma a maggioranza.

Quindi come si fa a dire che il condominio è equivalente ai condomini? Perché in sede di deliberazione taluno dei condomini può non essere presente o dissenziente, ma la decisione comunque viene presa anche per lui. Questo impedisce la perfetta identificazione.

Oggi, a maggior ragione, perché c’è una sorta di obbligo di autonomia patrimoniale, l’amministratore è obbligato a tener separato il patrimonio del condominio dal proprio e da quello dei condomini – c’è gestione separata.

C’è una specifica norma che prevede un fondo speciale per le manutenzioni. Tale fondo crea una forma di autonomia patrimoniale perché si risponde delle obbligazioni derivanti dai contratti finalizzati a queste operazioni con questo fondo speciale. Anche questo è un indice che denota soggettività.

C’è anche norma sulla trascrizione. Questa prevede che, in caso di trascrizione di un atto, questa si fa a nome del condominio indicando il codice fiscale del condominio. Questi, allora, sono dati che denotano una sorta di personalità. Tuttavia, la tesi, ad oggi, ancora prevalente è che il condominio non sia una persona giuridica.

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Tabelle millesimali condominio

Per la gestione delle parti comuni, ovvero per la ripartizione delle spese condominiali, la determinazione delle maggioranze di costituzione delle assemblee e la votazione delle delibere vengono utilizzate le cosiddette tabelle millesimali: esse sono delle tabelle in cui viene riportato il valore della proprietà di ciascun condomino in rapporto con l’intero condominio espresso in millesimi.

L’atto con cui si approvano le tabelle millesimali condominiali non ha natura di negozio giuridico. Non richiede, quindi, il consenso unanime dei condomini. Per determinare l’ammontare della quota di ciascun partecipante, infatti, l’art. 1118 c.c. fa riferimento al valore dell’unità immobiliare. Allora, siffatta determinazione, in quanto approvazione di un risultato di calcolo, non implica un’attività negoziale. Potrebbe, però, essere richiesta l’unanimità in altre circostanze.

Le tabelle millesimali sono state riformate nel 2012. La riforma ha previsto la possibilità di rettificare o modificare il valore delle tabelle, purché l’assemblea deliberi all’unanimità. Sulla modifica di queste tabelle, però, sono sorti molti dubbi. Il principale deriva dalla circostanza che la giurisprudenza, intervenuta sul punto, ha creato grande scompiglio.

Le Sezioni Unite, infatti, hanno detto che non è necessaria la deliberazione all’unanimità. In sostanza, si è detto che, se la rettifica è meramente di errore di calcolo, cioè si fa un errato conteggio in base alle regole ordinarie di legge, non serve l’unanimità. Mentre, se si modificano i criteri di calcolo proprio, in questo caso serve l’unanimità.

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Assemblea dei condomini

L’assemblea dei condomini è l’organo deliberante del condominio: ha il potere di decidere le questioni condominiali tramite lo strumento della delibera. Tutti i condomini hanno diritto a parteciparvi. L’organo può deliberare soltanto quando tutti i condomini sono stati invitati a partecipare all’assemblea; generalmente, infatti, la convocazione viene effettuata con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, almeno cinque giorni dal giorno fissato per la deliberazione.

Essa decide sulle questioni relative alla gestione ordinaria delle parti comuni del condominio, alla manutenzione ordinaria dell’edificio, nomina e revoca l’amministratore di condominio. Affinché le delibere siano approvate, è necessaria la maggioranza dei millesimi. Ogni condomino, assente o dissenziente, può impugnare la delibera entro 30 giorniex art. 1137 c.c. I 30 giorni decorrono dalla data dell’assemblea, per i presenti e dissenzienti, e dalla data della ricezione del verbale per gli assenti.

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Impugnazione delibere assembleari

Secondo la disciplina contenuta nel codice civile, le delibere assembleari sono annullabili, su impugnazione del condomino che ne ha interesse, entro 30 giorni dalla loro adozione. Esse sono annullabili nei casi previsti dalla normativa. La giurisprudenza ha ipotizzato, accanto alle delibere annullabili, le categorie delle delibere nulle, seppur nel silenzio del codice civile al riguardo.

Orbene, secondo tale orientamento, le delibere sono nulle quando contrarie a norma imperativa, all’ordine pubblico, al buon costume, nonché quando hanno ad oggetto materie non attribuite dal codice all’assemblea condominiale. Il vizio è rilevabile in qualsiasi momento, trattandosi appunto di nullità.

