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Verbale di conciliazione: cos’è, perché si fa e che valore ha

Il verbale di conciliazione è l’atto che viene redatto al termine della procedura di conciliazione. Dà atto dell’avvenuta composizione della controversia e rappresenta a tutti gli effetti un contratto, quindi può anche essere affetto da vizi del consenso.

verbale di conciliazione cos'è
  • Il verbale di conciliazione è un contratto con il quale si dà atto dell’avvenuta composizione della controversia.
  • Deve contenere una serie di dati, concernenti le parti e i soggetti intervenuti.
  • Diventa esecutivo per il tramite del decreto del giudice.
  • Il verbale di conciliazione in materia di lavoro redatto in sede sindacale deve anche essere depositato all’Ispettorato del lavoro, al fine di consentire l’omologazione da parte del giudice.

Il verbale di conciliazione è un atto negoziale con cui si dà atto dell’avvenuta composizione di una controversia. Esistono diverse tipologie di conciliazione, ma il verbale è sempre un elemento necessario.

La conciliazione spesso è impiegata in sede lavorativa, dove esistono alcune specifiche regole. Particolarmente interessante è il caso in cui si proceda alla conciliazione in sede sindacale, che è un’ipotesi disciplinata dai contratti di lavoro collettivi. Nelle prossime righe, analizzeremo più approfonditamente il verbale di conciliazione. 

Che valore ha il verbale di conciliazione

La conciliazione è uno strumento di risoluzione delle controversie in genere stragiudiziale, ma talvolta può implicare la partecipazione anche dell’autorità giudiziaria. 

Predetto sistema si basa sull’accordo raggiunto dalle parti per la composizione del conflitto, mediante l’ausilio di un terzo. Quando il terzo è un giudice, si dice appunto giudiziale. 

La conciliazione comporta molteplici vantaggi. In primo luogo, evita l’incertezza del processo di cognizione ordinaria. Le parti possono decidere autonomamente come risolvere la controversia. Anche la durata della procedura è sensibilmente ridotta: in media, dura tre mesi. 

Il verbale di conciliazione è una scrittura privata con cui si dà atto dell’avvenuta composizione di una controversia al termine della procedura di conciliazione. Questo documento è sostanzialmente un contratto a tutti gli effetti, un accordo con cui si regola la controversia stessa.

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1. La forma del verbale di conciliazione

Il verbale di conciliazione viene in genere redatto in forma scritta e deve contenere:

  • il numero progressivo del documento:
  • data, luogo e orario di quando è avvenuto l’accordo conclusivo tra i partecipanti;
  • l’indicazione dei dati concernenti il mediatore e i relativi organismi di appartenenza;
  • l’identità dei consulenti, ovviamente se sono intervenuti;
  • il risultato dell’attività di mediazione;
  • la sottoscrizione certificata dal mediatore delle parti, che sia chiara, per esteso e leggibile. 

Le parti possono quindi decidere di avvalersi di mediatori sia per facilitare l’accordo spontaneo, o per attribuire al mediatore stesso il compito di redigere l’accordo, che poi le parti procederanno a sottoscrivere. 

2. Il verbale di conciliazione è titolo esecutivo

Il verbale di conciliazione è titolo esecutivo a seguito del decreto del giudice che integra predetta efficacia. Talvolta è immediatamente titolo esecutivo, senza che sia necessaria l’apposizione della relativa dicitura.

Il decreto che rende esecutivo il verbale può essere anche oggetto di impugnazione, in sede di opposizione all’esecuzione. I motivi dell’impugnazione sono equivalenti ai vizi che determinano nullità o annullabilità del contratto.

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Verbale di conciliazione giudiziale

La legge prevede anche la possibilità di accedere alla conciliazione in sede giudiziale. Tale possibilità è espressamente prevista dall’art. 185 c.p.c. In questo caso, l’accordo è assunto sotto il controllo del giudice stesso. 

Si prevede che:

  • le parti facciano congiuntamente richiesta al giudice;
  • il giudice fissi un’udienza apposita;
  • il giudice disponga la comparizione delle parti per interrogarle e favorire la conciliazione.

