Rubare per necessità è reato?
Rubare per necessità è sempre reato? Quando la condotta costituente furto è giustificata? Se l'autore della condotta si trova in stato di indigenza, potrebbe essere applicata la scusante dello stato di necessità? Scopri di più nella nostra guida.
- Rubare per necessità può integrare una condotta illecita che, normalmente, costituisce il reato di furto, talvolta anche aggravato.
- Il furto può essere causato da uno stato di indigenza, come nel caso del furto di alimentari o di luce elettrica.
Tuttavia, lo stato di indigenza non sempre implica un esimente, cioè una causa di non punibilità del fatto.
Rubare per necessità una mela, l’energia elettrica o qualsiasi altra cosa quando ci si trova in stato di indigenza è spesso una condotta che, benché illecita, potrebbe essere socialmente guardata con maggiore benevolenza. Tuttavia, la condotta in questione comunque costituisce reato. Cosa succede in questa evenienza?
Nel seguente articolo ti spieghiamo quando rubare costituisce reato e quando potrebbe non essere oggetto di sanzione penale. In particolare, ci soffermeremo ad analizzare una decisione della Cassazione dello scorso maggio, circa il furto di generi alimentari da parte di un mendicante.
Ci chiederemo se il giudizio, in questa ipotesi, conduce ad una condanna erronea ed ingiusta. Infine, analizzeremo pure le due ipotesi che possono venire in rilievo, cioè lo stato di necessità o la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
Rubare per necessità: cosa si intende?
Molto spesso si sentono storie, anche piuttosto tristi, di persone costrette a piccoli furti per sfamarsi. Tuttavia, questi furti, che siano di generi alimentari o di altre piccole cose, creano dei danni molto limitati, avendo ad oggetto beni di valore esiguo.
Eppure, il ladro può essere punito con pene talvolta severe. Infatti, i furti di generi alimentari, spesso, si collocano tra le ipotesi aggravate di furto per le particolari modalità con cui sono posti in essere. Si tratta, dunque, di furti che, attuati con metodo fraudolento, o per il particolare luogo in cui sono posti in essere, possono comportare una sanzione molto elevata.
La Cassazione è stata spesso investita della questione, in particolare, con riferimento al furto al supermercato di generi alimentari. Analizziamo brevemente il caso e a che conclusioni è giunta la Suprema Corte nella Sentenza del 22 maggio 2023, n. 21900.
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Il caso della Cassazione
Il caso esaminato dagli Ermellini aveva ad oggetto un senza fissa dimora, che aveva eseguito un furto di generi alimentari per un valore di poco superiore a 30 euro. Soprattutto nell’ipotesi in questione, ci si è chiesti se rubare per necessità costituisca reato.
La fattispecie integra l’ipotesi di furto aggravato, perché i generi alimentari sono esposti alla pubblica fede. Quest’ultima è un’aggravante speciale, che opera solo per alcuni tipi di reati previsti tassativamente dalla legge.
Comporta un aumento della pena di oltre 1/3, a differenza delle aggravanti comuni. È un’aggravante che si configura in relazione alla situazione in cui si trova il bene oggetto di sottrazione. Essa scatta quando le cose di cui l’agente si appropria sono esposte, per necessità, consuetudine o destinazione, alla pubblica fede.
Con questa aggravante, il legislatore vuole indicare l’affidamento che il proprietario di un bene ripone nella coscienza civile dei consociati. Questo, infatti, è costretto ad esporre i propri beni e confida che i consociati non si approfittino di questo stato.
Nel caso in esame, dunque, al mendicante sarebbe stata applicata una sanzione molto grave per la condotta tenuta. Si è cercato di ipotizzare delle soluzioni giuridicamente compatibili che consentissero di escludere la punibilità della condotta del soggetto che si è trovato in serie difficoltà economiche.
Le ipotesi paventate sono state due, cioè:
- applicazione dello stato di necessità, cioè la fattispecie di non punibilità di cui all’art. 54 c.p.;
- la causa di non punibilità per tenuità del fatto, di cui all’art. 131 bis c.p.
Scopriamo come ha risolto la giurisprudenza la questione.
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Cos’è lo stato di necessità
Come abbiamo evidenziato nel precedente paragrafo, la causa di non punibilità dello stato di necessità è una delle ipotesi che sono state sostenute a fronte della condotta di chi ruba dei beni a causa di un bisogno impellente.
Possiamo preliminarmente descrivere alcune caratteristiche specifiche dello stato di necessità. In primo luogo, si verifica quando un soggetto, costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pone in essere una condotta costituente reato. In questo caso, non risponde di essa se la situazione di pericolo non è stata volontariamente causata dall’agente, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.
