La cartolarizzazione dei crediti tra finanza e diritto: profili economici e regolatori
Vediamo cosa si intende con l'espressione "cartolarizzazione dei crediti", che fine fanno i crediti cartolarizzati e quali sono i rischia della cartolarizzazione.
- La cartolarizzazione dei crediti è un processo con cui un soggetto (di solito una banca) trasforma crediti in titoli negoziabili, tramite una società veicolo (SPV).
- Prevede dei vantaggi per le banche e per gli investitori, ma anche alcuni rischi.
- A differenza della cessione del credito, che è semplice e bilaterale, la cartolarizzazione è complessa, strutturata e prevede l’emissione di titoli sul mercato.
La cartolarizzazione dei crediti è strumento finanziario spesso incomprensibile al grande pubblico, ma capace di apportare benefici al sistema economico o di generare crisi sistemiche, se mal regolata. Di conseguenza la chiave sta nell’equilibrio: trasparenza, regolamentazione efficace e una cultura del rischio consapevole sono condizioni imprescindibili affinché la cartolarizzazione possa svolgere il suo ruolo in modo proficuo e sostenibile. Vediamo più nel dettaglio come funziona.
Che cos’è la cartolarizzazione dei crediti?
La cartolarizzazione dei crediti è un processo mediante il quale un soggetto (originator), generalmente una banca o un istituto finanziario, trasforma crediti (come mutui, prestiti o crediti commerciali) in titoli negoziabili sul mercato.
In pratica, questi crediti vengono “impacchettati” e trasferiti a una società veicolo (Special Purpose Vehicle o SPV), che emette titoli obbligazionari garantiti proprio dai flussi di cassa generati dai crediti sottostanti. Gli investitori che acquistano questi titoli ricevono interessi periodici, pagati con i rimborsi dei crediti originari.
Uno dei principali vantaggi per le banche è la possibilità di liberare risorse: cedendo i crediti a una SPV, l’istituto finanziario può ridurre il proprio rischio di credito e ottenere liquidità da reinvestire. Inoltre, questa pratica consente una gestione più dinamica e flessibile del portafoglio crediti e può migliorare alcuni parametri patrimoniali, come il coefficiente di solvibilità.
Per gli investitori, i titoli cartolarizzati possono rappresentare un’opportunità di diversificazione e di rendimento, talvolta più elevato rispetto a titoli tradizionali, a seconda del rischio associato.
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Quali sono i rischi dei crediti cartolarizzati
Nonostante le sue potenzialità, la cartolarizzazione dei crediti presenta anche rischi significativi. Il più lampante è legato alla complessità dei prodotti finanziari creati, che spesso nascondono una qualità dei crediti sottostanti non sempre trasparenti.
È impossibile non rammentare quanto è accaduto con i mutui subprime negli Stati Uniti, che hanno originato titoli apparentemente sicuri, ma in realtà molto rischiosi. La mancanza di adeguati controlli e la difficoltà di valutare correttamente il rischio effettivo hanno contribuito alla crisi del 2008, dimostrando quanto possa essere fragile un sistema basato su cartolarizzazioni opache.
Un altro aspetto critico riguarda l’allontanamento del rischio: quando una banca cede un credito, perde l’incentivo a gestirlo con cura, delegando la responsabilità a soggetti terzi. Questo fenomeno, noto come “azzardo morale“, può portare a un abbassamento degli standard nella concessione dei prestiti.
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Differenze tra cartolarizzazione e cessione del credito
Sebbene la cartolarizzazione implichi la cessione di crediti, è importante distinguere questi due concetti. La cessione del credito è un’operazione più semplice e diretta: un creditore trasferisce a un altro soggetto (cessionario) il diritto a riscuotere un determinato credito, spesso per motivi di gestione del rischio o per esigenze di liquidità. Si tratta di una transazione bilaterale e singola, regolata da norme del codice civile, senza emissione di titoli.