Il giudice potrebbe anche disporre d’ufficio l’adozione della procedura di conciliazione. Inoltre, la proposta conciliativa può essere formulata dalla stessa autorità giudiziaria. In precedenza, si prevedeva un obbligo del giudice di procedere a tale formulazione.

Laddove, poi, le parti non aderiscano alla proposta, il comportamento è valutato dal giudice ai fini del giudizio di merito. Nella prassi, sovente, comporta la condanna al pagamento delle spese processuali a carico della parte che non aderisce. 

verbale di conciliazione

Tipologie di conciliazione

L’ordinamento conosce diverse tipologie di conciliazione:

  • conciliazione lavoristica: è un istituto mutuato dai sistemi di common law per risolvere in breve tempo e in maniera flessibile i conflitti tra datore di lavoro e lavoratori;
  • conciliazione commerciale: introdotta dal D.Lgs 5 del 2003, è la conciliazione posta in essere in materia di diritto commerciale. Tale sistema alternativo di risoluzione della controversia implica il ricorso ad organi di mediazione iscritti in apposito registro tenuto dal Ministero della Giustizia. Tra questi vi rientra anche la Camera di commercio;
  • conciliazione tributaria:  l’art. 48 del D.lgs. 546/92 prevede che il contribuente e l’ente impositore possano addivenire alla composizione della controversia mediante conciliazione, innanzi alla Commissione tributaria provinciale. 
  • mediazione civile: il legislatore ha espressamente previsto questo istituto, talora come obbligatorio, in altri casi come facoltativo. All’esito della mediazione in sede civile è possibile giungere alla c.d. conciliazione.

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Conciliazione sul lavoro

Una delle tipologie di conciliazione che abbiamo poc’anzi citato è quella in materia di lavoro. Questa si connota per alcune peculiarità. In primo luogo può essere di tre tipologie:

  1. stragiudiziale;
  2. monocratica: prevede che il tentativo di conciliazione sia avviato da un Ispettore del lavoro, nominato dalla Direzione Provinciale del lavoro;
  3. sindacale: è affidata esclusivamente al sindacato ed è regolata dai contratti collettivi di lavoro.  

La conciliazione stragiudiziale, in origine, era a carattere obbligatorio. Costituiva condizione di procedibilità della successiva azione giudiziaria. Oggi, invece, è divenuta facoltativa, quindi le parti possono direttamente ricorrere al giudice del lavoro. 

Tale tentativo può essere esperito anche mediante un sindacato. In questo caso si procede innanzi ad una Commissione di Conciliazione, costituita davanti alla Direzione provinciale del lavoro. 

Dunque, alla conciliazione in materia di lavoro si può pervenire sia in via giudiziale sia stragiudiziale. Al termine comunque deve essere redatto un verbale di conciliazione, indipendentemente dall’organo innanzi al quale l’accordo viene raggiunto.

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Licenziamento per differenze retributive: esempio di conciliazione sul lavoro

La conciliazione in sede lavorativa è uno degli istituti che può essere adoperato dal lavoratore in caso di differenze retributive. La retribuzione del dipendente infatti è determinata in base ad una serie di criteri:

  • rispettare il minimo salariale previsto dai contratti collettivi;
  • può essere aumentata per scatti di anzianità o passaggio di qualifica lavorativa;
  • indennità determinate in base a lavoro festivo e domenicale, lavoro straordinario, ecc.

Può però accadere che non sia riconosciuta l’intera busta paga, perché ad esempio non vengono pagati gli straordinari o non sono riconosciuti gli scatti lavorativi e di anzianità. Ciò potrebbe fa sorgere dei conflitti con i datori di lavoro che, soprattutto se giungono in giudizio, possono comportare il licenziamento.

Per questa ragione, è ormai pacifica la possibilità di ricorrere a strumenti alternativi di risoluzione della controversia, tra cui la conciliazione. Tuttavia, prima di accedere alla procedura, è necessario provvedere a intimare il pagamento al datore di lavoro. Laddove non adempia, è possibile adottare questo strumento. Tale tentativo di conciliazione può essere esperito sia davanti all’Ispettorato del lavoro sia in sede sindacale. 