Una delle principali questioni sullo stato di necessità è su cosa sia da un punto di vista giuridico. In merito, ci sono due tesi:
- la causa di giustificazione, cioè una norma che giustifica la condotta alla luce dell’intero ordinamento, escludendo qualsiasi conseguenza, non solo penale;
- la scusante, che è relativa a un profilo soggettivo, infatti incide sulla colpevolezza dell’agente, il quale è costretto dalle circostanze, non risultando esigibile una diversa condotta.
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Lo stato di necessità presuppone poi una serie di condizioni:
- il pericolo deve essere effettivo e concreto e non solo potenziale, ipotetico o futuro. Ciò significa che deve essere in atto o prossimo al verificarsi;
- la condotta deve essere posta in essere per salvare se stessi o altri. Dunque, non deve essere finalizzata a tutelare il patrimonio;
- il pericolo non deve essere volontariamente causato dall’agente. Questa previsione è una scelta discrezionale del legislatore, che ha voluto escludere la causa di non punibilità quando il pericolo è stato indotto;
- la costrizione: significa che non deve sussistere altra possibilità lecita, sia anche più pericolosa per l’agente, per evitare il pericolo;
- la proporzione tra l’offesa arrecata e il pericolo che sarebbe stato subito.
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Quando lo stato di necessità giustifica il furto?
Lo stato di necessità opera solo quando c’è un bisogno attuale, che può anche essere di indigenza economica. Quindi, per esempio, nel caso del furto di alimenti al supermercato potrebbe configurarsi questa fattispecie. Si ritiene che, in tal senso, non incide il valore esiguo del bene oggetto di furto, come nel caso di specie, dove il valore degli alimenti superava di poco i 30 euro.
Tuttavia, devono essere rispettate le condizioni previste dalla legge, in particolare lo stato di costrizione. La necessità deve essere impellente, il soggetto non deve avere altra possibilità per soddisfare il bisogno alimentare e deve essere posto nella condizione di scegliere tra se delinquere o subire le conseguenze dannose derivanti dallo stato di pericolo.
Lo stato di indigenza, dunque, non è sufficiente a giustificare l’applicazione della fattispecie dello stato di necessità. Infatti, come più volte è stato sottolineato, se il soggetto è indigente e non può acquistare cibo, può comunque rivolgersi ad enti pubblici o privati che tutelano e garantiscono il sostentamento per i meno abbienti.
Nel caso che stiamo esaminando, la Cassazione ha proprio concluso in tal senso, cioè che il mendicante avrebbe potuto ricorrere a degli enti che l’avrebbero potuto in altro modo aiutare. Quindi, nel caso specifico, l’imputato non era costretto a porre in essere il fatto illecito.
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Rubare per necessità: la non punibilità per particolare tenuità del fatto
Altra ipotesi che si può applicare in questo caso è la non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis c.p. La norma prevede che, se un soggetto ha posto in essere una condotta che sia limitatamente offensiva, è possibile che non sia punito come reato.
In questo caso, la norma prevede una causa di non punibilità in senso stretto, cioè oggettiva, ovvero una fattispecie in cui il legislatore esclude la punibilità quando il fatto non è di particolare rilievo, è, cioè, un reato bagatellare.
La ratio della norma è quella di non ingolfare il sistema giustizia con reati che arrecano offese minime. La legge prevede una serie di condizioni:
- il reato non deve essere punito nel massimo con una pena superiore ai 5 anni;
- l’autore non deve essere un delinquente abituale, professionale o per tendenza;
- il fatto costituente reato non deve consistere in condotte reiterate, abituali o plurime;
- l’autore non deve avere compiuto reati della stessa indole.
Al fine di applicare l’art. 131 bis c.p., si deve tener conto delle concrete modalità di condotta, oltre che, nel caso di specie, del valore della merce rubata. Dunque, anche tale rimedio non è automatico, ma dipende dalla ricorrenza di molteplici fattori, che tengono in considerazione anche la concreta condotta e il passato criminoso del suo autore.
Nel caso esaminato, la questione non era stata affrontata. In altre occasioni, talvolta il giudice ha applicato l’art. 131 bis cp, mentre in altre lo ha escluso, trattandosi di soggetti spesso dediti alle attività di taccheggio e furto.
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Rubare per necessità è reato? – Domande frequenti
Rubare per necessità non necessariamente è scusato in base alla regola dello stato di necessità: è infatti. necessario che sia un’esigenza impellente che non può essere in altro modo soddisfatta.
Rubare potrebbe non essere punito quando è integrata la causa di non punibilità dell’art. 131 bis c.p., cioè nel caso di non punibilità par particolare tenuità del fatto.
Il furto in supermercato è aggravato dalla pubblica fede, cioè dal fatto che i beni sono esposti al pubblico al fine di essere venduti. In questa ipotesi, il proprietario dei beni si affida al senso civico dei cittadini.
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