La cartolarizzazione, invece, è un’operazione più complessa, strutturata e articolata: i crediti non vengono venduti a un normale cessionario, ma a una società veicolo creata ad hoc, che li aggrega e li “trasforma” in strumenti finanziari destinati al mercato.
Il fine non è semplicemente trasferire il credito, ma creare valore tramite la strutturazione di titoli che attraggano investitori. Inoltre, mentre la cessione del credito spesso rimane un’operazione isolata, la cartolarizzazione è parte di un processo finanziario più ampio, con implicazioni contabili, giuridiche e regolamentari di rilievo.
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Cartolarizzazione dei crediti e normativa STS
Dopo la crisi finanziaria del 2008, che ha messo in luce le gravi falle nei meccanismi di gestione e controllo delle cartolarizzazioni, le autorità di regolamentazione internazionali e nazionali hanno adottato una serie di riforme strutturali per ridurre i rischi sistemici connessi a tali operazioni.
In Europa, uno dei principali strumenti normativi introdotti è il Regolamento (UE) 2017/2402, che ha istituito il quadro delle cartolarizzazioni STS (Simple, Transparent and Standardised). L’obiettivo di questo regolamento è promuovere la creazione di operazioni più comprensibili, verificabili e standardizzate, distinguendo chiaramente tra cartolarizzazioni “virtuose” e quelle caratterizzate da eccessiva complessità o opacità.
La supervisione e l’attuazione del regime STS sono affidate alle autorità europee competenti, in particolare all’Autorità Bancaria Europea (EBA) e all’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA). Questi organismi emettono linee guida, controllano le notifiche STS e contribuiscono al monitoraggio del mercato.
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Orientamenti sulle cartolarizzazione STS
Il quadro STS stabilisce criteri rigorosi relativi alla semplicità strutturale, alla trasparenza informativa e alla standardizzazione dei processi. Per esempio, è richiesto che i promotori e gli originator forniscano una documentazione esaustiva e accessibile agli investitori, che includa informazioni dettagliate sulla composizione del portafoglio sottostante, sulle modalità di valutazione del rischio e sui flussi di cassa previsti.
Inoltre, è previsto l’obbligo per gli originator di mantenere un’esposizione significativa (di solito pari almeno al 5%) nei confronti del portafoglio cartolarizzato, al fine di allineare gli interessi tra chi emette i titoli e chi li acquista, contrastando fenomeni di azzardo morale.
A livello operativo, le cartolarizzazioni STS possono beneficiare di trattamenti regolamentari più favorevoli, per esempio in termini di requisiti patrimoniali per le banche o di accesso al mercato, proprio per incentivare comportamenti virtuosi. Questo ha contribuito, negli ultimi anni, a ridare fiducia agli investitori istituzionali, come fondi pensione e compagnie assicurative, che erano diventati diffidenti dopo la crisi.
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Quando si ricorre alla cartolarizzazione del credito
Oggi, accanto alle finalità tradizionali di gestione del rischio e di ottimizzazione della liquidità, si osserva un crescente impiego delle operazioni cartolarizzazioni del credito a supporto dell’economia reale. Per esempio, le cartolarizzazioni vengono promosse per sostenere il credito alle piccole e medie imprese (PMI), favorendo l’accesso a finanziamenti che altrimenti sarebbero difficili da ottenere nel sistema bancario tradizionale.
Inoltre, in diversi Paesi europei si stanno sviluppando progetti di cartolarizzazione “green” o “sostenibili”, volti a finanziare interventi in ambito ambientale, energetico e infrastrutturale.
Secondo un rapporto della Banca Centrale Europea del 2019, le cartolarizzazioni STS possono contribuire alla resilienza del sistema finanziario e al finanziamento di settori strategici dell’economia reale, purché accompagnate da una regolamentazione solida e una vigilanza efficace
Come spesso accade in finanza, non è tanto lo strumento in sé a determinare il bene o il male, quanto il modo in cui viene progettato, regolato e applicato.
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