Il codice, inoltre, stabilisce che l’annullabilità può essere chiesta con impugnazione proposta con ricorso entro 30 giorni dall’adozione. In realtà, il termine stringente previsto dal codice per la proposizione del ricorso non permetterebbe di effettuare nei termini la notifica al convenuto, necessaria per l’instaurazione del contraddittorio. I

n tal caso, da alcuni anni si è prospettata la possibilità di impugnazione con citazione, perché le modalità di presentazione del ricorso non permettono il rispetto del principio del contraddittorio, che presuppone la notifica dello stesso alla controparte convenuta nel termine di 30 giorni.

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Cos’è il condominio minimo

Secondo il prevalente orientamento, la disciplina dettata dal codice civile per il condominio di edifici trova applicazione anche in caso di condominio minimo. Il condominio si dice minimo quando è composto da due soli partecipanti.

L’equiparazione opera anche per le norme che disciplinano e regolamentano il funzionamento dell’assemblea, l’organizzazione interna, il principio maggioritario, atteso che nessuna norma vieta che le decisioni siano assunte con un criterio diverso. Spesso si adotta quello dell’unanimità.

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Condominio parziale

Il condominio parziale si configura tutte le volte in cui un bene risulti, per obiettive caratteristiche strutturali e funzionali, destinato al servizio e al godimento in modo esclusivo di una parte soltanto dell’edificio in condominio. In questo caso, viene meno il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria di tutti i condomini su quel bene.

Cos’è il supercondominio

Nel caso di complessi immobiliari che comprendano più edifici e abbiano beni, servi e aree comuni, quali viali, piscine, recinzioni, giardini, cortile, impianto di riscaldamento, si parla di supercondominio. Le disposizioni in materia di condominio si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui ci siano più unità immobiliari o più edifici o più condominii.

Quindi, la disciplina del condominio non si applica solo al cosiddetto condominio verticale, ma anche quando vi è un complesso abitativo, quando questo sia realizzato in modo che l’utilizzazione delle unità abitative richieda la fruizione di parti comuni.

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Amministratore di condominio: chi è

L’amministratore di condominio è l’organo che:

  • esegue le deliberazioni dell’assemblea;
  • riscuote i contributi dai condomini ed eroga le spese occorrenti per la gestione e la manutenzione;
  • redige il rendiconto annuale;
  • rappresenta il condominio in giudizio.

Egli viene nominato dall’assemblea dei condomini con la maggioranza dei presenti – stessa maggioranza è necessaria per la revoca dell’incarico. Resta in carica per un anno, ma può essere revocato in qualsiasi momento se si rende inadempiente ai suoi obblighi.

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Condominio senza amministratore

Quando i condomini sono in un numero inferiore o pari ad otto unità non è necessaria la nomina di un amministratore. La legge di riforma del condominio, infatti, prevede la nomina di un amministratore quando i condomini sono più di otto. In tal modo, la legge di riforma ha innalzato il numero di condomini necessario per la nomina dell’amministratore, da quattro a otto condomini. 

Non sono previste sanzioni in caso di inadempienza a questa norma, cioè nel caso di mancata nomina dell’amministratore, se non la possibilità della nomina di un amministratore giudiziario, a opera del Tribunale, su istanza anche di un solo condomino.

Legittimazione passiva del condominio

La disciplina normativa attribuisce all’amministrazione di condominio il potere di stare in giudizio per il condominio nelle vertenze che lo vedono parte processuale. La legittimazione passiva del condominio, dunque, spetta all’amministratore. Al riguardo ci si è chiesti se, prima di costituirsi in giudizio, l’amministratore debba farsi autorizzare dai condomini con apposita delibera o possa costituirsi senza previa autorizzazione.

Nel 2011, le Sezioni unite della Corte di Cassazione hanno affermato che l’amministratore di condominio debba farsi autorizzare dall’assemblea, ma può costituirsi immediatamente in giudizio quando ciò sia necessario per non incorrere in decadenze processuali e per rispettare termini stringenti di costituzione in giudizio: il tempo necessario per l’approvazione della delibera di autorizzazione potrebbe far incorrere l’amministratore in decadenze e preclusioni processuali.

In tali casi, però, è necessario che per la udienza successiva venga prodotta la ratifica da parte dell’assemblea condominiale avente ad oggetto il precedente operato dell’amministratore in giudizio.

condominio caratteristiche essenziali codice civile

Spese condominiali

Le spese condominiali vengono solitamente distinte in spese ordinarie e spese straordinarie. Le prime sono decise dall’amministratore di condominio, senza la preventiva approvazione assembleare. Le spese straordinarie, invece, devono essere deliberate precedentemente dall’assemblea prima di essere decise ed erogate.