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Verbale di conciliazione in sede sindacale: caratteristiche

Come abbiamo affermato nei precedenti paragrafi, una delle tipologie di conciliazione in sede lavorativa è quella in sede sindacale. In questo caso, l’intera procedura è svolta davanti al sindacato, secondo le regole disciplinate da accordi collettivi di lavoro.

L’unica norma prevista dal codice civile è l’art. 2113. L’articolo dispone la possibilità di impugnare entro 6 mesi l’accordo, se ha ad oggetto la rinuncia a diritti da parte del lavoratore.

Laddove, però, i contratti non dispongano niente sulla procedura, trovano applicazione alcuni principi comuni introdotti dalla giurisprudenza:

  • è necessaria la presenza di un rappresentante del sindacato;
  • deve essere garantita l’effettività dell’assistenza al lavoratore, quindi si ritiene che il rappresentante sindacale debba appartenere al sindacato a cui è iscritto il lavoratore;
  • lo stesso lavoratore può procedere a nominare il rappresentante sindacale;
  • il consenso deve essere validamente espresso dalle parti, altrimenti il verbale è viziato. 

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Annullamento verbale di conciliazione

Nel paragrafo precedente, abbiamo citato uno dei possibili vizi del verbale di conciliazione, per difetto del consenso. Si fa riferimento all’ipotesi in cui il lavoratore sia tratto in inganno

Questo non è valido se taluna delle parti abbia taciuto delle informazioni fondamentali, o abbia assunto un comportamento reticente tale da indurre in errore. 

Per esempio, è stata considerata dolosa la condotta del datore di lavoro che abbia prima concluso una conciliazione per il licenziamento, facendo ritenere soppresso il ruolo, per poi procedere ad ulteriore assunzione per le stesse mansioni.

Questa è un’ipotesi tipica di dolo omissivo, rispetto alla quale la giurisprudenza della Corte di Cassazione, recentemente, ha affermato che comporti l’annullamento del verbale di conciliazione, alla stregua di qualsiasi altro contratto. 

La Corte si era occupata di un caso avente ad oggetto una condotta inerte e reticente, che è stata considerata in grado di integrare un raggiro. Tuttavia, qualsiasi comportamento ingannatorio, anche commissivo, può comportare il vizio dell’atto, in considerazione delle circostanze concrete. 

annullamento verbale di conciliazione

Cosa succede se non è depositato il verbale di conciliazione?

Una delle regole fondamentali in caso di conciliazione in sede sindacale è quella del deposito del verbale di conciliazione presso gli uffici dell’Ispettorato del lavoro e una copia alla cancelleria del Tribunale.

Tramite deposito, l’Ispettorato del lavoro può verificare:

  • il rispetto della procedura di conciliazione, come prevista da accordi e contratti collettivi;
  • la verifica dell’autenticità del verbale.

Il mancato adempimento di tale onere preclude la successiva fase giudiziale. Infatti, il controllo è propedeutico alla dichiarazione di esecutività da parte del giudice – dunque il verbale rischia di non diventare esecutivo.

Verbale di conciliazione – Domande frequenti

Cosa succede dopo la conciliazione?

Deve essere redatto verbale di conciliazione: questo diventa esecutivo con decreto del giudice.

Perché si fa la conciliazione?

La conciliazione permette di raggiungere un accordo volto a superare il conflitto, senza procedere a giudizio ordinario davanti all’autorità giudiziaria.

Quanto dura una conciliazione?

La procedura di conciliazione dura circa tre mesi

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Avv. Clelia Tesone
Avvocato civilista
Laureatasi in Giurisprudenza con la votazione di 110 e Lode presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e con approfondita conoscenza delle materie del Diritto Civile e del Diritto Amministrativo. Ha brillantemente conseguito l’abilitazione alla professione di avvocato, a seguito dell’espletamento della pratica forense in diritto civile e il tirocinio ex art. 73 d.l. 69/2013 presso la Procura della Repubblica di Napoli Nord.
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