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Sul tema, una questione piuttosto dibattuta è quella relativa all’individuazione del condomino obbligato al pagamento delle spese condominiali nei casi di cessione della proprietà dell’appartamento ad altro soggetto, il quale subentra nella titolarità del primo.

Nel caso di spese approvate con delibera assembleare, ci si è chiesti se obbligato al pagamento fosse il condomino cedente. In alternativa, potrebbe dovere pagare l’acquirente dell’appartamento ceduto, proprietario nel momento successivo in cui le spese devono essere erogate. La questione è sorta perché, in quest’ultimo caso, egli sarebbe obbligato a sborsare delle spese senza aver partecipato alla delibera approvativa, in quanto non ancora proprietario.

Il criterio tradizionale utilizzato per risolvere la questione faceva riferimento al momento in cui sorge l’obbligazione. Il soggetto obbligato va infatti individuato a seconda di chi fosse proprietario nel momento in cui sorge l’obbligazione di pagamento delle spese.

In questo modo, dato che l’obbligazione di pagare le spese ordinarie sorge nel momento in cui l’amministratore di condominio le commissiona, non occorrendo all’uopo alcuna delibera approvativa, obbligato sarà il condomino che in quel momento è proprietario.

Al contrario, l’obbligazione di pagare le spese straordinarie sorge nel momento in cui vengono approvate con delibera da parte dell’assemblea condominiale. Non rileva che esse siano effettuate successivamente: di conseguenza, obbligato sarà il condomino che avrà la proprietà dell’appartamento nel momento di approvazione della delibera, anche se dovesse successivamente trasferire la proprietà dell’appartamento.

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Amministratore di condominio e spese

In realtà, però, questo criterio viene fortemente messo in discussione alla luce di una serie di importanti considerazioni. In primo luogo, si presta ad una obiezioni. L’art. 1135 del codice civile attribuisce all’amministratore il potere di ordinare lavori di manutenzione straordinaria che abbiano carattere di urgenza, salvo l’obbligo di riferirne alla prima assemblea.

Tale norma rompe la linearità del criterio tradizionale. Si attribuisce all’amministratore di condominio il potere di commissionare spese straordinarie urgenti senza la preventiva approvazione con delibera.

In secondo luogo, non è nemmeno così pacifico l’assunto secondo cui, nel caso di spese straordinarie, la relativa obbligazione sorgerebbe nel momento in cui venisse approvata la delibera condominiale. In pratica, si è da più parti sostenuto che, nel momento approvativo in sede assembleare, l’obbligazione non può nascere, perché non ne contiene i requisiti.

La delibera ha un contenuto limitato a conferire l’incarico all’amministratore. Non è fissato l’ammontare delle spese né determinata l’obbligazione nel suo esatto contenuto. L’obbligazione viene determinata, infatti, soltanto in un momento successivo ovvero quando i lavori vengono commissionati dall’amministratore, ed è proprio in questa occasione che essa sorge.

Approfondisci l’argomento leggendo anche: Mediazione obbligatoria: quando è prevista e come funziona

Rilevanza teoria dell’accrescimento

Il criterio tradizionale viene rivisto e messo in discussione dalla teoria dell’accrescimento. In base alla teoria in questione le spese devono essere sostenute dal condomino che beneficia dei vantaggi ottenuti a seguito della spese affrontata. Non rileva a tal fine che il condomino non faccia parte anche dell’assemblea che le aveva deliberate.

In sostanza, il criterio dell’accrescimento attribuisce le spese ai condomini che effettivamente beneficiano dei vantaggi ottenuti a seguito dei lavori effettuati e per i quali sono state effettuate delle spese. Pertanto, la questione de quo può essere risolta facendo applicazione del criterio dell’accrescimento.

Secondo questo criterio, si attribuiscono le spese a colui che beneficia dei vantaggi dalle stesse derivanti e, quindi, al nuovo proprietario dell’unità immobiliare ceduta. Tale criterio viene ritenuto maggiormente conforme a principi di uguaglianza sostanziale.

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Si può dare in uso esclusivo il cortile condominiale?

Altra questione interessante affrontata in giurisprudenza negli ultimi anni è se può essere dato in uso esclusivo il cortile condominiale.

La dottrina ha sollevato molteplici obiezioni alla configurabilità di questa fattispecie:

  • determinate parti del bene immobili sono in comunione pro indiviso a tutti i comproprietari e sono individuate dall’art. 1117 c.c.: questi parti dell’immobile non possono mai essere concesse in uso esclusivo;
  • per i beni condominiali in comunione opera, quindi, il relativo regime, tra cui l’art. 1102 c.c., che prevede che ciascun partecipante può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non ne imprecisa ad altri condomini di farne parimenti uso;
  • non presenta i caratteri tipici del diritto d’uso.

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La questione è stata sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite che hanno sostenuto, in primo luogo, che non è ammissibile la costituzione di un diritto reale atipico sulla base di due principali argomentazioni.

  1. il principio di relatività del contratto: preliminarmente, si evidenzia che il diritto reale è connotato da diritto di seguito. Ciò significa che, se un bene è sottoposto a un diritto reale (si pensi ad una servitù di passaggio), anche se il proprietario cambia, il diritto si trasferisce con il bene. In tal modo, il contratto produce effetti oltre le parti che hanno stipulato il contratto. In questo modo, si viola un principio fondamentale in materia contrattuale, cioè che i contratti producono effetto solo tra le parti che li hanno conclusi;
  2. il principio di riserva di legge sui modi di acquisto, godimento e limiti al diritto di proprietà, previsto dall’art. 42 cost.

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È un diritto reale codicistico?

Inoltre, le Sezioni Unite escludono pure che il diritto d’uso esclusivo sia riconducibile a un diritto reale tipico:

  • non è riconducibile al diritto d’uso codicistico. Questo si sostanza in un c.d. usufrutto minore: il titolare del diritto d’uso può usare il bene e trarne frutti, al fine di soddisfare i bisogni della propria famiglia. Tale locuzione, secondo orientamento consolato, è riferita solo al diritto di trattenere frutti, giacché il diritto d’uso può esser concesso anche a persone giuridiche. È un diritto temporaneo, con durata massima equivalente alla vita del beneficiario o 30 anni per le persone fisiche. Il diritto d’uso esclusivo, come configurato nella prassi, è perpetuo e incedibile. Quindi, non presenta gli elementi tipici del diritto d’uso codicistico;
  • inoltre, le Sezioni Unite prendono anche in considerazione la tesi che qualifica questo diritto d’uso esclusivo come una servitù. In tal caso, il fondo servente è il cortile o altro bene oggetto di uso, il fondo dominante l’unità immobiliare del titolare del diritto. Le SS UU escludono anche la qualificazione in termini di servitù. Tale diritto reale di godimento, infatti, non può mai essere tale da eliminare ogni facoltà di godimento del titolare del fondo servente. 

Puoi approfondire l’argomento leggendo anche: Guida al diritto di proprietà

condominio minimo

Nullità del contratto

Le Sezioni unite concludono nel senso che il contratto è nullo per contrarietà a un principio di ordine pubblico, qual è il principio di tipicità dei diritti reali:

  • è una nullità parziale che concerne solo le clausole che derogano all’ordinario regime del diritto d’uso, quindi, per effetto della nullità parziale, residua in capo al beneficiario un diritto d’uso codicistico;
  • se ciò non corrisponde alla volontà delle parti, opera la nullità totale in estensione;
  • tuttavia, il contratto, totalmente nullo, può essere convertito in altro contratto che produce effetti equivalenti, di cui ha i requisiti di forma e sostanza. In tal modo, le Sezioni Unite ammettono una conversione dell’atto in un contratto traslativo di un diritto personale di godimento. Tale diritto personale ha il medesimo contenuto del diritto d’uso esclusivo. 

Approfondisci la questione leggendo anche Diritti reali immobiliari: quali sono

Condominio – Domande frequenti

Che cos’è il condominio?

Il condominio è una comunione forzosa delle parti dell’edificio condominiali che sono in comune con gli altri condomini. È forzosa perché imposta dalla legge, non può essere rinunciata o alienata separatamente all’unità immobiliare.

Il condominio è una persona giuridica?

Il condominio non è una persona giuridica. È un ente di gestione organizzato per organi. Ciò significa che le decisioni sono prese dall’assemblea condominiale mediante deliberazione.

È possibile utilizzare in modo esclusivo un bene condominiale?

Tendenzialmente, l’uso esclusivo di un bene condominiale non è ammesso, se non in casi eccezionali. Tuttavia, è anche possibile costituire un diritto personale di godimento che comporta un uso esclusivo. Non può essere costituito un diritto reale di uso esclusivo.

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Avv. Clelia Tesone
Avvocato civilista
Laureatasi in Giurisprudenza con la votazione di 110 e Lode presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e con approfondita conoscenza delle materie del Diritto Civile e del Diritto Amministrativo. Ha brillantemente conseguito l’abilitazione alla professione di avvocato, a seguito dell’espletamento della pratica forense in diritto civile e il tirocinio ex art. 73 d.l. 69/2013 presso la Procura della Repubblica di Napoli Nord.
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